martedì 6 settembre 2016

Antipolitica

Jappe

Anselm Jappe: "Gli strati più reazionari del Brasile hanno riconquistato il loro vecchio potere"
- Intervista ad Anselm Jappe  - 19 agosto 2016 -

L'attuale crisi politica in Brasile è un sintomo dell'impossibilità di lottare contro il capitalismo usando i suoi stessi mezzi.
Per Jappe, il quadro attuale "appare effettivamente come un golpe che riporta ai tempi bui", ma è allo stesso tempo il modo migliore per poter tornare ad una vera e propria "antipolitica" - termine che, lungi dal significare la rinuncia ad un'azione pubblica e collettiva, descrive l'atto del superamento di tutto quello che attualmente chiamiamo "politica" attraverso il rifiuto della logica economica che essa comporta.
Questa intervista, si inserisce in una serie di interviste da parte del  Movimento Democrático 18 de Março (MD18) [*1] ad intellettuali di sinistra.

MD18: Lei ha visitato il Brasile per la prima volta alla fine degli anni 1990 ed è tornato più volte, l'ultima dopo le manifestazioni avvenute nel giugno del 2013. Quali sono i cambiamenti che ha notato durante questo periodo?

Anselm Jappe: Ho visitato il Brasile per la prima volta nel 1999 e poi sono tornato quasi tutti gli anni per partecipare a delle conferenze in ambito accademico, ed ho anche avuto la possibilità di osservare altri ambiti della società. Nei primi anni, ho notato una forte "xenofilia" da parte degli intellettuali brasiliani: buona parte dei professori brasiliani aveva studiato all'estero, e il fatto di avere svolto un dottorato a Parigi o a Londra era una garanzia quasi sicura per ottenere, in seguito, un incarico accademico in Brasile - soprattutto dopo la fine della dittatura. In maniera analoga, intellettuali europei, anche se non erano molto conosciuti nei propri paesi, venivano ricevuti in Brasile con molto rispetto, e a volte diventevano perfino delle star. Era facile che i visitatori stranieri venissero invitati ad insegnare in condizioni assai favorevoli. Così, perfino sul piano intellettuale, predominava l'impressione di trovarsi in un paese "semi-periferico".

Qualche anno dopo, tutto questo è cambiato. Le importazioni venivano sostituite da prodotti locali. Le principali università brasiliane cominciarono a produrre un gran numero di laureati, di buona qualità, che andavano poi ad occupare le cattedre delle università in rapida espansione nel paese. Si avvertiva il fatto che università come quelle di  São Paulo ou de Porto Alegre si proponevano di competere con Harvard o con la Sorbona, volevano giocare con i grandi. Ogni anno, arrivavano sempre più studenti brasiliani in Europa. Parigi ne era piena. Era come se ogni studente brasiliano che voleva una borsa di studio per l'estero ne ricevesse una. In Europa, al contrario, le università erano in crisi. Qui si parlava solo di tagli ai bilanci e ai posti di lavoro, e per i giovani laureati trovare lavoro era diventato quasi impossibile. Vedevo molti universitari europei venire in Brasile in cerca di lavoro, perfino in luoghi distanti dai grandi centri. Inoltre, sembrava che non mancassero i solfi per organizzare convegni e per invitare relatori. Ricordo che una volta, nel 2010, confrontando la situazione delle università brasiliane ed europee, ho avuto la sensazione di essere io a provenire dal terzo mondo!

MD18: Ma tutto questo non è durato a lungo...

Anselm Jappe: Già, il miracolo svanì altrettanto rapidamente di come era apparso. La situazione attuale in molte università brasiliane è disastrosa - mi hanno detto che ai professori viene impartita la disposizione di non accendere le luci! Il numero di borsisti brasiliani in Europa sembra che sia crollato in maniera altrettanto veloce del numero di conferenze, ed il flusso della migrazione si è nuovamente invertito. Sebbene queste osservazioni si riferiscono solamente al microcosmo universitario, ritengo che  riflettano una realtà assai più ampia. L'ambizione di uscire dal "sottosviluppo", la convinzione, dopo diversi anni di crescita, di aver definitivamente voltato pagina e di essere ora "un paese come gli altri", cioè, come gli Stati Uniti o l'Europa; e poi la delusione amara, che è una della cause dell'attuale crisi politica.

MD18: La "critica del valore", la corrente critica nella quale si collocano i suoi scritti, sostiene che il capitalismo è entrato in una fase irreversibile di crisi, a causa di una contraddizione strutturale. Il Brasile è un paese in cui questa corrente critica ha destato molto interesse fin dagli anni 1990. Le vicissitudini da lei descritte hanno influenzato il modo in cui la critica del valore è stata recepita nel paese?

Anselm Jappe: Sì, possiamo seguire quest'evoluzione anche attraverso la ricezione della critica del valore e del suo autore più noto, il tedesco Robert Kurz. Kurz ha raggiunto una vasta platea in Brasile nel decennio 1990, dopo che è stato tradotto "Il collasso della modernizzazione", nel 1991. Questo libro annunciava che il capitalismo mondiale, nonostante l'atmosfera di trionfo prevalente in Occidente dopo la caduta dell'Unione Sovietica, sarebbe inevitabilmente collassato. Mentre in Brasile riapparivano nuove catastrofi economiche (ad esempio, il ritorno dell'iper-inflazione che si è ripetuta più volte), la teoria della crisi di Kurz continuava ad essere abbastanza discussa. Attraverso la sua rubrica sulla "Folha de São Paulo", Kurz è diventato un opinion leader in Brasile. Mi diceva che, ogni volta che in Brasile c'era una cattiva notizia economica, il suo telefono cominciava a squillare e lo chiamavano per intervistarlo. Ma, con l'euforia collettiva che aveva cominciato a diffondersi negli anni di Lula, nessuno voleva più sentir parlare di crisi. Anche i gruppi di ricerca che in Brasile si ispiravano alla critica del valore, si riferivano solo ad alcuni dei suoi aspetti. Dicevano che, in quel contesto, era impossibile parlare di una crisi del capitalismo in Brasile senza che ridessero loro in faccia. La "Fohla" chiuse la rubrica di Kurz.

Il fatto che il Brasile sembrava fosse stato risparmiato dalla crisi mondiale del 2008, parve rafforzare ancora di più l'impressione secondo la quale il capitalismo era in crisi soltanto nei suoi vecchi centri e che aveva semplicemente passato il testimone all'ex periferia: i famosi paesi BRICS. Così, il senso di nuova ricchezza si accompagnava alla soddisfazione per una sorta di vendetta storica che finalmente permetteva al Brasile di far parte del club delle potenze. Il paese rivendicava quindi un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU, si proponeva come mediatore fra i paesi in conflitto negli altri continenti ed investiva massicciamente fuori dai propri confini. Finalmente, il Brasile non era più il "parente povero".

Inoltre, quelli che approvavano il governo del Partito dei Lavoratori potevano sottolineare come non fossero soltanto gli indicatori economici a crescere, ma che c'era anche un'evoluzione verso una maggiore uguaglianza sociale e più servizi di base, più rispetto delle minoranze e uno spirito meno colonialista. Perciò, anche in questo senso, il Brasile era diventato "moderno" e si era integrato nel mondo globalizzato. Infatti, non vedevo già più, lungo la strada che dall'aeroporto di Guarulhos porta a São Paulo, le favelas particolarmente miserabili che avevo visto nel 1999 - chissà dov'erano state dislocate... In ogni caso, ora sappiamo che è bastato poco per porre fine a questa favola.

MD18: Cos'era successo?

Anselm Jappe: Il paese era stato raggiunto dalla crisi mondiale, con in più, come bonus, una crisi politica domestica. Non serve ricordare qui i dettagli. Ci sono, soprattutto, due domande che vanno poste: il motivo per cui il Brasile era caduto così rapidamente, era il risultato di cattive politiche che avrebbero potuto essere evitate, oppure è stata la conseguenza inevitabile della logica ferrea del capitalismo mondiale? E perché i gruppi dominanti nel paese - il grande capitale, la finanza, i latifondisti, i grandi media - si sono accaniti in maniera ostinata contro il governi di Dilma, nonostante gli anni di prosperità che a partire dal 2002 il governo del Partito dei Lavoratori aveva assicurato loro ? Quali ragioni avrebbe il Capitale per disapprovare il Partito dei Lavoratori (e non i suoi elettori popolari delusi)?

MD18: Lei dice che il Brasile ha avuto una "ricaduta". Crede che ciò che sta accadendo possa essere descritto come un regresso?

Anselm Jappe: "Ricaduta", "regresso", sì, è il caso di utilizzare questi termini. Sul piano economico, in primo luogo. L'attuale situazione dimostra che il Brasile non si era mail liberato dal peccato capitale delle economie "arretrate": la dipendenza dalla esportazioni di materie prime. Al contrario, la loro incidenza sull'economia nazionali a partire dal 2000 è quasi raddoppiata. Rispetto a prima, l'economia brasiliana continua ad essere altrettanto fragile e dipendente, cosa che, nel momento in cui l'economia mondiale è peggiorata, ha portato ad un rapido ritorno dell'inflazione e della povertà. Gli osservatori più seri sono unanimi nella loro diagnosi: era essenzialmente la vorace domanda della Cina, in termine di materie prime, che stimolava l'economia brasiliana, e l'economia cinese dipendeva, a sua volta, dalla capacità dei paesi occidentali di assorbirne i prodotti manufatturieri. Nel momento in cui questo instabile schema mondiale - che si basava solo sul credito - ha cominciato a vacillare, il miracolo economico brasiliano era già arrivato alla fine. Anche internamente, funzionava solo sulla base del credito. Il credito al consumo ed il credito immobiliare creavano una sensazione di enorme espansione delle classi medie e generavano consenso sociale. mentre che lo Stato faceva massicci investimenti, anch'essi finanziati a credito. La famosa inclusione di milioni di persone povere, non era il frutto di una qualche redistribuzione reale, ma solo un sottoprodotto - un "derivato" - della bolla speculativa globale. Il Partito dei Lavoratori aveva annunciato che avrebbe dovuto far crescere la torta per poterla distribuire a tutti; ma, in fin dei conti, la torta era solo stata gonfiata per mezzo di fermenti artificiali... Insomma, il boom economico non aveva una base solida in termini capitalistici, ma era assolutamente il risultato di fattori esterni e incontrollabili.

MD18: Quindi ritiene che questa nuova caduta fosse prevedibile?

Anselm Jappe: Sì, questa caduta era prevedibile in quanto l'economia globale, nell'era neoliberista, non è più basata sulla sola fonte reale di "redditività" in senso capitalista: cioè, la trasformazione di lavoro vivo in valore e la sua costante accumulazione. Dal momento che la sostituzione del lavoro vivo con la tecnologia - che non crea valore economico - ha superato un determinato livello, più o meno del decennio 1970, l'economia mondiale ha solo simulato la crescita economica, attraverso un utilizzo sempre più massiccio del credito e di tutte le forme di capitale fittizio (borsa, titoli immobiliari, ecc.). La crisi del 2008 è stato solo l'inizio del collasso dei valori irreali creati dalla finanza e, da allora, non è stato fatto niente per rilanciare l'economia globale in maniera sostenibile - solo prestiti e ancora più prestiti.

Inoltre, era anche prevedibile che il dislocamento dell'accumulazione globale dai centri - ritenuti vecchi e stanchi - verso la periferia - immaginata come giovane e piena di energia - non si verificasse. Il capitalismo non è una ricetta che, se correttamente applicata, dà gli stessi risultati in tutti i luoghi. Fin dall'inizio si è basato sul carattere non-contemporaneo delle diverse economie e su una divisione dei compiti, a tutto beneficio dei paesi che avevano un livello maggiore di produttività. Sono sempre gli stessi paesi che, inevitabilmente, hanno mantenuto i loro vantaggi iniziali, cosa che risale al 19° secolo. La globalizzazione, a partire dal decennio del 1970, ha distrutto le ultime possibilità di stabilire economie nazionali o regionali, sia in Unione Sovietica, sia come parte di uno "sviluppismo". A partire da questo, l'unica integrazione possibile nel mercato mondiale avviene per mezzo delle esportazioni - il Brasile e la Russia lo hanno fatto con le materie prime; la Cina, con prodotti manifatturieri che gli statunitensi acquistavano quasi gratuitamente, grazie alla funzione del dollaro in quanto moneta mondiale. In questo sistema, c'è sempre un paese "arretrato" che deve vendere a buon mercato ai paesi più produttivi le sue risorse o il suo lavoro. Ovviamente, si può combattere questa disuguaglianza globale, ma tuttavia si deve combattere contro il sistema capitalista in quanto tale. Quando si accetta il capitalismo come orizzonte insormontabile, si accetta anche, che ci piaccia o meno, il fatto che ci sono vincitori e vinti. Le politiche più o meno appropriate dei diversi governi possono cambiare solo dei dettagli - lo vediamo ogni giorno.

MD18: In altre parole, possiamo dire che assistiamo ancora una volta al fallimento di quello che Kurz chiamava la "modernizzazione ritardata"?

Anselm Jappe: Esattamente. Se possiamo applicare il concetto di "regresso", è anche in questo altro senso: il fallimento della "modernizzazione ritardataria" ha mostrato che la modernizzazione della società brasiliana in sé è stata sotto molti aspetti una riverniciatura superficiale. Una volta che il quadro economico è peggiorato e che non c'era più abbondanza da poter distribuire ai ricchi ed ai poveri, i vecchi demoni, che in realtà non dormivano, alla fine si sono risvegliati. Nonostante tutti i regali che hanno favorito la borghesia, questa non ha mai amato la politica del Partito dei Lavoratori. Da un punto di vista puramente economico e pratico, questo può sembrare odio irrazionale, o quanto meno ingratitudine. Ma la soddisfazione sociale del soggetto capitalista non si misura solo dai prodotti che consuma, ma anche per come si distingue relativamente agli altri soggetti. E tali questioni di status sono ancora più importanti laddove persistono i resti di una mentalità pre-moderna e colonialista. Si dice che la "Bolsa Familia" [programma di welfare realizzato dal Governo del Brasile] non sia piaciuta ai piccolo borghesi perché aveva reso più difficile trovare dei lavoratori domestici. La loro presenza, perfino nelle famiglie della piccola borghesia, è una caratteristica della vita brasiliana che ha un grande impatto sui visitatori stranieri. La perdita di un tale status simbolico è stata certamente angosciante per molte persone. Analogamente, studiare nelle università o viaggiare all'estero ha smesso di essere il segno di appartenenza ad una élite.

MD18: Come ha detto qualcuno, "gli aeroporti sono diventati strade"...

Anselm Jappe: Sì, è vero. E perché i vecchi borghesi sospiravano in quel modo? Non avevano perso niente dei loro beni materiali, ma ora difficilmente avrebbero potuto provare il piacere abietto di vedere il lustrascarpe prono ai loro piedi. Vediamo che le questioni di identità possono contare quanto le questioni materiali. In tutto il mondo, la crisi ha fatto riemergere i peggiori riflessi del passato, in particolare il razzismo, l'antisemitismo ed il disprezzo per i poveri. E in Brasile, sono riemersi i comportamenti ereditati da una società schiavistica. A scandalizzare non è il costo - abbastanza moderato - della "Bolsa Familia", bensì l'idea secondo la quale i poveri possono avere dei diritti.

MD18: Ma che relazione possiamo stabilire fra la persistenza della mentalità superata e lo scenario politico attuale?

Anselm Jappe: Ritroviamo questa persistenza del passato anche nella facilità con cui in alcuni paesi i "poteri forti" invertono il gioco "democratico" quando il gioco non conviene loro. È chiaro che, in nessun posto al mondo, i dominanti accettano le regole "democratiche" stabilite prima da loro stessi. Ma, nel caso brasiliano, la brama di potere assume effettivamente l'aria di un golpe che fa riemergere i tempi bui. Ovviamente, non dobbiamo dispiacerci per il Partito dei Lavoratori: esso è inciampato nel proprio tappeto, è stato vittima del suo stesso gioco, tradito da alleati che esso stesso aveva portato al potere ed aveva installato in posti da dove hanno potuto fare il golpe. Ma questa considerazione non cambia il fatto che gli strati più reazionari del paese hanno riconquistato il loro vecchio potere. La composizione del governo Temer è una conferma caricaturale. Dal punto di vista della pura logica del capitale e del denaro, un bianco ed un nero, una donna e un uomo, un gay ed un padre di famiglia, un evangelico ed un ateo, un discendente dei colonizzatori ed un discendente degli schiavi sono uguali - ma la stessa logica mantiene ancora un lato oscuro irrazionale secondo il quale queste persone non si equivalgono, in alcun modo.

Tuttavia, la caduta di Dilma non è stata solo il risultato di una cospirazione avvenuta nei corridoi di un Parlamento di corrotti. È stata preceduta da enormi manifestazioni che chiedevano l'impeachment, molto più grandi e molto più continue di quelle che c'erano state nel 2013. Uno dei fattori che hanno fatto precipitare la situazione del Partito dei Lavoratori, insieme allo strato sociale che fino ad allora aveva beneficiato delle sue politiche, è stato il fenomeno che alla fine del 20° secolo era già stato osservato dal sociologo francese Emile Durkheim, quando cercava di comprendere perché, paradossalmente, il tasso di suicidio aumentava durante i periodi di prosperità: le aspettative crescono più rapidamente di quanto crescano le possibilità reali, causando una delusione ancora maggiore. Avevano promesso alle nuove classi medie, create dalle politiche del Partito dei Lavoratori, che avrebbero vissuto come nei paesi più "sviluppati"; di conseguenza, avevano considerato ben presto intollerabili situazioni che fino a prima avevano considerato come "progresso". Non intendo fare un discorso culturalista sulla "eterna mentalità" della gente. Al contrario, il mio è un discorso sull'impossibilità a lottare contro il capitalismo usando i suoi stessi mezzi. Esso non permetterà mai che il Brasile abbia un posto migliore nel mercato mondiale, né che i poveri conquistino un loro posto nella società brasiliana.

MD18: In mezzo a tali prospettive desolanti, che possibilità di resistenza possiamo intravvedere?

Anselm Jappe: Prima del governo del Partito dei Lavoratori, sono esistiti dei forti movimenti sociali. Ci sono state le manifestazioni - un po' misteriose - del 2013. Ci sono tutti i migliori motivi per riprendere un'antipolitica. Ma bisogna assolutamente che questa si separi da qualsiasi riferimento ai partiti, non importa quali, allo Stato e allo "sviluppo". Essa non deve ridistribuire la falsa ricchezza capitalista, il denaro, ma deve lottare per l'accesso di tutti alle ricchezze concrete.

MD18: Ci potrebbe spiegare meglio cosa intende per "antipolitica"?

Anselm Jappe: L'antipolitica non ha niente a che vedere con la rinuncia all'azione pubblica e collettiva. Al contrario, è una forma di agire che si rende conto che nella società di mercato non ci può essere una sfera politica autonoma, luogo di una decisione sovrana e cosciente, che possa essere capace di dettare legge ad una sfera separata di economia e di mercato. Mentre il valore, il denaro ed il lavoro costituiscono la sintesi sociale, sono come un a priori, un filtro incosciente che si interpone fra tutte le decisioni dei soggetti ed il mondo nel quale vogliamo agire. Questo può essere visto nella famosa questione della "sostenibilità finanziaria": in una società di mercato, non ci chiediamo se la soluzione proposta sia appropriata o meno, ma se possiamo "finanziarla". Qualsiasi politica che attui nel campo presupposto ed indiscusso del denaro e del lavoro ha già perso in anticipo la partita, e può solo rendersi esecutrice della logica economica. È per questo che tutti i governanti del mondo, anche quelli che all'inizio possono anche essere "onesti" o "di sinistra", finiscono per applicare ricette neoliberiste. Bisogna rompere con la logica economica stessa, il che significa una sorta di rivoluzione antropologica che vada oltre ciò che attualmente chiamiamo politica. Non si tratta, però, di una prospettiva utopica o irrealista. Considerando il disastro in tutte le aree (ed in particolare nell'area ambientale) cui ci ha condotto la logica economica, l'unica via "realista" è quella di tentare delle esperienze di vita sociale al di là dell'economia e del mercato. Pur in mezzo a migliaia di incertezze, è questo lo spirito che sembra animare una parte dei movimenti sociali in America Latina, che siano i zapatisti in Messico, i movimenti indigeni o i movimenti di appropriazione delle terre, delle fabbriche, dei servizi. Ritengo che sia molto più promettente che continuare a fare affidamento sui partiti, sugli Stati, sulle elezioni...


NOTE:

[*1] - Il  Movimento Democrático 18 de Março (MD18) nasce dalla lotta contro il colpo di Stato in Brasile. Con sede a Parigi, e con una massiccia partecipazione di ricercatori, professori universitari, artisti e militanti dei movimenti sociali, il movimento si propone di ampliare la riflessione circa le possibilità della sinistra nell'attuale congiuntura di crisi.

fonte: Blog da Boitempo

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