giovedì 2 febbraio 2017

Il “pari”

dionascosto

La storia è un «Dio nascosto»
- Goldmann fra Marx e Pascal -
di Giorgio Pressburger

Sono passati più di quattro decenni da quando gli ultimi grandi teorici marxisti della cultura europea sono morti. Si tratta di Lucien Goldmann e Gyorgy Lukacs. Anche il loro mondo si è estinto, scomparso, dissolto. La società socialista rappresentata dall'Unione Sovietica da tempo non c'è più. Restano la grande Cina, Vietnam, Corea del Nord, Cuba, Laos, Eritrea, Turkmenistan, Bielorussia. Tutto il resto oscilla, compare, scompare, ricompare come Le Dieu caché, il Dio nascosto dell'omonimo libro di Goldmann uscito nel 1955.
   Che cosa era quest'idea di Dieu caché? E chi erano questi due grandi pensatori, fino a 20-30 anni fa colonne della filosofia, della sociologia e dell'estetica marxista? Che cosa hanno fatto in vita, per modificare il mondo così com'era allora, capitalista e borghese, comunista e burocratico, pieno di menzogne? Individualista ed egoista, democratico e spietato? Beh, sia Lukacs, sia Goldmann, che del primo era fedele seguace, sono stati messi da parte, dimenticati, denigrati. Il pensiero attivo, le preoccupazioni per il destino dell'umanità, le elaborazioni della filosofia del cuore e della ragione, come diceva Goldmann, ora non esistono più. Esiste il tentativo di salvare l'ambiente, ma non chi ci vive, non soprattutto l'uomo, questo essere tragico che da un lato scommette la sua vita su un'entità, Dio, di cui non sa nulla, e dall'altro lato, scommette sul flusso della storia, del cui futuro egualmente non sa nulla, ma da cui spera giustizia, solidarietà, libertà, benessere: una comunità umana pacificata.
   Parliamo prima di Lucien Goldmann, perché dei due e il più negletto e più dimenticato. Lukacs notoriamente era ungherese. Figlio della grande borghesia budapestina. Goldmann invece era nato nel 1913 e cresciuto in un paesino della Romania, Botosani, ed era poi emigrato in Svizzera e a Tolosa, in Francia, a causa della persecuzione razzista contro gli ebrei. Dopo la guerra si iscrisse al Partito comunista rumeno, da cui fu espulso con l'accusa di deviazione trotskista. Tornò in Francia, dove cominciò a insegnare a Paragi all'Ècole des hautes ètudes. Qui scrisse e pubblicò i suoi libri di sociologia, di filosofia e di estetica, divenendo celebre dopo la pubblicazione di Le Dieu caché, uno studio sulla filosofia di Blaise Pascal e sulla drammaturgia di Jean Racine. Sia Pascal sia Racine erano stati membri della celebre cerchia di Port Royal, una congrega di giansenisti a quell'epoca influenti ed autorevoli pensatori noti per le loro dottrine rigorose.
   Il giansenismo era respinto e combattuto dalla Chiesa cattolica perché predicava la connaturata malvagità dell'uomo, che solo con la grazia individuale data da Dio, a ognuno singolarmente, poteva sfuggire a questa condanna al male. L'uomo, per quanto bene facesse, non poteva meritarsi la grazia. Secondo questa dottrina ogni essere umano nasceva predestinato da Dio stesso al bene o al male.
   Il marxista ebreo Lucien Goldmann si immerse fino al collo nello studio di questa dottrina, attraverso la lettura delle opere di Pascal e di Racine, di Agostino d'Ippona, di Kant e del pensiero di Jansen, professore all'Università di Lovanio e propugnatore principale della fede a lui intitolata, appunto il giansenismo. Tra l'altro quelle dottrine ad un certo punto anche in Italia avevano preso piede, tant'è vero che il nostro maggiore narratore, Alessandro Manzoni, sì, proprio lui, era stato un fervente giansenista come del resto i genitori di Giuseppe Mazzini.
   Il pari (parola francese che significa scommessa) è, secondo Goldmann, al centro di questo pensiero, e l'uomo tragico vive su questa scommessa, sia religiosa, sia materialista per chi punta sulla storia, e non sulla volontà e presenza-assenza di Dio, il famoso Dieu caché, il dio nascosto spettatore delle nostre vicende terrene. Il rovello morale di Goldmann, la sua dedizione a studi profondi e non dogmatici gli hanno reso difficile la vita, e forse anche la morte, hanno messo in dubbio la sua opera in un'epoca dedita al perseguimento soltanto degli interessi personali, esclusivamente egoistici e privati. Goldmann morì nel 1970 a 57 anni, quando il Partito comunista francese era già in declino, e la sinistra europea aveva comincato la sua marcia verso l'abisso.
   Il destino di Lukacs, mente universale e di grande elevatezza di pensiero, è stato diverso, più benevolo e forse più grato, rispetto a quello di Goldmann. Morì un anno più tardi del suo virtuale allievo. Si era ritirato a vita privata, ma era ancora venerato dal suo popolo e anche dal partito che ancora a quell'epoca godeva del privilegio conquistato nel campo dei «satelliti» del'Urss con il sacrificio di sangue della rivolta del 1956. Lukacs aveva scontato con la galera la sua adesione a quella sollevazione, ma aveva fatto in tempo a vedere anche il tentativo della Cecoslovacchia di Dubceck di conquistare un socialismo dal volto umano, tentativo anche lì soffocato dai carri armati del Patto di Varsavia.
   Però, vent'anni dopo quella repressione, nel 1989 crollò il Muro di Berlino e crollò anche l'impero sovietico. Ma quel che era più tragico fu la sparizione dell'idea di solidarietà umana dalla mente degli uomini per dare spazio alla voracità e all'ingordigia, dilaganti sulla terra. Scomparve anche la menzogna di molti regimi comunisti costruiti sull'inganno, e anche di molta parte della scommessa sulla giustizia della storia, il famoso pari, la scommessa della filosofia di Goldmann.

- Giorgio Pressburger - Pubblicato sul Il Corriere del 13 dicembre 2016 -

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