mercoledì 25 maggio 2016

Reato di nazione

middleton

Tutti crediamo di sapere cos’è una nazione, in realtà non esistono caratteristiche uniche in grado di identificarne la specificità. Il concetto è antico, ma anche scivoloso. Quanti di noi sanno che ci sono decine di territori privi di un riconoscimento diplomatico? Nick Middleton ci guida con pazienza alla scoperta di 50 di questi paesi, dove possiamo andare, che occupano un spazio sulle mappe geografiche, ma che non ritroveremo in una cartina politica, perché nati e vissuti in un giorno, occupati da leader visionari o ignorati dalle diplomazie mondiali. Non un esercizio di stile, ma una riflessione necessaria sull’ambiguo concetto di nazione.

(dal risvolto di copertina di: Nick Middleton: Atlante dei Paesi che non esistono. Alla scoperta di 50 nazioni che non hanno confini, Rizzoli, pp. 234, euro 24,90)

middleton libro

Come esplorare 50 nazioni prive di confini
di Miska Ruggeri

Ha un nome (Moskitia), un territorio rivendicato (59.600 km quadrati), una popolazione (150mila abitanti), una capitale (Puerto Cabezas), una bandiera. Eppure, questa regione costiera caraibica - la più povera e meno sviluppata del Centroamerica - che vorrebbe recuperare l’autonomia dal Nicaragua persa nel 1894, tanto da aver dichiarato l’indipendenza il 18 aprile 2009 per bocca del consiglio degli anziani e del Giudice Supremo Hector Williams, non esiste. Non ha riconoscimento diplomatico né seggio all’Onu. Come tutti gli altri luoghi descritti da Nick Middleton, professore di geografia a Oxford e autore del bestseller Going to Extremes diventato anche una serie tv su Channel 4, nel suo Atlante dei Paesi che non esistono. Alla scoperta di 50 nazioni che non hanno confini. 
Il mondo, infatti, anche per quanto riguarda la cartina politica, è quanto mai mutevole. I Paesi muoiono (l’Urss, la Jugoslavia, la Cecoslovacchia...) e nascono (Montenegro, Timor Est, Sud Sudan...) di continuo, i confini crollano (la Germania unita) e si fanno largo comunità sovranazionali (l’Unione europea, per esempio). Ma gli aspiranti stati-nazione restano parecchi. Middleton, piuttosto sensibile ai desideri indipendentisti, al punto da aver valutato la possibilità di includere l’ISIS (ma non la Padania; per l’Italia c’è Seborga), ne ha scelti alcuni, tra stati de facto come Taiwan e Somaliland, regioni parzialmente autonome di stati più grandi (Tibet, Cabinda, Groenlandia...), schegge dell’ex Unione Sovietica oggi sostenute dalla Russia (Transnistria o Abcasia), micronazioni come Pontinha (accanto al porto di Funchal a Madeira), isole che preferiscono restare colonie (Mayotte).
Tralasciando i casi più noti, dalla Catalogna all’esperimento anarchico-hippy di Christiania nel cuore di Copenaghen e alle lotte del popolo Sahrawi contro il Marocco, concentriamoci su quelli più curiosi. Nel 1992 morì in esilio, in un paesino turco, l’88enne Tevik Esenç, l’ultimo uomo a parlare la lingua ubykh, dotata di 82 consonanti e appena tre vocali. Gli ubykh, come varie altre tribù, abitavano la Circassia, sulle rive del Mar Nero a nord di Sochi, ma furono sterminati o espulsi nel 1864. Molto più felice la storia dell’Isola di Man, dipendenza autonoma della Corona britannica che non fa parte né del Regno Unito né dell’Ue. Qui il parlamento locale, il Tynwald, «campo delle assemblee» in norreno, governa l’isola dalla fine dell’VIII secolo e un felice sistema fiscale sostiene una fiorente industria di servizi finanziari globali. Inoltre, dal 1881 le donne (se dotate di proprietà) possono votare e dal 2006 anche i sedicenni.
In Africa c’è il Barotseland, regno mobile lungo il fiume Zambesi all’interno dello Zambia, finché nel 2011 la casa reale non si è stufata delle promesse non mantenute da Lusaka, proclamando una scissione pacifica considerata come un tradimento.
All’interno di Israele, lungo l’autostrada costiera n.4 che porta in Libano, troviamo Akhzivland, stato composto da alcune capanne abusive e da un solo uomo, Eli Avivi, incriminato nel 1971 per aver «fondato una nazione senza autorizzazione». Simile la storia delle Isole Cocos, arcipelago dell’Oceano Indiano governato dai discendenti del capitano scozzese John Clunies-Ross dal 1886 al 6 aprile 1984, quando gli isolani malesi, che fino ad allora potevano guadagnarsi da vivere solo lavorando le noci di cocco per la famiglia Clunies-Ross e se se ne andavano non potevano più tornare, parteciparono a un referendum per chiedere la completa annessione all’Australia. 
Qui gli aborigeni di Murrawarri diedero quattro settimane di tempo alla regina Elisabetta II, in mancanza di un trattato o di una guerra vinta, per mostrare i titoli in base ai quali li governava. Passata la scadenza senza aver ricevuto risposte, il 30 marzo 2013 si dichiararono nazione indipendente.

- Miska Ruggeri - Pubblicato su LiberoPensiero il 26 novembre 2015 -

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