martedì 15 novembre 2016

Canzoni Selvagge

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Karl Marx e gli Irochesi
- di Franklin Rosemont -

Ci sono opere che arrivano fino a noi con dei punti interrogativi che fiammeggiano come una fucilata, spargendo  qui e là ed ovunque scintille che illuminano la nostra incessante ricerca di risposte. Il cosiddetto "ciclo di Cinzia" di Sir Walter Raleigh, le 120 giornate di Sade, le note di Lenin su Hegel, il saggio di Randolph Bourne sullo Stato, le Lettere di Guerra di Jacques Vaché, la Scatola Verde di Duchamp, i manoscritti di Samuel Greenberg: questi sono solamente alcuni dei frammenti straordinari che per molti di noi hanno esercitato un fascino più grande di quello della maggior parte di molte opere "finite".

I Quaderni Antropologici di Karl Marx - annotazioni per un importante studio che non hai mai scritto - hanno qualcosa della stessa sfuggente ambiguità. Questi estratti ampiamente commentati dalle opere di Lewis Henry Morgan ed altri, sono un puzzle per il quale bisogna reinventare i pezzi mancanti al di fuori della nostra ricerca e del nostro fantasticare, e soprattutto della nostra attività rivoluzionaria. Come al solito, sebbene l'esistenza dei Quaderni fosse già nota fin dalla morte di Marx avvenuta nel 1883, sono stati pubblicati integralmente per la prima volta solamente ottantanove anni più tardi, e in una costosissima edizione rivolta esclusivamente agli specialisti. Un'esatta trascrizione del testo scritto da Marx, con la sua curiosa miscela di inglese, tedesco, francese, latino e greco, insieme ad una manciata di parole provenienti da lingue non europee, dall'Ojibwa al sanscrito, rappresenta per il lettore un libro che ha tutte le difficoltà di un Finnegan's Wake, e anche di più. Criptiche abbreviazioni, commenti incompleti e privi di punteggiatura, inserimenti di punti esclamativi, allusioni erudite alla mitologia classica, riferimenti fatti di passaggio alle questioni del mondo contemporaneo, generose dosi di slang e di volgarità; ironia ed invettive: tutte cose che il volume contiene in abbondanza, e non si tratta degli ingredienti di una lettura che va avanti liscia. Non è un'opera della quale si possa semplicemente dire che "non era stata preparata dall'autore per la pubblicazione"; era addirittura assai lontana dall'essere perfino una "bozza". Si tratta piuttosto della materia grezza di un'opera, un miscuglio privato di appunti non destinati ad occhi diversi da quelli di Marx - la registrazione spontanea delle sue "conversazioni" con gli autori che stava leggendo, con altri autori che aveva "quotato", e, infine e specialmente, con sé stesso.
In considerazione del fatto che i testi più chiari e più rifiniti di Marx hanno provocato così tante interpretazioni contraddittorie, forse non è poi così strano che i suoi devoti studenti, alla ricerca del modo più efficace per propagare il messaggio del Maestro alle massa, si siano ritratti davanti a queste note scritte frettolosamente, in maniera disturbante, ed amorfe.
Il fatto che i Quaderni siano stati trascurati per quasi un secolo è ancora meno sorprendente se si considera fino a che punto il loro contenuto sfidasse tutto ciò che è stato fatto passare per marxismo i tutti questi anni. Quest'ultima grande opera scaturita dalla penna di Marx è stata ampiamente ignorata con la deprecabile scusa di volerne fare una stampa "socialista" per il mondo di lingua inglese. La risposta accademica, da parte degli antropologhi ed altri, è stata praticamente inesistente, e non è mai andata oltre le asserzioni zoppicanti di Lawrence Krader, alla fine della introduzione di 85 pagine, secondo la quale l'interesse principale dei Quaderni risiedeva nel fatto che indicavano "la transizione di Marx dalla sua limitazione al generico essere umano astratto allo studio empirico di popoli particolari". A quanto pare anche i più radicali antropologhi americano non sono riusciti a fare i conti con questo testo problematico. I Quaderni vengono citati solo una volta, e di sfuggita, nel libro di Eleanor Cock, "Myths of Male Dominance: Collected Articles on Women Cross-culturally". E Stanley Diamond, che Krader ringrazia per aver letto la sua Introduzione, non fa assolutamente alcun riferimento ai Quaderni nel suo ammirevole studio, "In Search of The Primitive: A critique of Civilization".

I commenti più penetranti su questi Quaderni provengono naturalmente da autori al di fuori dei circuiti ufficiali - sia di quelli "marxisti" che di quelli accademici. Lo storico E.P. Thompson, attivista contro la guerra e studioso di Blake, nella sua splendida polemica, "La povertà della Teoria ed altri saggi", è stato il primo a sottolineare che «Marx, nei suoi ultimi anni, con il suo crescente interesse per l'antropologia, stava riesumando i progetti della sua giovinezza parigina». Raya Dunayevskaya, nel suo "Rosa Luxemburg,Women's Liberation and Marx's Philosophy of Revolution", è ancora più esplicita nello stimare quei «Quaderni epocali che completano il lavoro di tutta la vita di Marx»: «questi scritti profondi che... riassumono il lavoro di tutta la vita e che hanno creato nuove aperture»; e che quindi hanno creato «un nuovo punto di vista da cui guardare all'opera di Marx come ad una totalità». Dunayevskaya, rivoluzionaria per tutta la vita ed un pioniere nel revival di interesse riguardo le radici hegeliane del marxismo, ha sostenuto inoltre che «questi Quaderni rivelano, allo stesso tempo, il terreno reale che ha portato alla prima previsione della possibilità che la rivoluzione avvenisse prima nei paesi sottosviluppati come la Russia; una riconnessione ed un approfondimento di quella che era stata la previsione svolta nei Grundrisse a proposito del modo asiatico di produzione; ed un ritorno alla quella relazione più fondamentale Uomo/Donna che era stata affrontata per la prima volta nei saggi del 1844».
Il suggerimento che i Quaderni antropologici significhino il ritorno di Marx ai "progetti della sua giovinezza parigina" potrebbe avere implicazioni di una portata assai più vasta di quanto chiunque abbia mai realizzato. I Manoscritti economico-filosofici del 1844 disegnano senza dubbio la più luminosa traiettoria di quel primo eroico periodo, ma dovrebbero però essere visti come parte di una costellazione di attività ed aspirazioni correlate fra di loro.

Una delle prime cose che ci colpisce della giovinezza di Marx a Parigi, è che quel periodo precede le grandi rotture che successivamente suddivideranno il movimento rivoluzionario dei lavoratori in tante fazioni in guerra fra loro. I marxisti di tutte le scuole, pur se aspramente ostili gli uni agli altri, tendevano tuttavia ad essere d'accordo sul fatto che queste rotture avevano migliorato l'efficacia organizzativa del proletariato e la chiarezza teorica, e quindi dovevano essere viste come un guadagno positivo per il movimento nel suo complesso. Ma non potrebbe essere possibile che - quanto meno in alcune di queste rotture - si sia perso anche qualcosa che non era necessariamente orribile e privo di valore? In ogni caso, nel 1844-45 vediamo che Marx si trova in una vera e propria euforia di analisi autocritica e di scoperta: mettendo in ordine le influenze, interrogandosi su una gamma impressionante di problemi, e "pensando ad alta voce" in numerosi manoscritti che non sono mai stati pubblicati mentre era ancora in vita. Durante la sua giovinezza parigina, e per diversi anni, Karl Marx non è stato marxista.
All'inizio del 1845, per esempio, insieme al suo giovane amico Engels stava preparando - purtroppo mai realizzata - una "Libreria del migliori autori socialisti stranieri", che avrebbe dovuto includere scritti di Theophile Leclerc, ed altri arrabbiati, così come di Babeuf e Buonarroti, William Godwin, Fourier, Cabet e Proudhon - cioè, figure rappresentative dell'intero spettro del pensiero rivoluzionario, al di là di ogni settarismo. Soprattutto a partire dall'opera prodigiosa del più ispirato ed audace degli utopisti, Charles Fourier, che era morto nel 1837, e per il quale avrebbero nutrito una profonda ammirazione per tutta la loro vita. Proudhon, d'altra parte, li aveva influenzati non solo attraverso i suoi libiri, ma - almeno per quanto riguardava Marx - anche personalmente, e per lui in quei giorni era stato un buon amico, di cui Marx ricorderà più tardi di aver avuto "lunghe discussioni", durate assai spesso "fino a notte inoltrata".
Oggi, si dimentica troppo facilmente che nel 1844 Proudhon godeva già di una reputazione internazionale; il suo "Che cos'è la proprietà?" (1840) era stato un enorme scandalo, e non c'era nessun altro autore che era più odiato dalla borghesia francese. Marx, un giovane sconosciuto di 26 anni, aveva ancora molto da imparare dall'esuberante tipografo che sarebbe stato riconosciuto come il "Padre dell'Anarchia": Nel suo primo libro, "La Sacra Famiglia" (1845), Marx salutava "Che cos'è la Proprietà?" come «la prima decisa, - spietata, ed allo stesso tempo scientifica, ricerca... sulla base dell'economia politica, della proprietà privata... in anticipo sui tempi che rivoluziona l'economia politica e per la prima volta rende possibile una vera e propria scienza dell'economia politica».

Nel 1844, troviamo Engels scrivere con simpatia delle comunità degli American Shaker, i quali - sosteneva - hanno dimostrato che «il comunismo, non solo è possibile, ma è già stato attualmente realizzato». Nello stesso anno scriveva una lettera a Marx lodando la nuova opera di Max Stirner, "L'Unico e la sua Proprietà", insistendo sul fatto che sull'egoismo di Stirner «si può costruire nella misura in cui lo rovesciamo» e che «dobbiamo accettare ciò che c'è di vero nei suoi principi»; un articolo suggerisce che la popolarità della traduzione tedesca del romanzo gotico di Eugene Sue, "I misteri di Parigi", prova che la Germania è matura per l'agitazione comunista; ed una lettera all'editore difende un «autore di molti libri comunisti»; Abbe Constant, che, sotto il nome adottato successivamente di Eliphas Levi, sarebbe diventato il più famoso degli occultisti francesi.
Costant era amico intimo di Flora Tristan, pioniera socialista-femminista, la cui Union Ouvriere (1842) era stata la prima organizzazione a sollecitare uomini e donne a formare un'unione internazionale per ottenere la loro emancipazione. Una delle più affascinanti personalità del primo socialismo francese, a Flora Tristan venne assegnato un posto d'onore ne La Sacra Famiglia, difesa con zelo da Marx dagli stupidi lazzi sessisti dei vari rivoluzionari "critici critici" che vengono denunciati per tutto il libro.
Il fatto che Constant diventasse un occultista, e che lui e la Tristan fossero per molti anni strettamente associati con Simon Ganneau, mistico socialista e frenologo, "Messia" del culto rivoluzionario devoto al culto di una divinità androgina, ci ricorda come negli anni 1830 e 1840 Parigi fosse la scena di un notevole risveglio dell'interesse per l'occulto, e che l'ambito degli occultisti e dei rivoluzionari non fosse affatto separato da una muraglia cinese. Era soprattutto evidente un rinnovato interesse per l'alchimia, e ci sono importanti opere su questo soggetto che datano da quel periodo, in particolare "Hermes svelato" del fantomatico Cyliani - ristampato nel 1915 - che divenne un elemento chiave del circolo Fulcanelli, che a sua volta ispirò il revival ermetico ed il Corso di Filosofia ermetica, o dell'Alchimia, in dieci lezioni di Francois Cambriel.

Fino a che punto Marx e/o Engels abbiano incontrato gli occultisti o la loro letteratura non è noto, e si tratta certamente di una domanda - questa - che non ha interessato nessuno dei loro biografi. Non si può dire se i riferimenti, fatti di passaggio nei loro scritti, all'alchimia ed alla pietra filosofale, indichino una qualche familiarità con le originali fonti ermetiche. Sappiamo, comunque. che hanno condiviso l'alta stima di Hegel nei confronti di Jacob Boehme, mistico tedesco ed eretico del XVI secolo, salutato da Marx nel 1842 sulla Rheinische Zeitung come «un grande filosofo». Quattro anni prima, Engels aveva svolto uno studio su Boheme, in cui lo aveva definito «un'oscura ma profonda anima», «molto originale» e »ricco di idee poetiche». Nel corso degli anni, Boheme viene citato ne La Sacra Famiglia ed in molti altri scritti di Marx ed Engels.
Una delle cose di Boheme che può averli attratti, è il fatto che egli era un pensatore dialettico. La dialettica abbonda in molti autori mistici, non da ultimo nei trattati di magia, alchimia ed altre "scienze segrete" e dovrebbe stupire il fatto che nessuno abbia scoperto che nel corso della loro ricerca per la conoscenza, quei giovani ribelli allievi di Hegel avevano fatto incursioni clandestine in questo territorio inesplorato. Questo era sicuramente il caso riguardante uno dei più stretti amici di Marx, un collega Giovane Hegeliano, Mikhail Bakunin, che spesso gli aveva fatto compagnia in quelle discussioni su Proudhon che erano durate tutta la notte. Da giovane, il futuro autore di Dio e lo Stato era noto per aver studiato le opere del mistico francese Louis Claude de Saint-Martin, "Il Filosofo Sconosciuto" e "L'amante delle cose segrete", così come l'eccentrico filosofo romantico tedesco Franz von Baader, autore di uno studio sul misterioso mago ebreo-lusitano del settecento, Martinez de Pasqual, di cui alcuni pensano che abbia avuto un ruolo nella formazione del Voodoo Haitiano (trascorse i suoi ultimi anni sull'isola di Haiti ed è morto nel 1774 a Port-au-Prince), ed il cui "Trattato sulla reintegrazione" è uno dei più influenti testi occulti degli ultimi due secoli.
Von Baader, la cui filosofia romantica si combinava con uno strano misticismo cattolico e con altri elementi ugualmente strani di una sorta di magico utopismo ispirato, è stato il primo scrittore in lingua tedesca ad usare la parola "proletariato" - e va sottolineato il fatto che Boheme, Paracelso, Meister Eckhart, Swedenborg, Saint-Martin e tutti i pensatori ribelli e mistici hanno in qualche modo contribuito potentemente al secolare fermento che alla fine ha prodotto il Romanticismo, e quel Romanticismo a sua volta, soprattutto nelle sue forme più estreme ed eterodosse, ha lasciato un indelebile marchio sull'ambiente della Sinistra Hegeliana/Feuerbachiana. Non è forse sotto il segno della poesia, che dopo tutto Marx arriva a riconoscere se stesso come un nemico dell'ordine borghese? Tutti conoscono i famosi tre componenti del marxismo: Filosofia tedesca, Economia inglese e Socialismo francese. Ma cosa dire a proposito dei poeti del mondo: Eschilo ed Omero e Cervantes, Goethe e Shelley? Dimenticare questo quarto componente significa perdersi un bel po' di Marx (e certamente, un bel po' di vita). Una critica completa del marxismo post-Marx si potrebbe basare su questa disastrosa "svista". Il 1844. È bene ricordare che è stato anche l'anno in cui Marx era particolarmente vicino ad Heinrich Heine. Lo stesso Marx scrisse numerose poesie freneticamente romantiche (che sono state pubblicate nel 1841 con il titolo di "Canzoni selvagge") e provò perfino anche a scrivere un bizzarro romanzo satirico, Scorpion e Felix. Nel 1844 rinunciò all'attività letteraria in quanto tale, ma nessun filosofo, nessun scrittore politico o attivista, e certamente nessun economista ha mai usato metafore con una tale esuberanza, abilità ed originalità come ha fatto per tutta la sua vita l'autore di Un Contributo alla Critica dell'Economia Politica. Fino all'ultimo. Marx - ed in gran misura questo è vero anche per Engels - è rimasto un fervente adepto della «pienezza magica della poesia» (tanto per citare una delle sue prime traduzioni delle Elegie di Ovidio). Questa gioventù ardente non ha mai smesso di perseguire la filosofia sulla sua strada verso la rivoluzione, ma era la poesia che, il più delle volte, ha ispirato la loro audacia ed ha confermato il loro avanzare.
Che Marx, alla fine della sua vita, ritornasse al progetto che era stato caro al suo cuore nei giorni della sua originale ed audace battaglia con "l'antropologia naturalista" in quanto teoria della rivoluzione comunista, i giorni in cui era stato profondamente preoccupato riguardo l'eredità filosofica e pratica di Hegel e di Fourier, i giorni della sua amicizia con Proudhon e Bakunin ed Heine, ha delle risonanze di significato in quanto anche alla fine, come all'inizio, l'impulso cruciale sembra essergli stato fornito dalla poesia.

Nel 1880, la pubblicazione di "City of Dreadful Night, and Other Poems" - l'opera letteraria di cui spesso viene detto che è il più pessimistico poema scritto in lingua inglese - di James Thomson, fece una forte impressione sull'autore del Capitale. Entusiasta soprattutto per i "Tentativi di Traduzione di Heine", fatti da Thomson, Marx scrisse un'affettuosa lettere al poeta, affermando che le poesie non erano «traduzioni, ma una riproduzione dell'originale, come avrebbe fatto lo stesso Heine, se fosse stato padrone della lingua inglese". Sebbene i biografi di Marx abbiano mantenuto un imbarazzato silenzio in proposito, non è difficile discernere in questo il fatto di come Thomson - questo poeta di uno struggente lirismo nero, dedito all'oppio, che non solo era uno dei più aggressivi agitatori anti-religiosi di tutta l'Inghilterra ma era anche il traduttore di Leopardi e fra i primi a scrivere a proposito di Blake in maniera intelligente - potrebbe aver stimolato un revival dei sogni e dei desideri risalenti ai giorni più prometeici di Marx. E allora, basta pensarci: mentre il suo cervello si sta ancora riprendendo dalle visioni ispirategli da un vero poeta, si immerge nell'opera più ricca e più provocatoria del più brillante pensatore antropologo del suo tempo. Una simile possibilità è la sostanza di cui sono fatte le rivelazioni!
Comunque, non era mera "antropologia" quel che Marx trovava così attraente ne "La società antica" di Lewis Henry Morgan ma piuttosto, come lascia intendere nelle sue note e come Engels precisa nel suo "Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato" (1884), la critica spietata e la condanna della civiltà capitalista, così bene complementare a quella di Charles Fourier.
Tuttavia, questi Quaderni Antropologici sono assai più di una compilazione di nuovi data che confermano la critica già esistente. Va detto, a tal proposito, che "L'origine della famiglia" che Engels afferma di aver scritto in quanto «realizzazione di un lascito» - essendo morto Marx prima di essere in grado di preparare la sua propria presentazione delle ricerche di Morgan- è, come lo stesso Engels ha immediatamente ammesso, «solo un magro sostituto» dell'opera che le note di Marx suggeriscono. Diverse generazioni di marxisti hanno scambiato "L'origine della famiglia" per la parola definitiva sull'argomento, ma in realtà essa riflette le letture di Morgan (e di altri autori) fatte da Engels e ben lontane dal riflettere le note di Marx. Ad esempio, il concetto de «sconfitta storica mondiale del sesso femminile» è presa in prestito dagli scritti di Bachofen, e non è ben supportata dalle note di Marx, mentre molti importanti commento che Marx aveva fatto non sono stati inclusi nel libriccino di Engels.
Chiaramente, a partire dall'intenzione che "L'origine della famiglia" non fosse niente di più che un digest popolare socialista dei grandi temi de "La società antica" - i famosi sistemi di consanguineità di Morgan, i suoi numerosi dati sul "comunismo di vita", l'evoluzione della proprietà e dello Stato - Engels ha enfatizzato il largo accordo fra Morgan e Marx ed ha ignorato tutto ciò in Morgan e Marx che si trovava al di fuori da questo piano. Il fatto che Engels non abbia scritto il libro che avrebbe potuto scrivere Marx non è certo poi una notizia così scioccante, ed ogni accusa per un possibile danno andrebbe rivolta non ad Engels ma a tutti coloro che, a partire dal 1884, hanno devotamente assunto che il libro di Engels dicesse tutto quel che Marx aveva da dire e quindi tutto quello che doveva essere detto. Naturalmente, se Marx avesse avuto dei seguaci che avevano a cuore il suo motto favorito, De omnibus dubitandum, la storia del marxismo sarebbe stata piuttosto differente e probabilmente molto più felice. Ed il cantante blues cantava, «Se le rane avessero avuto le ali...».

I Quaderni includono estratti, e commenti di Marx in proposito, da altri autori etnologici oltre a quelli di Morgan, ma la sezione su Morgan è di molto la più consistente, ed è quella di maggior interesse. Leggendo il suo curioso dialogo, si può vedere l'affilata mente di Marx all'opera, che estende, sfida e poi corregge le interpretazioni di Morgan, tirandone fuori i momenti dialettici che sono latenti nel "La Società Antica" ma che non sono sempre sviluppati a sufficienza, ed a volte per niente, dallo stesso Morgan. Sembra perfino che Marx goda a relazionare i dati empirici di Morgan alle fonti originali della sua (di Marx) critica, in particolare Fourier e (sebbene il suo nome non appaia in queste note) Hegel, in genere con lo scopo di chiarire alcuni attuali problemi vitali. Come aveva detto Marx a proposito di uno dei suoi primi lavori incompiuti, i Grundrisse (1857-58), i Quaderni Antropologici contengono «alcuni bei sviluppi».
Alcuni dei più interessanti passaggi di Marx che non hanno trovato la loro strada nel libro di Engels hanno a che fare con la transizione dalla società "arcaica" a quella "civilizzata", un problema chiave per Marx nei suoi ultimi anni. Mettendo in discussione la tesi di Morgan secondo la quale il «governo personale» aveva prevalso nel corso di tutte le società primitive, Marx sosteneva che molto tempo prima della dissoluzione della gens, i capi venivano "eletti" solo in teoria, essendo l'ufficio diventato trasmissibile; controllato da un'élite proprietaria che aveva cominciato ad emergere dentro la gens stessa. Qui Marx stava inseguendo un'indagine critica sulle origini della distinzione fra sfera pubblica e sfera privata (e, per estensione, fra realtà sociale e finzione ideologica "ufficiale" e "ufficiosa") che aveva cominciato nella sua "Critica della Filosofia del Diritto di Hegel" nel 1843. La stretta correlazione che Marx aveva trovato fra lo sviluppo della proprietà e dello Stato, da una parte, e la religione, il loro principale travestimento ideologico, dall'altra parte - che lo aveva spinto alla sua acuta osservazione secondo cui la religione è cresciuta nella misura in cui si è ridotta la comunanza gentile - si riferisce anch'essa alla sua prima critica della Filosofia del Diritto, alla famosa introduzione in cui l'attacco di Marx alla religione aveva raggiunto un'appassionata lucidità degna dei più grandi poeti.
Lo spirito poetico, in realtà, si fa sentire più di una volta in questi Quaderni. Sotto i migliori auspici, in questo compendio di prove etnologiche, Marx annota debitamente con insistenza l'importanza storica della «immaginazione, questa grande facoltà che ha contribuito in così larga misura all'elevazione del genere umano». Da cima a fondo di questi Quaderni, vediamo come l'incontro di Marx con le "culture primitive" abbia stimolato la sua immaginazione, e cominciamo a realizzare che lì ci sia molto di più di quanto Engels abbia divulgato.
Pagina dopo pagina, Marx evidenzia passaggi selvaggiamente remoti da quello che di solito consideriamo i "temi standard" della sua opera. Così lo troviamo mente si richiama alle case a forma di campana delle tribù della costa del Venezuela; alla fabbricazione delle cinture Irochesi fatte «usando dei fili sottili tratti dalle cortecce di olmi e tigli»; «la leggenda Peruviana di Manco Capac e di Mama Oello, figli del sole»; le usanze funerarie dei Tuscarora; la credenza nella metempsicosi degli Shawnee; le letterature "non scritte" di miti, leggende e tradizioni; le "scienze nascenti" nel villaggio degli Indiani del Sudovest; il Popol Vuh, libro sacro degli antichi Quiche Maya; l'uso degli aculei di porcospino come ornamento; i giochi Indiani e «danzare (come una) forma di culto».
Attentamente, ed una tribù dopo l'altra, Marx elenca ciascuno degli animali da cui i vari clan proclamano di discendere. Nessun altra sua opera è così piena di parole come Lupo e Orso grizzly; opossum e tartaruga (nelle pagine sugli aborigeni australiani, troviamo emu, canguro e bandicoot). Ancora ed ancora, copia parole e nomi tratti dai linguaggi tribali. Incuriosito dal modo in cui il nome individuale (personale) denoti una sostanza che significa qualcosa, annota questi nomi Sauk della gens Aquila: «Ka-po-na (aquila che disegna il suo nido); Ja-ka-kwa-pe (aquila seduta con la testa alzata); Pe-a-ta-na-ka-hok (aquila che vola sopra un ramo)». Frequentemente, maneggia dettagli così insoliti che non si può a fare a meno di chiedersi che cosa stia pensando mentre scrive queste cose sul suo Quaderno. Si consideri, per esempio, la sua citazione parola per parola del racconto fatto da Morgan di una sorta di "preghiera" pronunciata prima di una festa tribale indiana: «Si trattava di un'esclamazione prolungata da parte di una singola persona fatta su una nota altamente stridula, che cadeva giù fino al silenzio, seguita da una risposta in coro da parte della gente». «Dopo il pasto», aggiunge, "Le sere [sono] dedicate alla danza?»

Iroquis

Particolarmente voluminose sono le note di Marx sugli Irochesi, la confederazione di tribù con cui Morgan era personalmente più familiare (nel 1846 era stato di fatto "adottato" da una delle tribù, i Seneca, come guerriero del clan del Falco), e su cui aveva scritto una monografia classica. Chiaramente, Marx condivideva l'attrazione passionale di Morgan per la "Lega degli Ho-de-no-sau-nee" fra i quali «lo Stato non esiste», e «Libertà, Uguaglianza e Fraternità, seppure mai formulate, erano i principi cardine», e i cui sakem, inoltre, «non avevano nessuna delle caratteristiche dei preti». Una delle sue note comprende la descrizione fatta da Morgan della formazione della Confederazione degli Irochesi visto come «un capolavoro di saggezza indiana», ed è indubbiamente affascinato dall'apprendere che, così tanto prima della rivoluzione del 1755, gli Irochesi avevano raccomandato agli «antenati [degli] americano, un'unione delle colonie simile alla loro».
Molti passaggi di questi Quaderni riflettono l'interesse di Marx per la democrazia Irochese così come viene espressa nel Consiglio della Gens, quella «assemblea democratica dove ogni membro adulto maschio e femmina aveva la parola su tutte le questioni di cui era investito», e fa delle particolari note, in dettaglio, che riguardano la partecipazione attiva delle donne agli affari della tribù. La relazione fra uomo e donna - un tema dei manoscritti di Marx del 1844 - è anche uno dei temi ricorrenti della sua ricerca etnologica. Così egli quota una lettera spedita a Morgan da un missionario che si trova fra i Seneca: «Le donne avevano il più grande potere nei clan, come altrove. Non esitavano, quando la situazione lo richiedeva, a "staccare le corna" - come veniva tecnicamente definito - dalla testa del capo, e a rispedirlo fra i ranghi dei guerrieri. La nomina originale del capi era demandata sempre a loro«. E poche pagine dopo sottolinea la tesi di Morgan secondo la quale «l'attuale famiglia monogamica... deve... cambiare con il cambiare della società... È il prodotto di un sistema sociale... capace di ulteriori miglioramenti fino a quando non viene raggiunta l'eguaglianza dei sessi». Analogamente, enfatizza la conclusione di Morgan, riguardo la monogamia, per cui «è impossibile predire la natura di che cosa verrà dopo».

In quest'area, come altrove, Marx riconosce germi di stratificazione sociale all'interno dell'organizzazione gentile, ancora una volta in termini di separazione della sfera "pubblica" e di quella "privata", che ha visto a sua volta come il riflesso del graduale emergere di una casta tribale proprietaria e privilegiata. Dopo aver copiato l'osservazione di Morgan per cui, nel Consiglio dei Capi, le donne erano libere di esprimere i loro desideri e le loro opinioni "attraverso" un oratore di loro scelta", aggiunge con enfasi che la "Decisione" (era) fatta da tutto il Consiglio (interamente maschile). Tuttavia Marx era inequivocabilmente impressionato dal fatto che, fra gli Irochesi, le donne godevano di una libertà e di un grado di coinvolgimento sociale ben oltre quello delle donne (o degli uomini!) di qualsiasi nazione civilizzata. La tendenza egualitaria di tutte le società gentili è una delle qualità di tali società che più interessava Marx, e la sua attenzione alle deviazioni da questa tendenza non lo portava a respingere l'ipotesi di base di Morgan a tal riguardo. Infatti, dove Morgan, nel suo capitolo su "La Famiglia Monogamica", deplorava il trattamento delle donne nell'antica Grecia come un anomalo ed enigmatico scostamento dalla norma egualitaria, Marx commentava (forse riflettendo in questo l'influenza di Bachofen): "Ma la relazione fra le dee sull'Olimpo rivela il ricordo di una più alta posizione delle donne".
I passaggi di Marx tratti dai capitoli di Morgan sugli Irochesi sono in proporzione assai più lunghi di quelli sugli estratti dalla società antica, e infatti costituiscono una delle più ampie sezione dei Quaderni. Non era comunque soltanto l'organizzazione sociale irochese ad affascinarlo, ma piuttosto l'intero modo di vita nettamente contrapposto, su tutta la linea, alla moderna civiltà industriale. La sua ammirazione per gli indiani del Nord America in generale, e per gli Irochesi in particolare, appare evidente in tutto il testo, forse in maniera più marcata nel suo evidenziare i riferimenti di Morgan al loro caratteristico "senso di indipendenza" e alla loro "dignità personale", qualità che entrambi gli uomini apprezzavano, ma che trovavano notevolmente diminuite via via che era progredita la "carriera" dell'umanità. Qualsiasi riserva possa aver avuto Marx riguardo l'applicabilità universale del "modello" irochese nell'analisi della società gentile, la cura maniacale con cui copiava le descrizioni assai spesso meticolose di Morgan dei vari aspetti della loro cultura mostra quanto potentemente questi popoli lo avessero impressionato. Intere pagine dei Quaderni raccontano, nel dettaglio meraviglioso, le procedure e le cerimonie del Consiglio Irochese:

«... ad un segnale il sakem si alza e cammina per tre volte intorno al Cerchio di Fuoco, andando per prima verso Nord... Il maestro di cerimonie si alza di nuovo in piedi, riempie accende col suo fuoco la pipa della pace; ne trae tre boccate, la prima la soffia verso lo Zenith (che significa grazie al Grande Spirito...); la seconda verso il terreni (che significa grazie a sua Madre, la Terra, per le varie produzioni che sono servite al suo sostentamento); la terza verso il Sole (significa grazie alla sua luce che non viene mai meno, che splende sempre su tutti). Poi passa la pipa al primo alla sua destra verso il Nord...»

Questo passaggio va avanti con lo stesso tono per circa trenta righe, ma penso che il breve estratto basti a mostrare che i Quaderni sono diversi da qualsiasi altra cosa presente nel canone marxiano.

La registrazione della visione-ricerca di Marx svolta attraverso La Società Antica di Morgan ci offre un unico e sorprendente primo piano della fase finale di quella che Raya Dunayevskaya ha chiamato "l'infinita ricerca di nuovi sentieri per la rivoluzione" di Marx. Il giovane Marx dei manoscritti economico-filosofici del 1844 riassumeva la rivoluzione come "la soppressione della proprietà privata". Il suo punto di partenza era la critica del lavoro alienato che "alienava la natura dall'uomo, l'uomo da sé stesso... [e l'uomo] dalla specie" - cioè, il lavoro dominato dal sistema della proprietà privata, dal capitale, il "potere disumano" che "domina su ogni cosa" diffondendo la sua "infinita degradazione" sulle relazioni fondamentali dell'uomo con la donna e riducendo tutti gli esseri umani a delle merci. Così la "soppressione della proprietà privata" significava per Marx non solo "l'emancipazione dei lavoratori" (che ovviamente comporta "l'emancipazione dell'umanità nel suo insieme"), ma anche "l'emancipazione di tutte le qualità e di tutti i sensi umani" (essendo diventati direttamente gli stessi sensi, come aveva espresso con il suo caratteristico umorismo, "teorici nella pratica"). Questa "abolizione positiva della proprietà privata, dell'auto-alienazione umana" è anche, allo stesso tempo, "l'appropriazione reale della natura umana" - in altre parole, comunismo,

«la risoluzione definitiva dell'antagonismo fra uomo e natura, e fra uomo ed uomo. È la vera soluzione del conflitto fra esistenza ed essenza, fra oggettivazione ed auto-affermazione, fra libertà e necessità, fra individuo e specie. È la soluzione dell'enigma della storia e sa di essere questa soluzione».

Sembra che il vecchio Marx sia tornato a questo modo di vedere, con gli occhi della mente, nel momento in cui aspira le sue tre boccate dalla pipa della pace in piedi intorno al fuoco del consiglio degli Irochesi. Ma non è nostalgia auto-indulgente quella che lo porta a seguire il pericoloso sentiero dei suoi sogni giovanili, ed oltre, fino agli albori della società umana. Rivoluzionario fino alla fine, Marx, nel 1880 non meno di quanto lo fosse nel 1844, immaginava una nuova società fondata su una trasformazione totale delle relazioni umane, e cercava nuove strade, per aiutare a realizzare questa società.
La Società Antica, e in special modo il suo resoconto dettagliato degli Irochesi, consentì per la prima volta a Marx di avere una percezione della concreta possibilità di una società libera così come era esistita nella storia. La concezione di Morgan dell'evoluzione sociale e culturale gli permise di affrontare in un modo nuovo i problemi che aveva assunto filosoficamente nel 1844, da una diversa angolatura, e con nuove implicazioni rivoluzionarie. I riferimenti di Marx, in queste note e altrove, a termini e frasi riconoscibili come di Morgan, indicano una sua generale accettazione del profilo di Morgan dell'evoluzione della società umana. Spesso nelle sezioni dei Quaderni che non riguardano Morgan, per esempio, egli rimprovera agli altri scrittori la loro ignoranza del carattere della gens, o dello "Status Suerioe della Barbarie". Nelle bozze di una lettera scritta poco dopo aver letto Morgan, specifica che "le Comunità Primitive... formano una serie di gruppi sociali i qusli, differendo sia per tipo che per età, segnano fasi successive dell'evoluzione". Ma questo non significa che Marx abbia adottato, in tutti i suoi dettagli, il cosiddetto piano evolutivo "unilineare" comunemente attribuito a Morgan - un piano che, dopo la sua approvazione acritica da parte di Engels ne "L'origine della Famiglia", è rimasto da allora un dispositivo dell'ortodossia "marxista". Le prove sparse per tutti i Quaderni suggeriscono, piuttosto, che Marx era diventato sempre più scettico riguardo alle categorie fisse relative al tentativo di una ricostruzione storica, e che egli continuava ad affermare il carattere multilineare dello sviluppo sociale umano che aveva avanzato fin dai Grundrisse degli anni 1850.
Infatti, è divertente, in considerazione della diffusa incomprensione che vede in Morgan nient'altro che un unilinearista mono-maniacale, che le note di Marx evidenzino nel lavoro di Morgan diversi scostamenti dall'unilinearità. Lo stesso Morgan, di fatto, più di una volta ha riconosciuto il carattere "provvisorio" del proprio sistema, e specialmente del carattere "necessariamente arbitrario" dei confini fra le fasi di sviluppo da lui proposte; egli nondimeno considerava i suoi schemi come "convenienti ed utili" per la comprensione di una talmente vasta mole di dati, e in ogni caso ammetteva in maniera specifica ( e ne prendeva nota) delle eccezioni.
Ad ogni modo, se la nostra lettura delle note di Marx è giusta, egli ha trovato ne La Società Antica cose infinitamente per lui più preziose degli argomenti a favore o contro un mero sistema classificatorio. L'assoluta immensità delle nuove informazioni del libro - nuove per Marx e per tutto il mondo scientifico - ha dimostrato in maniera inappellabile la vera complessità delle società "primitive" così come la loro grandezza, la loro essenziale superiorità, in termini umani reali, rispetto alle degradate civiltà fondate sul feticismo delle merci. In una nota scritta subito dopo la sua panoramica di Morgan, troviamo Marx sostenere che "le comunità primitive sono incomparabilmente più vitali dei Semiti, dei Greci, dei Romani e, a fortiori, delle moderne società capitalistiche". In questo modo Marx è arrivato a realizzare che, misurato secondo "il benessere della soggettiva sensualità umana", così come l'aveva espresso nei manoscritti del 1844, la società Irochese si trovava ad un punto assai più alto di qualsiasi altra società "avvelenata dal soffio pestilenziale della civiltà". Cosa ancora più importante, il vivace resoconto fatto da Morgan degli Irochesi gli aveva dato una coscienza vivida dell'attualità dei popoli indigeni, e forse gli aveva fornito anche uno scorcio dell'inimmaginabile possibilità che tali popolazioni avrebbero potuto dare il proprio contributo alla lotta globale per l'emancipazione umana.

Duramente colpiti, come sono stati dall'invasione capitalista europea e statunitense, l'espansione ad ovest del capitalismo, gli Irochesi e le altre culture tribali nordamericane non hanno potuto nel 1880 e non possono ora, un centinaio di anni più tardi, essere consegnati al museo dell'antichità. Quando Marx leggeva La Società Antica le "Guerre Indiane" erano ancora un tema assai attuale in quegli Stati Uniti, e se a quel tempo la fase militare di una tale campagna genocida era confinata all'Ovest, lontana dal territorio irochese, gli Irochesi erano ancora impegnati, e con loro ogni società tribale che sopravviveva, in una lotta continua contro il sistema della proprietà privata e dello Stato.
In una molteplicità di varianti, le stesse condizioni di base prevalevano in Asia, Africa, parte dell'Europa Orientale, Russia, Canada, Australia, Sud America, Indie Occidentali, Polinesia - dovunque i popoli indigeni non avevano ancora interamente ceduto alla tirannia dello sviluppo capitalista. Dopo aver letto il ritratto che Morgan aveva fatto del comunismo primitivo al culmine della sua gloria, Marx vedeva ora tutto questo sotto una nuova luce. Negli ultimi due anni della sua vita, in misura di gran lunga maggiore rispetto a prima, aveva concentrato la sua attenzione sui popoli di colore; i colonizzati, contadini e "primitivi".
Che questo sia avvenuto non solo leggendo Morgan o principalmente a fini storici, ma piuttosto come parte della sua costante esplorazione dei processi di cambiamento sociale, viene suggerito dalle numerose allusioni fatte nei Quaderni riferite ad affari socio-politici contemporanei. Nei Quaderni, come ha affermato Raya Dunayevskaya, «L'ostilità di Marx nei confronti del colonialismo del capitalismo si stava intensificando... [Egli] tornava ad indagare l'origine dell'umanità, non allo scopo di scoprire nuove origini, ma per percepire nuove forze rivoluzionari, le loro ragioni, o come Marx li chiamava, sottolineando una frase di Morgan, "i poteri della mente"».
Gli attacchi vigorosi al razzismo e alla religione che ricorrono dappertutto nei Quaderni, specialmente per mezzo di note assai spesso lunghe e qualche volta splendidamente ingiuriose su Maine e Lubbock, non lasciano dubbi a riguardo.

Più e più volte quando questi ghignanti apologeti dell'imperialismo riservano il loro scherno condiscendente alle credenze "superstiziose" e alle pratiche degli aborigeni australiani edi altri popoli nativa, Marx glielo ritorce contro, come un boomerang, indirizzandolo sulla "canaglia civilizzata". Marx ha accettato - quanto meno non ha contraddetto - l'potesi di Lubbock secondo cui le prime società umane erano atee, ma nutre solamente disprezzo per il capzioso ragionamento di Lubbock: che la mente selvaggia non era abbastanza sviluppata per riconoscere le "verità" della religione! No, suggeriscono le note di Marx, i nostri "primitivi" antenati erano atei in quanto la credenza negli dei ed in altre abomini sacerdotali hanno fatto il loro ingresso nel mondo soltanto con l'inizio della società di classe. Inesorabilmente, in queste note, segue lo sviluppo della religione come parte integrante dell'appartato repressivo attraverso le sue diverse permutazioni legate alla formazione della casta, alla schiavitù, alla monogamia patriarcale ed alla monarchia. Il "povero elemento religioso", osserva, diventa la preoccupazione principale della gens precisamente al grado in cui la cooperazione reale e la proprietà comuna declinano, cosicché alla fine «rimane solo l'odore dell'incenso e l'acqua santa». L'autore dei Quaderni Antropologici non ha nascosto il fatto che egli stava saldamente dalla parte dei selvaggi ateri.
Dopo essere stato assorbito da La Società Antica dalla fine del 1880 fino alle prime settimane del 1881, un gran parte delle letture di Marx si focalizzano sulle società primitive e sui paesi "arretrati". Oltre le opere di John Budd Phear, Henry Sumner Maine e John Lubbock che annota e commenta nei suoi Quaderni, legge libri sull'India, sulla Cina e su Java, e molti altri sull'Egitto (due mesi e mezzo prima della sua morte, in una lettera alla figlia Eleanor, Marx denunciava la "vergognosa conquista cristiano-ipocrita" dell'Egitto). Dopo essere ritornato da un breve soggiorno ad Algeri nell'estate del 1882, suo genero Paul Lafargue scriveva che «Marx è tornato con la sua testa piena di Africa e di arabi». Quando riceve una richiesta dalla radicale russa Vera Zasulich che gli chiede se le comuni rurali potrebbero diventare la base per una nuova società collettiva, o se oppure la sua terra avrebbe dovuto passare attraverso la fase capitalista, Marx intensifica ulteriormente i suoi già profondi studi della storia economica e sociale russa. La sua notevole risposta alla Zasulich ci mostra la misura della creativa audacia di Marx nei suoi ultimi anni, e dimostra anche che la sua lettura di Morgan ha comportato non solo un nuovo modo di guardare alle società pre-capitaliste, ma anche un nuovo modo di guardare agli ultimi problemi pratici legati al movimento rivoluzionario. La lettera della Zasulich a Marx suggeriva urgenza, perché come lei spiegava,

«Al giorno d'oggi, si sente spesso dire che la comune rurale è una forma arcaica condannata a perire dalla storia, dal socialismo scientifico e, in breve, in ogni dibattito. Coloro che predicano un simile punto di vista si definiscono tuoi discepoli... spesso il loro argomento più forte è:
"Marx ha detto così".
Ma altri obiettano: "Ma come si può far conseguire questo da Il Capitale? Non discute la questione agraria, e non dice niente dalla Russia."
"Lo avrebbe detto se avesse discusso del nostro paese", ribattono i tuoi discepoli...»

Quanto seriamente Marx stesse proprio riflettendo su tale questione, può essere dedotto dal tatto che usa e che lo porta a scrivere non meno di quattro bozze di una risposta, oltre alla lettera relativamente breve che effettivamente invia - per un totale di un libro di circa 25 pagine. La sua risposta era un magnifico colpo diretto al compiacimento dogmatico sicuro-di-sé dei "marxisti" russi che non solo rifiutavano di pubblicare la lettera ma pretendevano che non fosse mai esistita (venne pubblicata per la prima volta nel 1924).
Sottolineando che la "inevitabilità storica" dello sviluppo capitalista, così come viene articolata nel Capitale, è espressamente limitata ai paesi dell'Europa occidentale, concludeva che

«Le analisi svolte ne Il Capitale quindi non forniscono alcuna ragione a favore o contro la vitalità della Comune Russa. Ma gli studi particolari che ho svolto su questo, ivi inclusa una ricerca per mezzo di materiale proveniente da fonti originali, mi hanno convinto che la comune + il fulcro per una rigenerazione sociale in Russia».

La prefazione alla seconda edizione russa del Manifesto Comunista (1882) co-firmato da Engels, si chiudeva con una qualificata riaffermazione di questo nuovo orientamento:

«Può l'Obšcina [la comune contadina]russa, una forma, sebbene fortemente erosa, della primitiva proprietà comunale della terra, passare direttamente ad essere una più alta, comunista, forma di proprietà comunale?... Oggi esiste una sola risposta possibile. Se la rivoluzione russa diventa il segnale per la rivoluzione proletaria in Occidente, di modo che le due si complementino a vicenda, allora la proprietà comunale contadina della terra della Russia può servire come punto di partenza per uno sviluppo comunista».

Il coraggioso suggerimento che la rivoluzione in un paese sottosviluppato avrebbe potuto precedere ed accelerare la rivoluzione nell'Occidente industrializzato non scaturiva dal nulla - ogni idea ha la sua preistoria - ma pochi negheranno che contraddicesse fragorosamente la stragrande maggioranza di tutta la precedente opera di Marx. Era di fatto una flagrante eresia "anti-marxista", della qual cosa sicuramente i discepoli russi di Marx erano consapevoli. Solo 6 anni prima, nel 1875, un giacobino russo, Petr Tkachev, aveva attirato su di sé una buona dose di ridicolo da parte di Engels - evidentemente con la piena approvazione di Marx - per aver avuto la temerarietà di proporre una qualche assurdità a proposito di saltare le fasi storicamente ordinate, e perfino la terribile fantasia che la Russia a maggioranza contadina potesse arrivare alla linea di partenza rivoluzionaria prima del sofisticato proletariato d'Occidente. Talmente "pura aria calda" che Engels si era sentito obbligato a consigliare al povero russo di "tornare a scuola"; avendo dimostrato solo che Thachev aveva ancora bisogno di "imparare l'ABC del Socialismo".
La crescente preoccupazione di Marx per le prospettive rivoluzionare in Russia durante l'ultimo decennio della sua vita, è un argomento che è stato esaminato da molte angolature e con un meraviglioso sguardo da Teodor Shanin, "Late Marx and the Russian Road", un libro che svolge uno studio impeccabile e che è anche un importante contributo al chiarimento delle odierne prospettive rivoluzionarie. Come hanno mostrato Shanin ed i suoi collaboratori, Marx nel 1860 era ostile al Populismo russo, ma cominciò a cambiare idea all'inizio del decennio successivo, quando si mise a studiare il russo e cominciò a leggere la letteratura populista, ivi incluse le opere del maggior teorico del movimento, N.G. Cernysevskij, per cui sviluppò rapidamente una profonda ammirazione. Nel 1880 Marx era un incondizionato sostenitore della "Narodnaya Volyna" (Volontà del Popolo) populista, difendendo anche le sue attività terroristiche (quell'anno, il gruppo aveva tentato di assassinare lo Zar, e riuscì a farlo l'anno successivo), mentre restava altamente critico riguardo le "noiose dottrine" di Plekhanov ed altri aspiranti "marxisti" russi che derideva in quanto "difensori del capitalismo". Durante tutto questo periodo Marx legge avidamente riguardo la storia e l'economia russa; una lista dei suoi libri russi, fatta da lui nell'agosto del 1881, include quasi 200 titoli.
La risposta iconoclasta alla Zasulich allora era condizionata da molti fattori, ivi inclusi la formazione di un nuovo movimento rivoluzionario russo, incontri personali con populisti ed altri dalla Russia, e l'ampia lettura svolta da Marx di letteratura accademica e popolare, oltre che di giornali radicali e borghesi.

Molte coincidenze provocatorie riferiscono a La Società Antica questo importante cambiamento nel pensiero di Marx. In primo luogo, Marx aveva preso originariamente in prestito una copia del libro da uno dei suoi ospiti russi, Maxim Kovalevsky, il quale lo aveva portato con sé dopo averlo acquistato durante un viaggio negli Stati Uniti. Non sappiamo se questa fosse la COPIA che Marx aveva annotato; Engels non ha trovato il libro sugli scaffali di Marx, dopo la sua morte. Ma l'opera di Morgan aveva suscitato interesse anche fra gli altri rivoluzionari russi immigrati, in quanto sappiamo che anche un amico di lunga data di Marx, Petr Lavrov, un membro della Prima Internazionale ed uno dei più importanti populisti, ne aveva una copia, che si era procurato in una libreria londinese. Queste sono le uniche due copie del libro note per essere esistite nell'immediato ambiente di Marx nel corso della sua vita.
In secondo luogo, gli estratti di Marx da Morgan comprendono anche i suoi commenti interpolati sulla comune russa. I Quaderni toccano anche altri temi - in particolare il salto delle fasi per mezzo della diffusione tecnologica fra popoli a diversi stadi di sviluppo - che poi ricorrono nelle bozze della lettera alla Zasulich.
Terzo, e più sorprendente, la lettera della Zasulich a Marx lo raggiunge proprio quando era nel bel mezzo, o aveva appena completato di trascrivere e annotare questi estratti dall'opera di Morgan.
Quarto, e più importante di tutto, Marx ha citato ed anche quotato - o piuttosto parafrasato - Morgan in un passaggio molto significativo di una delle bozze della sua risposta alla Zasulich:

«la comune rurale [in Russia] trova [il capitalismo in Occidente] in uno stato di crisi che finirà solo quando il sistema sociale verrà eliminato attraverso il ritorno delle società moderne al tipo "arcaico" di proprietà comunale. Nelle parole di uno scrittore americano che, sostenuto nel suo lavoro dal governo di Washington, non può essere sospettato di tendenze rivoluzionarie [qui Marx si riferisce al fatto che il Sistema di Consanguineità e di Affinità di Morgan era stato pubblicato dallo Smithsonian Institute], "il nuovo sistema" cui la società moderna sta tendendo "sarà un revival, in una forma superiore, del tipo sociale arcaico"". Non dovremmo quindi essere troppo spaventati dalla parola 'arcaico'"».

Inoltre, sparse per tutte le bozze della lettera alla Zasulich, c'è una mezza dozzina di altre inconfondibili allusioni alla ricerca svolta da Morgan.
Abbiamo così constatato che la lettera della Zasulich era arrivata nel momento in cui La Società Antica occupava moltissimo la mente di Marx. Prese tutte insieme, le precedenti "coincidenze" ci spingono fortemente alla conclusione che la lettura di Morgan fatta da Marx sia stata un fattore attivo nel salto di qualità del suo pensiero a proposito della rivoluzione nei paesi sottosviluppati.

Se la "intellighenzia radicale" americana fosse stata qualcosa di più di una sottocultura accademica addomesticata fatta di ricercatori iper-timidi ed ultra-rispettabili che cercavano di salvare la carriera a tutti i costi, i Quaderni Antropologici di Marx avrebbero potuto, fra le altre cose, condurre all'attacco un revival di interesse per Lewis Henri Morgan. Ma non è stato così, i Quaderni sono stati convenientemente ignorati e, nonostante alcuni pochi barlumi negli anni 1960, il disprezzo quasi universale per l'autore de La Società Antica oggi rimane in vigore.
Anche una critica così percettiva e sensibile come Raya Dunayevsakaya non ha del tutto evitato lo sfortunato dagli-addosso-a-Morgan che ha continuato ad essere un rituale compulsivo dell'antropologia americana, ed in generale della vita intellettuale degli Stati Uniti, fin dalla prima guerra mondiale. Certo, nel suo caso, stava rispondendo a dei rituali piuttosto differenti che attengono al lato opposto della barricata ideologica: a quello che potrebbe essere chiamato "lo pseudo marxista pseudo-rispetto per Morgan. In realtà, però, la tradizionale stima retorica per Morgan da parte degli stalinisti e dei socialdemocratici è solo un'altra forma di disprezzo, perché salvo poche eccezioni non si basa su una scrupolosa lettura di Morgan bensì su una lettura senza scrupoli di Engels.
Presi nella confusione di un "dibattito" politicamente motivato e quindi altamente emotivo fra aspiranti amici distratti da una parte, e nemici automatici dall'altra, gli scritti di Morgan sono stati praticamente persi di vista per decenni.

L'entusiasmo di Marx per l'opera di Morgan, percettibile ad ogni pagina di questi Quaderni, diviene evidente quando si confrontano le note su Morgan a quelle su altri scrittori etnologhi dai cui libri Marx annota degli estratti: Sir John Phear, Sir Henry Maine and Sir John Lubbock. Gli estratti da Morgan non solo sono assai più lunghi, una volta e mezzo di quelli di tutti gli altri presi insieme - mostrando quanto Marx fosse profondamente interessato a quello che aveva da dire Morgan - ma sono del tutto privi di quelle lunghe digressioni sarcastiche spruzzate liberalmente per tutte le altre note. Inoltre, mentre i disaccordi con gli altri sono molti e sono radicali, le sue differenze con Morgan, come ammette Krader, riguardano "soprattutto i dettagli". In quanto "discepolo di Hegel" da lunga data, Marx disapprovava, marcandolo con punti interrogativi e punti esclamativi posti fra parentesi, ogni utilizzo inesatto dell'aggettivo "assoluto". Inoltre contesta l'interpretazione fatta da Morgan di un passaggio dall'Iliade, e di un altro passaggio da Plutarco, nessuno dei due passaggi centrale per l'argomentazione di Morgan. Tali differenze non hanno il sapore di essere insormontabili. All'inizio avevo notato un paio di casi nei quali il punto di vista di Marx divergeva da quello di Morgan si alcune questione più importanti, ma anche queste sono niente se paragonate al suo completo disaccordo di principio con Maine e con gli altri. Infatti, nei diversi punti in cui Marx dà di "testa-di-legno" e di "filisteo" a Maine, e di "culo civilizzato" a Lubbock, colpendo a martellate la loro miserabile linea di studio, la loro ipocrisia cristiana, il loro borghese etnocentrismo e razzismo, la loro incapacità a "liberarsi dalle loro convenzionalità", egli cita Morgan contro di loro, come decisiva autorità.

Nell'accettare senza esitazione i dati di Morgan e la maggior parte delle sue interpretazioni con la medesima facilità con cui rifiutava l'inane sproloquio ideologico degli etnologi reali d'Inghilterra, con la loro mania tipicamente borghese di cercare re e capitale in culture dove simili cose non esistevano, Marx è stato senza dubbio contento nello scoprire ne La Società Antica un arsenale di argomenti a supporto della sua visione rivoluzionaria decisamente anti-teleologica. Ciò che conta, ovviamente, non è tanto che Marx abbia trovato in Morgan, sotto molti aspetti, uno spirito affine, o che abbia anche imparato da lui, ma che le cose che ha imparato da Morgan siano state per lui così importanti.
Per quanto il suo approccio a Morgan possa essere stato diverso da quello di Engels, Marx era certamente d'accordo con le tesi del suo amico (in una lettera a Karl Kautsky del 26 aprile 1884) secondo la quale «Morgan rende per noi possibile guardare le cose da un un punto di vista del tutto nuovo». Leggere La Società Antica aveva sensibilmente approfondito la sua conoscenza di molte questioni cruciali, ed aveva qualitativamente trasformato il suo pensiero rispetto a quello altrui. Il socialista britannico M. Hyndman, riferendo di una conversazione che aveva avuto con Marx verso la fine del 1880/inizi del 1881, scrive nelle sue memorie che «quando Lewis Morgan aveva provato, con soddisfazione di Marx, che era la gens e non la famiglia l'unità sociale del vecchio sistema tribale e della società antica in generale, Marx a sua volta aveva abbandonato le sue precedenti opinioni basate su Niebuhr ed altri, ed aveva accettato il punto di vista di Morgan». Chiunque sia stato capace di far sì che Marx, all'età di 63 anni, abbandonasse la sua precedente opinione, è degno di molto di più che un interesse passeggero.
È stato solo dopo aver letto Morgan che l'antropologia, precedentemente periferica nel pensiero marxiano, ne divenne il centro vitale. La sua concezione complessiva dello sviluppo storico, ed in particolare delle società pre-capitaliste, guadagnava ora in profondità e precisione. Soprattutto, il suo attingere agli Irochesi ed alle altre società tribali aveva reso più acuta la sua percezione della presenza vivente dei popoli indigeni nel mondo, e del loro possibile ruolo nelle rivoluzioni future. Leggere Morgan, pertanto, aveva aggiunto molto di più che una manciata di pezzettini al pensiero di Marx - aveva aggiunto un'intera nuova dimensione, una dimensione che è stata soppressa per più di un secolo e che solo oggi comincia ad essere sviluppata.

Morgan

L'attenta rivalutazione dell'opera di Morgan - rispetto alla quale le note di Marx hanno fornito un simile stimolo - è sicuramente un progetto lungamente atteso per coloro che stanno lottando, con la chiarezza che proviene loro solamente dalla disperazione, per cercare delle vie d'uscita dagli innumerevoli vicoli ciechi in cui finisce la rivoluzione nel nostro tempo. Troppo spesso ridotto semplicemente ad un determinismo unidimensionale e ad un biologismo borghese, portato ad esempio fino alla nausea per la presunta "rigidità" del suo sistema evolutivo - che comunque ritiene essere solamente "provvisorio" - Morgan è in realtà una figura complessa: sottile, di ampio respiro, con molti lati, non-accademico, appassionatamente attratto dalla poesia (la sua devozione per Shakespeare era altrettanto grande di quella di Marx), e per molti versi più radicale di quanto i suoi relativamente poco sinceri e consapevoli ammiratori erano disposti ad ammettere.
Il suo empatico diario sulla Comune di Parigi, scritto durante il suo breve soggiorno in quella città nel giugno 1871, e la sua pubblica difesa dei Sioux durante il "Terrore Rosso" anti-Indiani seguito alla "Ultima battaglia di Custer", nel 1876 - per citare solo due delle espressioni del suo punto di vista dissidente sulle principali questioni del tempo - mostra come Morgan avesse ben poco in comune con l'immagine pedestre del pio presbiteriano e del borghese conservatore usata per caratterizzarlo. La forte corrente sotterranea critico-utopica nella sua opera, specialmente evidente nelle molte notevoli analogie fra il suo pensiero e quello di Fourier, ma anche nel suo veemente anticlericalismo e nella sua venerazione per degli eretici come Jan Hus, praticamente non è mai stata esplorata.
Infine, non va dimenticato che, a parte le sue epocali ricerche nel campo antropologico, Morgan ci ha lasciato anche una meravigliosa monografia su "The American Beaver and His Works" (1868), un trattato definito "eccellente" da Charles Darwin, che viene citato diverse volte ne "L'origine dell'uomo". Nell'ultimo capitolo di questo libro, Morgan sviluppa coraggiosamente il concetto di un "principio di pensiero" negli animali e si pronuncia per i diritti degli animali:

«È forse prerogativa dell'uomo sradicare e distruggere non solo numericamente la massa del regno animale, ma anche il grande corpo delle specie? Se la famiglia umana mantiene il suo attuale atteggiamento ostile nei confronti degli animali, e aumenta in numero ed in civiltà secondo l'attuale proporzione, si potranno chiaramente vedere molte specie di animali estirpate dalla Terra. Un arresto del progresso della razza umana può solo prevenire lo smembramento e la distruzione di una grande porzione del regno animale... L'attuale atteggiamento dell'uomo nei confronti degli animali non è affatto appropriato come pretende la sua Superiore saggezza. Noi neghiamo alle altre specie tutti i diritti, e devastiamo le loro fila con deliberata e crudele spietatezza. Il sacrificio annuo di vita animale per sostentare la vita umana è terribile... quando pretendiamo che l'orso è fatto per essere cibo dell'uomo.»

Morgan sperava che attraverso lo sviluppo di uno studi più intimo, amichevole e con meno pregiudizi, delle altre creature di questo pianeta, "la nosta relazione con loro" ci sarebbe apparsa sotto una luce differente e migliore.


Negli anni 1950 e 1960, le rivelazioni dell' «altro Marx» smascherarono le menzogne degli oppressori sia dell'Est che dell'Ovest. L'altro Marx, come milioni scoprirono da sé soli, era l'inconciliabile nemico non solo della "libera impresa" genocida capitalista, della schiavitù salariale, ma anche del marxismo capitalista di Stato, "ufficiale", burocratico. Contro tutte le forme di disumanità dell'uomo verso l'uomo: l'umanismo rivoluzionario del giovane Marx aveva aiutato ad ispirare un risorgere del pensiero e dell'azione rivoluzionaria che divenne nota come la "Nuova Sinistra" e fece provare ai padroni ed ai burocrati di tutti i paesi la loro più grande paura dopo la rivoluzione spagnola del 1936. In un'atmosfera intellettuale già illuminata dai cocktail molotov scagliati contro i carri armati russi dai giovani operai di Budapest nel 1956, e dieci anni più tardi contro i carri armati americani dalla gioventù nera di Chicago e di dozzine di altre città americane; i manoscritti economico-filosofici di Marx del 1844 avevano portato al mondo esattamente quello che si suppone porti la teoria rivoluzionaria: più luce.
Il primo Marx non era marxista, e non aveva mai dovuto neanche pronunciarsi sulla questione, dal momento che il marxismo non era ancora stato inventato.
L'ultimo Marx non era marxista, neanche lui; e lo aveva detto egli stesso, più di una volta.
I moderati liberali ed ex-radicali, si erano abbondantemente genuflessi infinite volta davanti allo scherzoso diniego di Marx, nel vano tentativo di convincere sé stessi e gli ingenui che l'autore de "La guerra civile in Francia" si era schierato dalla parte dei deboli di cuore. Ma quando Marx dichiarava "Io non sono marxista" certamente non stava rinunciando al lavoro di tutta la sua vita o alla sua passione rivoluzionaria. Stava rifiutando la reificazione e la caricatura della sua opera da parte di "discepoli" che preferivano lo studio delle scritture allo studio della vita, e che scambiavano la citazione del capitolo ed il verso e lo slogan per la teoria e per la pratica rivoluzionaria. Diversamente da costoro e dalle successive legioni di "marxisti", Marx rifiutava di valutare una realtà che cambiava continuamente per mezzo di esegesi dei suoi stessi scritti. Per lui, lo studio dei testi - ed egli era un vorace lettore, se mai ce n'è stato uno - faceva parte di un processo di auto-chiarificazione e di auto-correzione, era un test del suo punto di vista contro gli argomenti e le prove degli altri, un ampiamento di prospettiva attraverso un continuo ed aperto confronto con il nuovo e con l'inaspettato. Per l'ultimo Marx, il motto secondo cui si doveva dubitare di tutto non era uno scherzo. O per lo meno non era solo uno scherzo.

Questo è particolarmente evidente negli ultimi dieci anni della vita di Marx, e i Quaderni Antropologici sono un esempio particolarmente rivelatore della sua disponibilità a rivedere punti di vista precedenti alla luce di nuove scoperte. Nel momento stesso in cui i suoi "discepoli" russi - quegli "ammiratori del capitalismo", come li aveva ironicamente definiti - stavano proclamando ad alta voce che le leggi dello sviluppo storico stabilite nel primo volume del Capitale erano universalmente obbligatorie, Max si stava tuffando a capofitto nello studio di quelle che per lui era nuove esperienze di resistenza e di rivolta contro l'oppressione - per mezzo degli Indiani del Nord America, degli Aborigeni Australiani, degli Egizi e dei Contadini Russi. Come abbiamo visto, questi studi lo avevano portato non solo ad alterare in maniera estensiva e drammatica il suo precedente punto di vista, ma anche a difendere la causa di un movimento, in Russia, che i suoi "discepoli" laggiù e altrove disprezzavano in quanto "astorico", "utopico", "irrealistico" e "piccolo-borghese". Anche oggi, simili epiteti sono familiari a chiunque abbia osato lottare contro l'ordine esistente in una maniera che non è prescritta dal Codice della Legge "Marxista".
L'ultimo Marx invalida anche i numerosi neo ed anti-marxisti che sono stati, di volta in volta, sotto i riflettori nella sfilata intellettuale degli ultimi anni - questi ibridi da serra escogitati da degli specialisti che sembrano aver persuaso sé stessi di essere andati "oltre Marx" modificando il suo progetto rivoluzionario di "critica spietata di tutto l'esistente" in questo o in quello specifico programma accademico fatto di una critica inoffensivamente lieve e superficiale, non di tutto l'esistente, ma solamente di quel che accade dentro le quattro mura della loro particolare compartimentata specialità. Non sorprende che gli avvocati di questo neo-marxismo alla fine vadano in giro adottando una posizione politica che tende ad essere incurabilmente riformista. Il loro triste destino a tal riguardo serve a ricordarci che non è con l'essere meno spietati nella nostra critica, meno rigorosi nella nostra ricerca, o meno rivoluzionari nella nostra attività rivoluzionaria che ci si può aspettare di andare oltre Marx. Nonostante i loro pomposi proclami, attualmente il 97% dei neo-marxisti si pone a destra dei grezzi e meccanici marxisti delle vecchie sette, e la separazione della loro teoria dalla loro pratica tende ad essere molto più grande. Certamente il wobbly di un tempo, la cui libreria marxista consisteva di poco più che il Preambolo dell'IWW e del Little Red Song Book, aveva una conoscenza assai più sicura della realtà sociale - e di fatto di quello che Marx e perfino Hegel diceva - di quella che oggi hanno i professionisti fenomenologisti decostruzionisti neo-marxologhi i quali, oltre a scrivere illeggibili spiegazioni micro-analitiche di Antonio Gramsci, insistono a vivere in un quartiere di soli bianchi, superano i picchetti degli impiegati, e votano il candidato democratico.

Ci sono tutte le ragioni per credere che "l'ultimo Marx", e i Quaderni Antropologici in particolare, fornirà per la prossima ondata di rivoluzione globale qualcosa di simile all'illuminazione che il Giovane Marx ha fornito agli anni 1960. Aiutando a finirla con quello che rimane della debilitante egemonia delle diverse ortodossie "marxiste" così come con l'evasiva e confusionale pretesa dei vari "neo-marxismi", l'ultimo Marx contribuirà ad una nuova fioritura di audacia, audacia e ancora più audacia, la sola cosa che definisce i termini della teoria e della pratica rivoluzionaria.
L'ultimo Marx ha sottolineato come mai prima il fattore soggettivo in quanto forza decisiva nella rivoluzione. La sua conclusione per cui la trasformazione sociale rivoluzionaria potrebbe procedere da direzioni differenti e in differenti (anche se non incompatibili) maniere era la logica estensione della sua visione multilineare della storia nel presente e nel futuro. Questo nuovo pluralismo si è rivelato fortemente antiriformista, comunque, ed è divertente scoprire che coloro che propongono il gradualismo, la nazionalizzazione, l'eurocomunismo, la socialdemocrazia, la "liberazione teologica" ed altre aberrazioni scioccamente sentimentali e fondamentalmente borghesi non troveranno alcun conforto nell'ultimo Marx. Al contrario, i Quaderni etnologici egli altri scritti di Marx dell'ultimo periodo sviluppano sia quel feroce anti-statalismo che dopo la Comune di Parigi è diventato il focus principale del suo lavoro, che la critica spietata della religione che aveva fornito le basi ai suoi scritti del 1843-45. L'ultimo Marx non era diventato un anarchico, ma i suoi ultimi lavori stabiliscono una base per la riconciliazione storica dei marxisti rivoluzionari e degli anarchici, cui aveva chiamato Andre Breton nella sua Legittima Difesa nel 1926.
Di cruciale importanza in tutta questa eccitazione, giocosità, umorismo, scoperta e diversità dell'ultimo Marx - che ricorda così tanto l'umore dei testi del 1844 - le sue ricerche antropologiche hanno una rilevanza particolare per quel che riguarda il presente. Se un secolo più tardi, il "ritorno ai progetti della gioventù parigina" di Marx brillano ancora con i colori del futuro, ciò è perché le possibilità della strategia rivoluzionaria suggerite in questi Quaderni, e nei relativi scritti, sono ben lontane dall'essere esaurite.

Raccogliendo le cose lasciate in sospeso di una vita di pensiero rivoluzionario e di azione, i Quaderni Antropologici incarnano l'approfondimento e l'espansione finale delle prospettive storiche di Marx, e quindi della sua Prospettiva per la rivoluzione, svolte dallo stesso Marx. Sono, in un certo senso, le ultime volontà ed il testamento del marxismo di Marx. In queste note la "antropologia filosofica" del 1844 viene riempita empiricamente, viene resa più concreta, viene completata teoricamente ed alla fine viene qualitativamente trasformata perché, come aveva osservato Hegel nella Fenomenologia, «nell'alterazione della conoscenza, anche lo stesso oggetto... viene alterato».
Frammentari per quanto siano, i Quaderni, insieme alle bozze della lettera a Vera Zasulich e a pochi altri testi, rivelano che la visione rivoluzionaria culminante di Marx non è solo coerente ed unitaria, ma che è anche una chiara sfida a tutto l'insieme del marxismo che cerca ancora oggi di dominare la discussione del cambiamento sociale, ed è una sfida anche nei confronti di tutto il vero pensiero rivoluzionario, a tutto il pensiero centrato sulla riconciliazione dell'umanità e sul pianeta in cui "viviamo". In questa sfida risiede la grande importanza di questi testi. Attraverso un ravvicinato, sguardo critico indietro all'ascesa e alla caduta delle antiche comunità precapitaliste, i Quaderni Antropologici di Marx e gli altri suoi ultimi scritti guardo anche avanti verso i più promettenti movimenti rivoluzionari di oggi nel Terzo Mondo, e nel Quarto, e nel nostro.
Raya Dunayevskaya, cui "dobbiamo il meglio di quello che è stato scritto nei Quaderni, ha giustamente sottolineato che «non c'è modo per noi di sapere che cosa intendeva fare Marx del suo studio intensivo». Non c'è bisogno di essere un profeta tesserato per sapere in anticipo che questo lavoro sottosviluppato sulle società sottosviluppate verrà sviluppato in molti modi differenti nei prossimi anni.

Ma c'è qualcosa su cui pensare, stanotte e domani: Con la sua nuova radicale attenzione sui popoli primitivi del mondo; la sua accresciuta critica della civiltà e dei suoi valori e delle sue istituzioni; la sua nuova enfasi sul fattore soggettivo nella rivoluzione; la sua sempre più profonda ostilità nei confronti della religione e dello Stato; la sua inequivocabile affermazione del pluralismo rivoluzionario; il suo crescente senso di una profondità senza precedenti l'intendere la rivoluzione comunista come una rivoluzione totale, che eccede di gran lunga le categorie dell'economia e della politica; il suo porre audacemente questioni talmente fondamentali quali la relazione fra Uomo e Donna, fra Umanità e Natura, fra Immaginazione e Cultura, fra Mito e Rituale e fra tutte le "passioni e Poteri della mente". L'ultimo Marx è nettamente in opposizione a, e incomparabilmente più radicale di, quasi tutto ciò che noi oggi conosciamo come marxismo. Allo stesso tempo - e chiunque comprenda Blake e Lautremont e Thelonius Monk sa che non si tratta di una mera coincidenza - la sintesi culminante di Marx è assai vicina al punto di partenza del surrealismo, "il comunismo del genio".

- Franklin Rosemont -

fonte: Libcom

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