martedì 15 marzo 2016

L’opzione di Cipriano Mera

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Il SERE (Servicio de Evacuación de Refugiados Españoles o Servicio de Emigración de los Republicanos Españoles) era, presumibilmente, un'organizzazione non settaria di supporto che si stabilì nel febbraio del 1939, sotto l'egida del primo ministro stalinista Juan Negrín.
La ripartizione dei fondi del SERE - la cui responsabilità si erano auto-arrogati Negrin ed i suoi compari del PSOE (Partito Socialista) - venne sospesa nel luglio 1939, in base al fatto che l'organizzazione aveva "finito i soldi". In realtà, secondo molti osservato ben informati, ivi inclusi Cipriano Mera e lo storico anarchico Francisco Olaya Morales, i fondi erano stati oggetto di appropriazione indebita, amministrati e distribuiti senza alcuna adeguata supervisione, e ne avevano beneficiato, soprattutto, le alte sfere repubblicane vicine a Negrin. Cipriano Mera scrisse alla SERE la seguente lettera, chiarendo quale era stato il suo ruolo nella militarizzazione, nel Consiglio Nazionale di Difesa e nel colpo di Stato preventivo contro Negrin - informandoli esplicitamente circa cosa avrebbero potuto farci con la loro offerta di sostegno finanziario.


"Quelli come me che hanno fatto un pezzo di cammino lungo l'autostrada della vita, un percorso disseminato più di spine che di fiori; quelli come me che hanno oltrepassato il crinale della collina della vita e si trovano più vicini al tramonto che all'alba; quelli come me che hanno speso vent'anni combattendo per fare in modo che il lavoratore potesse vivere, se non bene almeno un po' meno male; quelli come me che sono stati, non spettatori ma attori nel dramma della guerra, non per costringere altri a seguire le nostre orme, ma per avere la possibilità di far sentire la nostra voce, dal momento che, nell'enorme brutalità della guerra, abbiamo lasciato pezzi della nostra dignità, addolorati per l'impossibilità di far coincidere il nostro agire con i dettami della nostra coscienza rivoluzionaria; quelli come me i cui cuori sono stati induriti nel corso della lotta dai brutali errori fatti da un numero infinito di individui - alcuni irresponsabili a causa della mancanza di comprensione che si richiede per poter fare una chiara distinzione fra il bene ed il male, ma altri hanno avuto una grande responsabilità in quanto dotati di vaste conoscenze - noi, lo dico di nuovo, siamo nel pieno diritto di parlare francamente a qualsiasi spagnolo che in un modo o nell'altro ha preso parte alla guerra contro il fascismo internazionale.

Queste righe, che dovrebbero farsi strada attraverso le tenebre fino ad arrivare alla pubblica attenzione, sono  - me ne rendo conto - indirizzate a voi, ma avrei potuto anche indirizzarle a me stesso o a qualsiasi militante; potrebbero essere state scritte per qualsiasi lavoratore, perché quando si parla di responsabilità sociale, politica, economica, sindacale, ecc., assolutamente tutti coloro che sono coinvolti nella vita pubblica, qualsiasi rango possano avere, dal più oscuro compagno fino al più elegante intellettuale, sono direttamente o indirettamente responsabili. E diciamo tutti perché alcuni, a forza di pigrizia mentale, ed altri per mancanza di comprensione dei problemi sociali ed altri ancora perché, astutamente o saggiamente, si sono affrettati ad aderire alle organizzazioni e non perdono tempo a rimuginarci sopra o si rifiutano di considerare e valutare la gravità dei problemi che abbiamo di fronte in ogni momento ed in ogni contesto. Così, sebbene queste righe possono essere indirizzate a voi, possono servire a far sapere a ciascuna e ad ogni persona chi è rimasto e chi ha abbandonato il suo posto, il posto che la storia del proletariato e dell'umanità aveva assegnato a quelli di noi spagnoli che hanno preso parte a questa guerra per contribuire a dare forma a questo storia proletaria.

Queste considerazioni introduttive, servono a dire che io, come molti altri, ero riluttante ad abbracciare la militarizzazione a causa di scrupoli di ordine sindacale e della mia coscienza specifica, ma una volta che i Comitati Nazionali si convinsero che la guerra, insieme a tutto quello che essa implicava, poteva essere contrastata soltanto per mezzo della guerra; una volta che si erano fatti persuasi che il protagonista principale in guerra è l'esercito, e che questo è costituito di moralità pubblica e privata, di disciplina ed obbedienza agli ordini, ecc., allora non solo ho accettato la militarizzazione su richiesta di numerosi compagni, ma, essendo convinto da una parte sia di quel bisogno che di quella impostazione - o, piuttosto, avendo messo tra parentesi scrupoli e principi - sono diventato un leale servitore ed esecutore degli ordini che il governo mi impartiva attraverso i miei superiori.

Non ho niente da rimproverarmi riguardo allo svolgimento dei miei doveri come militare e come uomo, né penso che ci sia qualcuno che possa avere l'ardire di dimostrare il contrario. Per riassumere: ho combattuto in piena convinzione contro il fascismo, perché ero perfettamente consapevole che stavo combattendo per conquistare la libertà per ogni e per ciascun spagnolo e perché nutrivo la speranza che la nostra libertà potesse essere un suggerimento rivoluzionario per la libertà di altri popoli.

Inoltre, non ho niente in comune con coloro i quali, travestiti da militari o rinchiusi nelle loro torri d'avorio nella retroguardia, in alcune occasioni hanno infangato il buon nome dell'Esercito Popolare o, in altre occasioni, hanno minato il morale della stessa retroguardia. Tuttavia, ho ancora rispetto per chi, indipendentemente dalle proprie convinzioni, ha difeso la propria postazione con vigore, sincerità ed onore, coniugando - in un modo che molti non possono capire - la loro situazione con i loro principi, nella misura in cui lo permette l'orrore della guerra.

Dal mio punto di vista di difensore di un ideale, di una causa, risoluto a fare del mio meglio per umanizzarne il suo impatto, chiunque, senza alcuna dissimulazione ipocrita, si batte per la causa umana della libertà per gli oppressi, merita rispetto e in ultima analisi verrà rispettato dall'umanità, se non da questa generazione, dalle generazioni a venire quando la storia del proletariato giudicherà la loro condotta, che sarà un modello per tutti gli uomini di retta coscienza. Quanto agli uomini che risolvono qualsiasi cosa con un atto di coraggio, assai spesso seguito da una sorta di beata incoscienza, tutto ciò che rimane di loro è un ricordo che non ha alcun impatto positivo.

Ora diamo un'occhiata a come coloro che hanno sempre detto di avere la missione di salvarlo, si sono comportati con il popolo spagnolo.

Giorni prima che avvenisse la rivolta del partito comunista, avevo richiesto, attraverso il colonnello Casado, un incontro con il capo del governo, il signor Negrin, al fine di evitare qualsiasi accenno di indisciplina, cosa che è sempre stata un mio desiderio. L'incontro ebbe luogo presso il mio posto di comando ad Alcohete (Guadalajara). Il signor Negrin arrivò all'incontro insieme al suo segretario privato, il signor Soley, aiutante di campo di Modesto e membro del partito comunista. All'incontro eravamo presenti il signor Negrin, il colonnello Casado, Feliciano Benito, un attendente ed io. Io ho spiegato l'oggetto della riunione, ricordando al signor Negrin che l'8 settembre 1938 gli avevo inviato un rapporto privato in cui esponevo gli atti di tradimento commessi all'interno di unità dell'esercito da persone appartenenti al PCE [partito comunista di Spagna]. Egli dichiarava di aver ricevuto il rapporto e di avere ordinato un'inchiesta, il cui risultato non era stato comunicato né al comandante dell'Esercito del Centro né a me. A quel punto gli ho consegnato una copia del summenzionato rapporto che il signor Negrin accettava senza commento alcuno.

Ho detto al signor Negrin che gli stavo parlando come un figlio parlerebbe al padre: Se sei ancora un socialista - gli ho detto - tu dovresti essere il primo a riconoscere che gli obiettivi perseguiti dal PCE non sono altro che quelli di impossessarsi di tutte le posizioni di comando nell'esercito, attuando un colpo di Stato di modo da poter far vedere al mondo che il PCE rimaneva al suo posto fino alla fine mentre anarchici, socialisti e repubblicani e tutti gli altri raggruppamenti politici erano agenti provocatori. Se, per poter salvare la Spagna - ho continuato - devono essere sacrificate persone di spicco, mi metto a tua disposizione. Ritengo che sia un grave errore esortare le persone a resistere quando si è sicuri che tutto sia perduto. Come dimostrato dal fatto che quelli che arringavano a restare in piedi al nostro posto avevano già messo al sicuro le loro famiglie ed i loro capitali spedendoli all'estero. A questo andava aggiunta la malnutrizione e il morale sotto i piedi dell'esercito.

Per non correre il rischio che credesse che queste affermazioni fossero pronunciato nel fuoco del momento, l'ho invitato a visitare le linee perfettamente fortificate, i rifugi sicuri e le casematte che avevamo stabilito, ecc..

Nel corso di quel colloquio con il signor Negrin, gli ho comunicato che, a mio avviso, c'erano solamente tre opzioni per salvare la Spagna, se non interamente quanto meno moralmente, e queste erano: lo schema del colonnello Casado, così come era stato comunicato a lui sei mesi prima, cioè, stabilire una linea lungo il [fiume] Segura in modo da avere accesso ad un porto e fare una selezione del nostro esercito, non più di 80mila uomini e, naturalmente, lo stoccaggio di tutti i rifornimenti di cui l'esercito avrebbe avuto bisogno sia in termini di materiale bellico che di provviste; la seconda opzione era quella preferita dal sottoscritto, e consisteva nell'incentivare il morale del nostro esercito rompendo tutti fronti e attuando il passaggio da esercito regolare ad un grande esercito di guerriglia, e mettendo tutte le riserve in un locazione strategica in attesa di dispiegarle dovunque si potesse ottenere maggior successo. Non ritengo ci fosse alcun bisogno perché io dovessi scendere in ulteriori dettagli dal momento che credo di aver vissuto questo genere di guerra; la terza [opzione] consisteva nel fatto che il governo si assumesse la piena responsabilità di parlamentare con il nemico, senza alcuna necessità di far ricorso ad emissari stranieri, al fine di riuscire a risparmiare il maggior numero possibile di vite fra il proletariato attivo.

Della ricezione di quanto sopra da parte del signor Negrin, non diremo nulla; essendo stata la sua unica risposta un tentativo di colpo di Stato, per contrastare tutti quelli che come noi non erano in combutta con il comunismo politico e per presentarci al mondo intero come agenti provocatori. Dal momento che il signor Negrin, regista di una politica che è stata disastrosa per la guerra e per innumerevoli buoni compagni, è esattamente la stessa persona che supervisiona e gestisce la politica del SERE, potete capire i motivi per cui non voglio averci niente a che fare, non solo per un qualche beneficio personale ma neppure per qualsiasi genere di negoziato relativo alla mia persona.

Per concludere: Io sono il rifugiato n° 111 del Camp Morand che Ossorio y Tafall è venuto a visitare pochi giorni fa: e ho avuto una breve conversazione con lui. Lui ha cominciato esprimendo la sua sorpresa nel trovarmi in quel campo e poi con una serie di sciocchezze rispetto alle quali ho tagliato corto rispondendogli che la gente del SERE dovrebbe rendersi conto che i milioni in oro di cui sono in possesso, contrabbandati fuori dalla Spagna soprattutto da Negrin, appartengono al popolo spagnolo che ha combattuto per la propria indipendenza, irrigando con il proprio sangue il suolo della nostra patria, e non ad un qualche branco di saggi che meritano soltanto il disprezzo di chiunque abbia la coscienza pulita.

Ragion per cui niente mi lega al SERE. Il mio dovere è nei confronti del mio sindacato e delle mie convinzioni e prenderò istruzioni, e qualsiasi altra cosa relativa a me stesso come uomo e come rifugiato, dal nostro Comitato Nazionale. Al SERE non ho niente da dire."

- Cipriano Mera - Camp Morandon - 15 luglio 1939 -

fonte: ChristieBooks

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