lunedì 25 dicembre 2017

A domanda risponde...

inevitabile

Il comunismo è inevitabile?
- di Jehu -

Questa domanda è il sotto-testo di quasi ogni discussione di politica o di economia, oggi fra comunisti. E la risposta a tale domanda per lo più è "No."
In generale, i comunisti sono disposti a considerare l'idea che ci possa essere una fine al lavoro salariato, determinata da una rivoluzione politica. Alcuni potrebbero anche considerare l'idea che il capitalismo potrebbe, in qualche modo, collassare da sé solo (si veda ad esempio questo mio vecchio post su Postone e Kurz). Ma l'idea stessa che il comunismo sia il risultato inevitabile di un collasso del lavoro salariato viene respinta quasi universalmente. Permettetemi di dissentire.
Per farlo, voglio apportate un argomento tecnico per mezzo dell'idea che non solo il capitalismo collassa da sé solo, ma anche con quella secondo cui il comunismo è l'inevitabile risultato di un tale collasso. A tal fine non farò uso di nessuno dei tradizionali argomenti che sono a favore o contro quest'idea. Il mio approccio sarà del tutto tecnico.

Il capitalismo sostituisce progressivamente la produzione individuale che viene svolta separatamente e poi viene distribuita attraverso lo scambio con la produzione sociale diretta. Nella produzione individuale, gli individui entrano in un rapporto definito gli uni con gli altri solo nell'atto dello scambio. Il modo in cui si relazionano, rispetto a quelli che sono i vari atti della produzione, trova la sua necessaria proporzione durante lo scambio. Al contrario, nella produzione sociale diretta, queste proporzioni vengono stabilite prima dell'atto della produzione.
Ciò ha diverse implicazioni, delle quali menzionerò soltanto i mezzi di produzione e l'amministrazione. Nella misura in cui l'atto di produrre acquisisce un carattere sempre maggiore, anche i mezzi impiegati nella produzione diventano a loro volta sempre più importanti socialmente. E nella misura in cui i mezzi di produzione diventano sempre più sociali, l'amministrazione dell'atto della produzione acquisisce anch'esso un carattere sociale.
Logicamente, dovremmo aspettarci che, via via che l'atto della produzione diventa sempre più sociale, a questo segua il fatto che anche i mezzi e l'amministrazione della produzione lo diventino. La ragione di questo è che il lavoro sociale cooperativo è assai più produttivo di quello individuale svolto separatamente. Il lavoro individuale lascia il posto ad una assai più produttiva cooperazione sociale.

Ma questo solleva un'importante questione: se la produzione è socializzata in maniera sempre più crescente, che cosa avviene del consumo? La produzione è solo il primo atto. La produzione basata direttamente sul lavoro sociale cooperativo fa sì che venga confrontata sempre più con il consumo basato sull'appropriazione privata. Quest'antagonismo viene oggi generalmente riconosciuto, ma il riconoscimento all'inizio si limita alla stessa sfera della produzione. Il problema dell'incremento di forme sociali di lavoro nella produzione inizialmente si manifesta nella contraddizione con il lavoro sociale, e nella divisione del lavoro sociale in numerosi capitali individuali che agiscono separatamente.
La ragione per cui si manifesta prima in questo modo è che la produzione è essa stessa una forma di consumo (nella produzione, i mezzi esistenti vengono consumati). Quella che dev'essere amministrata non è solo la produzione, ma il consumo dei mezzi di produzione, così come l'atto stesso della produzione. Il bisogno di un equilibrio fra le varie sfere del lavoro dev'essere coordinato e questo si esprime in forme peculiari di crisi. I minchioni borghesi ed alcuni marxisti scambiano queste peculiari forme di crisi per endemiche del modo di produzione, quando invece esse sono attualmente forme transitorie.

Il carattere transitorio di queste particolari forme di crisi è dimostrato quando, come in Unione Sovietica, la società intraprende la produzione secondo un piano. Il carattere transitorio di queste peculiare forme di crisi è dimostrato anche quando, come lo ha dimostrato la Germania nazista, la produzione di plusvalore viene amministrata dallo Stato fascista.
La socializzazione del consumo all'interno della produzione segue velocemente la socializzazione della produzione stessa, spinta da quest'ultimo.
Il progresso della produzione sociale è tale che, in generale, i mezzi, l'amministrazione ed il consumo tende a ritardare il progresso del lavoro stesso. Per dirla in altre parole, una volta che la produzione sociale prende piede, la socializzazione del consumo inevitabile.
La socializzazione del consumo, ovvero quello che noi chiamiamo comunismo, significa che il consumo non può essere più lasciato all'appropriazione privata, allo stesso modo in cui la gestione della produzione non può più essere lasciata ai produttori individuali che agiscono separatamente.
Qui, quest'argomentazione logica, se è valida, afferma semplicemente che la società non può avere un modo di produzione basato sul lavoro sociale da una parte ed avere accanto un modo di consumo basato sull'appropriazione individuale, dall'altra. La socializzazione sempre più crescente del primo presuppone la socializzazione sempre più crescente del secondo. delle due l'una, o il consumo deve diventare direttamente sociale, o la produzione sociale deve crollare.
Qui non si tratta di preferenze della società; la produzione sociale è letteralmente troppo produttiva di ricchezza materiale per essere limitata alle esigenze del consumo privato. Per dirla con Marx, un modo di consumo basato sull'appropriazione individuale dei mezzi di consumo è una base miserabile per la produzione sociale perché l'appropriazione è basata sul lavoro. Lo sviluppo delle forze di produzione, legato direttamente al lavoro sociale sta rendendo sempre più superfluo il lavoro vivente.

Se consideriamo l'evoluzione sopra descritta come uno sviluppo strettamente tecnico, otteniamo che:

- Il progressivo emergere di un singolo produttore sociale, composto però da miliardi di produttori individuali il cui lavoro viene svolto secondo un unico piano;

- un unico mezzo di produzione, composto però da molti differenti singoli mezzi di produzione, messi in moto dall'unico produttore sociale; e, alla fine

- un unico prodotto sociale del lavoro, composto però da molti differenti singoli mezzi di consumo.

Questo singolo produttore sociale è necessario per poter soddisfare i bisogni del singolo produttore sociale, che accede a questi mezzi alle stesse condizioni cui accedeva precedentemente il singolo produttore individuale prima-delle-merci, vale a dire secondo i suoi bisogni. Certo, il processo attuale è sostanzialmente più complesso di questa descrizione tecnica, in quanto coinvolge le classi e la società di classe, ma spero che la descrizione tecnica serva a chiarire la direzione necessaria del movimento reale della società e, soprattutto, perché il comunismo è un risultato necessario. Un processo che comincia con la transizione che dalla semplice produzione di merci, alla produzione direttamente sociale deve, necessariamente, finire col comunismo. Il consumo deve seguire la produzione, non importa quanto la società si rifiuti ostinatamente di riconoscerne la necessità.

- Jehu - Pubblicato su The Real Movement, il 1° novembre 2017 -

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