martedì 27 giugno 2017

Abolizionisti!

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Abolire il lavoro salariato entro il 2027: è possibile un simile movimento?
- di Jehu -

Voglio essere assolutamente chiaro su ciò di cui sto parlando:
I comunisti devono portare avanti una battaglia per ridurre a zero, nei prossimi dieci anni, le ore di lavoro; abolire completamente il lavoro salariato come istituzione entro dieci anni e realizzare il pieno comunismo in Nord America ed in Europa entro una data certa: il 2027.
Ai fini di questa discussione, definisco il pieno comunismo come la completa abolizione del lavoro salariato: come la fine della domanda di lavoro in quanto condizione per l'accesso ai mezzi di consumo; per sostituire questo sistema con il libero accesso ai mezzi di consumo; e sostituire l'attuale società, basata sul lavoro salariato, con una società fondata sul principio del «ciascuno secondo la sua capacità a ciascuno secondo la sua necessità.»
Questa sostituzione dovrebbe includere l'abolizione sia della moneta sia dello Stato esistente.

Questo è possibile? Sto chiedendo un qualche obiettivo utopico che non può essere raggiunto nella realtà? Ci sono parecchie obiezioni di ordine generale alla possibilità di porre fine in dieci anni al lavoro salariato, così come l'ho delineato sopra.

In primo luogo, c'è l'obiezione secondo cui la completa abolizione del lavoro salariato non è tecnicamente fattibile. Quest'obiezione, sebbene vigorosa, si dilegua di fronte a tutte le teorie economiche attuali. Se l'abolizione del lavoro salariato non è tecnicamente fattibile, alloraperché mai i capitalisti oggi impiegano miliardi di dollari l'anno per promuovere la crescita economica e la piena occupazione? Perché la crescita economica e la creazione di posti di lavoro costituiscono l'obiettivo centrale di tutte le politiche economiche in ogni paese del pianeta, oggi, senza eccezione alcuna? In assenza di un simile intervento, sostenuto ed aggressivo, da parte degli stati, il lavoro salariato potrebbe collassare già adesso.
Oggi, lo Stato è l'unica cosa che permette di mantenere il lavoro come mezzo per produrre ricchezza materiale, e lo sanno tutti. Allora perché accettiamo l'idea che l'accesso ai mezzi di consumo debba rimanere dipendente dal lavoro salariato? Oggi si richiede la politica economica dello Stato proprio perché il lavoro salariato è sopravvissuto alla sua utilità in quanto mezzo per produrre ricchezza materiale.

In secondo luogo, c'è l'obiezione secondo cui l'idea non è politicamente fattibile. Questa potrebbe essere un'obiezione ragionevole se stessimo presentandoci alle elezioni, ma non lo stiamo facendo. Perché i comunisti si dovrebbero preoccupare del fatto che l'abolizione del lavoro salariato non sia politicamente fattibile? Visto che non ci interessa una funzione nell'attuale Stato, perché dovremmo scegliere la nostra posizione basandoci su cosa è politicamente popolare nell'urna elettorale.
Quel che è popolare nell'urna elettorale e quello che è necessario per mettere fine alla schiavitù del lavoro salariale sono due questioni separate e distinte. Per fare un'analogia, se basiamo la nostra posizione su cosa sia politicamente popolare, i neri dovrebbero essere ancora seduti sul retro degli autobus. Che razza di  obiezione è quella che afferma che non possiamo sostenere la completa abolizione del lavoro salariato perché essa non ottiene molti voti? Quale comunista, anche solo nella sua mente, potrebbe mai fare questo genere di obiezione?

In terzo luogo, c'è l'obiezione che una riduzione delle ore di lavoro causerebbe una grave crisi economica. Quest'obiezione, secondo noi ha maggiore validità delle due obiezioni precedenti. Una riduzione delle ore di lavoro causerebbe un grave crisi economica. Ma ridurre le ore di lavoro causerebbe una crisi economica perché l'economia attualmente si basa sullo sfruttamento della classe operaia. Ogni misura che riduce lo sfruttamento della classe operaia in un'economia basata sullo sfruttamento della classe operaia deve gettare a capofitto l'economia nella crisi.
Lasciami argomentare che questa non è la nostra preoccupazione. Il fatto che la fine dello sfruttamento della classe operaia potrebbe gettare l'economia in una crisi non ci preoccupa più di quanto nel 1860 ci avrebbe preoccupato il fatto che la fine della schiavitù avrebbe gettato l'agricoltura del sud degli Stati Uniti in una crisi economica prolungata. Non siamo neppure minimamente preoccupati del fatto che le imprese ed i governi faranno bancarotta per mancanza di profitti e di ricavi. Oggi, come nel 1860, siamo preoccupati solo dell'emancipazione della classe operaia, le cui condizioni materiali miglioreranno a spese sia delle imprere che dei governi.
Ridurre le ore di lavoro comporta un forte cambiamento nella distribuzione del prodotto sociale dal capitale, e dallo Stato, alla classe operaia. Questo non è un errore. È una caratteristica. È esattamente quello che stiamo cercando di fare: spostare il prodotto sociale dal capitale alla classe operaia. Per secoli, la classe operaia ha portato il peso di ogni crisi. Questa è la nostra occasione per costringere il capitale e lo Stato a farsi carico di tali costi.

In quarto luogo, c'è l'obiezione secondo cui, per quanto tecnicamente e politicamente fattibile, dieci anni sono un periodo troppo breve. La mia risposta all'obiezione che dieci anni sono troppo pochi per poter mettere fine al lavoro salariato è: «Come fai a saperlo?» Puoi citare un singolo studio mai pubblicato che dice che per la fine del lavoro salariato ci vorranno altri 50 anni? 100 anni? 1000 anni?
La tua obiezione corrisponde agli stessi atteggiamenti gradualisti che hanno caratterizzato l'opposizione alla fine della segregazione e delle leggi anti-gay. Per i gradualisti, ogni cambiamento è troppo veloce perché essi in realtà si oppongono ad ogni cambiamento. A questi gradualisti, rispondo con quello che disse ai gradualisti del suo tempo il dottor King:
«Sappiamo per dolorosa esperienza che la libertà non viene mai data volontariamente dall'oppressore; dev'essere richiesta dagli oppressi. Francamente, ho ancora da trovare una campagna di azione diretta in cui impegnarmi che fosse "opportuna" secondo il punto di vista di quelli che non hanno eccessivamente sofferto per la malattia della segregazione. Per anni fino ad ora, ho sentito la parola "Aspetta!" Risuona nell'orecchio di ogni negro con lancinante familiarità. Questo "aspetta!" significa quasi sempre "Mai." Dobbiamo venire a vedere, in compagnia dei vostri illustri giuristi, che "la giustizia troppo a lungo ritardata è giustizia negata."»

Il vostro gradualismo è solo un altro modo, travestito da simpatia, per dire alla classe operaia di non chiedere una fine al loro sfruttamento. La sola ragione per non domandare un'immediata fine del lavoro salariato è un desiderio, più o meno nascosto, di vederlo restare al suo posto.
A mio, avviso, nessuna di queste obiezioni ad un movimento per abolire il lavoro salariato entro il 2017 possiede un solo brandello di validità.

- Jehu - Pubblicato su The real movement il 25/6/2017 -

fonte: The Real Movement

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