martedì 20 ottobre 2015

Il prezzo della cecità

moneta

La moneta, un fatto universale
- di Christophe Darmangeat -

In questi ultimi giorni, sono rimasto molto sorpreso nell'apprendere che alcuni economisti o antropologhi difendono l'idea di una universalità della moneta nelle società umana e, inoltre, che tale posizione viene spesso considerata come una referenza. Così, mi è stato indicato un testo disponibile on line, scritto da Jean-Michel Servet, Brunot Theret e Zeynep Yildirim, il cui titolo "Universalità del fatto monetario e pluralità della moneta" ne annuncia chiaramente il contenuto.
Uno dei grandi dibattiti che attraversa le scienze sociali si concentra sulle monete primitive; queste monete, rispetto alle nostre, posseggono delle forme e delle funzioni significativamente differenti. Perciò, alcuni ricercatori, sottolineando tali differenze, ne hanno negato la qualità di moneta. Al contrario, altri - fra cui gli autori dell'articolo -, pur sottolineando le molteplici differenze, insistono sui punti in comune, e sostengono che è legittimo parlare di moneta in generale quando si designano l'insieme di questi strumenti. Fino a questo punto, riesco a seguirli. Il problema è che l'articolo, militando a favore di quest'idea, ne approfitta per introdurre a lato tutta una serie di affermazioni decisamente contestabili.
Il sillogismo cui tutto questo si appoggia, è il seguente: poiché tutte le monete, per quanto diverse le une dalle altre possano apparire al primo approccio, rivelano ad un esame una profonda unità, da questo deriva ipso facto che la moneta è un fatto sociale universale. Credo che questo voglia dire che "l'universalità della moneta è di ordine antropologico, e non storico", idea che ci porta un po' più lontano: "In sintesi, se si ammette che la moneta è così definita (...) in rapporto al debito e alla sovranità (e con la vita e con la morte nelle loro forme sia individuali che collettive), allora la moneta è un "principio astorico", vale a dire un'invariante antropologica, allo stesso livello del tabù dell'incesto."
Ammetto di avere dei problemi con il definire la moneta come un principio - più o meno come li ho con i fenomeni sociali astorici in generale. La moneta, a mio avviso è uno strumento, un'istituzione, ed indubbiamente molte altre cose, prima di essere un "principio". Ma questo è solo un dettaglio, paragonato al problema principale che consiste, se si riconosce che possono esistere delle società senza moneta, nell'affermare per pagine e pagine il suo carattere universale.
E' interessante notare come, nel corso dell'articolo, le oscillazioni fra un'universalità reiterata a più riprese e lo smorzare, di passaggio, questa affermazione. Dall'idea secondo la quale la moneta è un fenomeno "praticamente universale" (p.3) si passa un po' dopo alla "universalità del fatto monetario". Questo si ripete all'inizio della pagina successiva (p.4). In questa stessa pagina, serve da titolo alla prima parte, e poi viene ripreso nel testo. Lo stesso avviene a pagina 5, nel titolo e nel testo, nella parte dedicata a Mauss contro Simland. A pagina 6, però, si apprende che il "legame fondante fra moneta e sacrificio relativizza (...) un po' il carattere universale della moneta, poiché tutte le società, soprattutto quelle dei cacciatori-raccoglitori, non conoscono dei riti sacrificali" (tornerò alla fine su questo strano argomento). Eccoci così di fronte alla "quasi universalità della rappresentazione monetaria del tutto sociale" (p.7), o meglio, "un'invariante antropologica allo stesso livello del tabù dell'incesto" (p.7). "Ogni società, ad eccezione forse [come sarebbe a dire, 'forse'?] dei gruppi di cacciatori-raccoglitori, conosce una moneta". Tutto ciò porta a suggerire che "la moneta si situa più generalmente e più essenzialmente alle origini stesse dell'umanità nel suo definire gli standard delle relazioni sociali." (p.9).

Il problema, sta nel fatto che un fenomeno universale che conosce delle eccezioni non è propriamente un fenomeno universale. A maggior ragione quando le eccezioni riguardano tutto uno stadio determinato dell'evoluzione sociale (qui definito, con un bel po' di approssimazione, come quello dei cacciatori-raccoglitori). La prospettiva si rovescia totalmente quando consideriamo che l'insieme delle società umane ha cominciato la sua esistenza, almeno al 95%, come società di cacciatori-raccoglitori: l'eccezione, se si ragiona dal punto di vista statistico, non è l'assenza della moneta, bensì la sua esistenza. E ad ogni modo, è altamente problematico riconoscere da un lato l'inesistenza della moneta presso i cacciatori-raccoglitori, mentre dall'altro la si promuove al rango di invariante antropologica allo stesso titolo del tabù dell'incesto.
Tuttavia, tutto il materiale accumulato dall'antropologia mostra come la moneta - correttamente identificata dagli autori come un mezzo primordiale di pagamento, e non di scambio (p.9) - sia apparsa ad un determinato stadio dell'evoluzione sociale. In tutte le società di cacciatori-raccoglitori nomadi non allevatori, e nelle società di coltivatori che non immagazzinavano, i pagamenti in beni non esistevano (o erano del tutto marginali). Il matrimonio, così come il risarcimento per la morte, necessitavano di prestazioni in lavoro, riparazione attraverso il versamento di sangue, ma non implicavano mai dei beni: il "prezzo della sposa" (chiamato impropriamente 'dote' nel testo), così come il wergeld, sono sconosciuti. Si tratta di società senza ricchezza, nelle quali i rapporti fra individui non passano per la capacità di fornire una quantità determinata di beni materiali. Non vi esiste né ineguaglianza di ricchezza (se non embrionale), né beni cosiddetti di prestigio, fabbricati ed accumulati al solo fine di servire per tali pagamenti.
Queste società sono state abbondantemente descritte nella letteratura etnologica, e sono ben note: includono popolazioni famose come gli Inuits, i Boscimani, gli Hazdra, gli Andamanesi, l'insieme degli Aborigeni d'Australia, per non parlare, fra gli altri, delle numerose tribù della Papuasia o dell'Amazzonia. Per cui si può rimanere sorpresi a vederli così sistematicamente ignorati, e tanto più per il fatto che l'arrivo dei pagamenti - e della moneta - ha rappresentato un considerevole sconvolgimento sociale, al punto che Alain Testart lo ha considerato come la più grande rottura mai affrontata dalle società umane (vedi la sua Classificazione delle società, o questo articolo postumo). Inoltre, questa transizione è stata studiata da numerosi altri antropologhi, quali P. Lemmonier nel suo "Guerres Et Festins - Paix, Échanges Et Compétition Dans Les Highlands De Nouvelle-Guinée".
 
Quindi, ignorare che la moneta sia stata istituita - e che lo sia stata ad uno stadio ben individuato dello sviluppo tecnico-sociale, con la transizione verso un'economia di immagazzinamento - significa farla ricadere sulla natura umana; non ci sarebbero delle (vere e proprie) società se non monetarie. Perciò non sorprende che la miopia rispetto al passato impedisca anche di vedere l'avvenire. L'idea per cui la moneta sarebbe il coronamento dell'evoluzione monetaria viene anche assimilata a quella secondo cui la società capitalista sarebbe il coronamento ultimo di tutta l'evoluzione sociale: "Postulare una moneta universale senza una molteplicità delle monete, può essere fatto soltanto rivendicando una visione evoluzionista lineare del mondo, nella quale la moneta moderna ha pretesa universale e, sostenuta dalle forze dominanti, sarebbe il punto di arrivo ultimo della storia dell'umanità; la fine della storia in qualche modo" (p.12). La storia dell'umanità sarebbe, perciò, da sempre e per sempre, la storia della moneta.

Tuttavia, si può sostenere con forza che la moneta fa parte di quelle istituzioni sociali che, apparse ad un certo stadio dello sviluppo economico, spariranno ad uno stadio superiore di sviluppo, come lo Stato o le frontiere nazionali. La moneta primitiva, secondo la bella formula di Alain Testart, è stata l'invenzione dell'anonimato (vedi "Alle origini della moneta"): essa ha permesso di affrancare gli obblighi sociali dal loro carattere personale, e di dare così inizio a delle relazioni su una scala più grande. Allorché si è impadronita della circolazione dei beni, la moneta è stata il collante che ha organizzato l'attività economica degli esseri umani su una scala sempre più grande. Oggi, non c'è più un solo posto al mondo che possa portare avanti le proprie attività di produzione e di consumo in maniera indipendente dal resto del pianeta: la moneta ha giocato un ruolo centrale nel coordinamento globale delle attività economiche dell'umanità. Ma questo coordinamento, che si realizza attraverso i meccanismi del mercato, rimane cieco, e la moneta è il prezzo di tale cecità. Che il coordinamento divenga cosciente, che si effettui attraverso la pianificazione, e non per mezzo del brancolare oscuro del mercato, e allora la moneta finirà nel museo, come un bastone bianco per ciechi divenuto ormai inutile.

POST-SCRIPTUM: LA MONETA ED IL SACRIFICIO

Ho scoperto in questo testo l'esistenza di una tesi che spiega la nascita della moneta attraverso il sacrificio: "(...) la moneta trova un'origine nei pagamenti sacrificali, cioè a dire nei debiti generati non in relazione a scambi orizzontale retti da un principio di reciprocità, ma da "scambi" verticali fra gli esseri umani e le potenze che essi riconoscono come sovrane." (p-6). Non conosco affatto l'insieme di argomenti su cui si basa questa tesi, ma l'unico argomento qui presentato, nella nota a piè di pagina, non è in grado di convincermi. Vi si spiega che i pagamenti dei matrimoni, presso un popolo della Nuova Guinea, si reputa siano stati istituiti per mezzo dell'auto-sacrificio di un antenato primordiale. Ma a partire da questo, affermare che sia il sacrificio a spiegare i pagamenti, significa, secondo una celebre espressione, credere alle assurde storie religiose dei Papuasiani quanto ci credono loro stessi. Fino a prova contraria, la moneta è per definizione qualcosa che circola fra esseri umani, e non è destinata agli dei o agli spiriti. Che gli uomini che la utilizzano, conferiscano o meno una dimensione religiosa alla moneta, questo è obiettivamente un fatto sociale che dev'essere spiegato in quanto tale. Per dire le cose in un altro modo, una scienza che prende in parola ciò che gli uomini dicono a proposito dei loro rapporti sociali, ha poche possibilità di fare delle grandi scoperte.

- Christophe Darmangeat - 17 ottobre 2015 -

fonte: Blog de Christophe Darmangeat À propos de marxisme, d'anthropologie et d'évolution sociale

1 commento:

Anonimo ha detto...

Che scoperta il tuo blog. Ottimo e abbondante. Furry77.