lunedì 27 giugno 2016

Brexit: l'eccezione e la regola

ttip

Il continente è isolato: l'euro affonda

Come dicono gli inglesi, "c'è nebbia sul canale della Manica, il continente è isolato".

In questo caso non potrà essere che un bene, d'altronde è stato chiaro fin dalla sua prima candidatura che il Regno Unito entrava nel Mercato Comune solo per poterlo meglio sabotare dall'interno, cominciando a farsi pregare ed esigendo (ed ottenendo) delle condizioni esorbitanti, come la famosa regola di bilancio secondo la quale avrebbe sempre recuperato, sotto forma di fondi strutturali o sovvenzioni, almeno l'equivalente del suo contributo al budget comunitario. Il Regno Unito, paese industriale il cui principale prodotto di esportazione agricola è stato di distaccare a Bruxelles un commissario europeo all'agricoltura aperto a tutte le concessioni da parte dell'Unione Europea (vale a dire concessioni francesi ed italiane) nei confronti degli Stati Uniti e dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, riuscendo così ad abbattere l'agricoltura francese ed italiana; situazione che l'ammissione della Romania e della Bulgaria, prima, e poi le ostilità contro la Russia, ultimamente, non hanno fatto altro che aggravare.

Non ci si impietosirà quindi più di tanto per la sorte delle regioni periferiche tradizionalmente povere del Regno Unito (Irlanda e Scozia) le quali, nonostante il sostegno della coalizione londinese della Borsa e dell'Islam, hanno visto allontanarsi le loro sovvenzioni franco-italiane. Da parte sua l'Inghilterra, al di fuori quindi della City dorata e delle sue verdi periferie, ha voluto riprendersi la sovranità, soprattutto perché gli Inglesi (neanche loro) non si sentono più a casa quando visitano la propria capitale, rappresentata da un nuovo sindaco che, simbolicamente, rassomiglia ad un conduttore di elefanti del ministero della difesa del Canadesh. Ciascuno per parte loro, il kebab non poteva scegliere che il multiculturalismo, e la bombetta non poteva scegliere altro che la redditività dell'eccezione britannica.

Perché quest'eccezione è molto redditizia. La svalutazione artificiale speculativa, del 20%, delle monete europee continentali, durante l'anno successivo alla loro fusione nell'euro, si era tradotta in una rivalutazione (relativa) della sterlina. Mentre il prodotto interno lordo della Francia, realizzato in franchi (ormai un sottomultiplo dell'euro), e il prodotto interno lordo del Regno Unito, realizzato in sterline, non erano affatto cambiati, il deprezzamento improvviso dell'euro e la corrispondente rivalutazione della sterlina hanno fatto passare il PIL (espresso in dollari) del Regno Unito davanti a quello (espresso in dollari) della Francia, retrocessa così al rango di quinta potenza economica mondiale, mentre la sua perfida rivale passava al quarto posto. Bastava questo alla stampa finanziaria inglese per stampare a titoli cubitali il passo avanti del Regno Unito, magnificando la salute e la competitività della sua economia (rimasta del tutto invariata) al fine di attirare i grandi capitali apolidi che in ogni caso rifuggivano le piazze finanziarie europee minate dalla speculazione contro la moneta "comune" di nessuno. In questo senso la sterlina è stata una beneficiaria collaterale della strategia statunitense (la fusione dei mercati e delle monete d'Europa). Si può anche dire che si sia vendicata sui suoi vicini per la grande svalutazione subita nei confronti del marco e del franco in occasione della sua sconfitta nel 1992 per mano di Soros, soprannominato "l'uomo che gettò sul lastrico la banca d'Inghilterra", nel momento in cui questi fece saltare soprattutto il Sistema Monetario Europeo; una missione sicuramente retribuita dai suoi sponsor della JP Morgan, della Chase Manhattan  e della Bank of America (o dal loro governo) ed il cui miliardo e mezzo di dollari di benefici apparenti (a scapito del Regno Unito) del suo fondo Quantum, come riportato dalla stampa, non era altro che un vantaggio accessorio e non il motivo principale. Il governo inglese aveva da parte sua certamente compreso che quest'obiettivo statunitense era la sola ragione per cui era stata spinta ad accettare, più di due anni dopo, che la sterlina (allora assai più instabile della lira) entrasse nello SME quando, dopo un decennio di disastri economici, e in un contesto d'inflazione doppio di quello della Francia, e triplo rispetto a quello della Germania, questo non poteva portare ad altro se non ad una seria sopravvalutazione della sterlina. Gli strateghi statunitensi sapevano bene che gli esecutivi dei paesi europei lavoravano contro i loro rispettivi paesi, e sapevano anche che già all'epoca rispondevano a tutti i fallimenti comunitari con un ancora più frenetica integrazione. Spingendo il Regno Unito verso il continente, il loro obiettivo era forse proprio quello di far esplodere due anni più tardi il Sistema Monetario Europeo, al fine di spingere i paesi europei verso una moneta unica, ancora più facile da manipolare, come il futuro avrebbe inequivocabilmente dimostrato.

E come il presente continua a confermare. Eppure sono più di quindici anni, dopo la creazione della chimera monetaria, che si continua sistematicamente a reagire agli scossoni economici d'oltreoceano e ad ignorare gli indicatori europei: la pubblicazione di un tasso d'inflazione o di disoccupazione riguardante l'Europa non ha alcun effetto sull'euro, mentre la pubblicazione di un tasso d'inflazione o di disoccupazione degli Stati Uniti d'America lo fa sempre scendere o salire, facendogli giocare perfettamente il ruolo per il quale l'euro è stato creato: quello di contrappeso alternativo su cui si piazzano i fondi quando ci si aspetta una svalutazione del dollaro e da cui ci si ritira quando si pensa che ci si possa aspettare che il dollaro salga. L'euro, certamente su una scala assai minore rispetto al dollaro, conferma anche il fatto che la speculazione finanziaria e monetaria si appoggia assai più sulla psicologia che sull'aritmetica, e la manipolazione è tanto più facile quando gli attori coinvolti sono ignari.

Un frequentatore del Bar del Commercio potrebbe pensare che la sterlina e l'euro evolvano indipendentemente, dal momento che sono le monete di spazi monetari distinti, e che tale indipendenza potrebbe perfino essere rafforzata dall'uscita del Regno Unito dal Mercato Comune. Un economista che sa che la sterlina non ha alcuna vocazione a fondersi nell'euro, potrebbe credere che la fine del regime di eccezione (soprattutto del bilancio) ed il rafforzamento dell'equilibrio fra la geografia economica e quella monetaria, attraverso l'eliminazione di una moneta ed attraverso il rafforzamento della prevalenza dell'euro nell'Unione Europea, giocherebbe a favore quanto meno dell'euro, forse anche della sterlina. Un politologo potrebbe immaginare che l'uscita di un guastafeste sistematico ed il consolidamento del processo di indecisione comunitario giovi di default alla politica economica dell'Unione Europea ed alla sua moneta, e che il ristabilimento della politica economica sovrana del Regno Unito giovi alla sua propria moneta. Uno speculatore interessato ad un'alternativa finanziaria e borsistica fuori dallo spazio regolamentato dalla banca federale statunitense e dalla banca centrale europea (e più solida di quella di Shangai) accoglierebbe con favore la rinascita della City, nel preciso momento in cui essa va a perdere il suo ruolo mondiale di fissaggio del prezzo dei metalli preziosi. Niente affatto! Avrebbero tutti torto. I padroni dei grandi mercati di speculazioni sulle valute hanno affondato, un venerdì, sia l'euro che la sterlina, ed hanno puntato tutto sul dollaro. Lo scioglimento, in Borsa, delle azioni (quindi dei capitali propri) delle banche europee ai due lati della Manica avvicinano l'inevitabile cataclisma finanziario, e fanno sì che si possa incolpare la Deutsche Bank (punita per aver denunciato la manipolazione del prezzo dell'oro), la cui bancarotta ormai imminente farà sembrare quella di Lehman Brothers del 2008 come un aneddoto minore.

I grandi speculatori capitalisti apolidi avevano annunciato che in caso del ristabilirsi della piena sovranità del Regno Unito, avrebbero ritirato i loro soldi da Londra, dove li avevano tuttavia piazzati a causa dell'indipendenza economica del paese, del suo codice di commercio assai compiacente, del suo accoglimento di fondi in gestione non residente (offshore), della sua resistenza ai diktat di Bruxelles, ed anche grazie alla possibilità di piazzarli o di convertirli in un'altra valuta diversa dal dollaro o dall'euro. Non è affatto detto che mettano in atto la loro minaccia agendo contro i loro stessi interessi, ora che la cosa è decisa, dal momento che forse cercano solo di intimidire ed influenzare l'elettorato britannico su ingiunzione degli Stati Uniti, che non hanno esitato da parte loro a minacciare apertamente il Regno Unito di sanzioni economiche in caso di uscita dall'Unione Europea, e che questo lunedì invieranno a Bruxelles (e certamente, di passaggio, anche a Londra) il loro ministro degli affari con l'estero, per comunicare le loro istruzioni ai capi di Stato e di governo europei, apparentemente poco imbarazzati dal fatto di essere convocati, collettivamente ed individualmente, da un semplice ministro, per di più inviato da un paese non membro dell'Unione Europea, al quale consacreranno un bel po' di energie e di riunioni di crisi a partire da venerdì.

Tutto questo significa che gli Stati Uniti la sfida non è economica, bensì politica. Ora, i due inconvenienti principali derivanti per loro dal ripristino della sovranità britannica sono innanzitutto legati al fatto che devono imporre il TTIP (Trattato Transatlantico) ad un decisore politico in più, ed al fatto che altri popoli rischiano, successivamente, di seguire quest'esempio, cosa che porterebbe ad introdurre altrettanti ulteriori negoziatori.
Per quel che si conosce riguardo la vera posta di questo Trattato, verosimilmente ignorato dalla quasi totalità dei commissari europei incaricati della sua preparazione segreta, si può capire come gli Stati Uniti faranno tutto ciò che è in loro potere per mantenere l'unicità del decisore dal lato europeo, e per preservare l'unità dell'Unione Europea (nel mentre che dappertutto altrove seminano il caos) e per assicurare la sopravvivenza dell'euro.

- Delenda Carthago - Pubblicato il 26 giugno 2016 su Stratediplo -

fonte: Stratediplo

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