martedì 7 luglio 2015

Il signor List

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Quella che segue è la bozza di un articolo scritto da Marx contro l'economista tedesco Friedrich List. Il manoscritto, che non è mai apparso sulla stampa dell'epoca, abbonda di abbreviazioni, cancellature, correzioni ed inserimenti, ed è rimasto incompleto. La prima pagina, che a quanto pare conteneva il titolo dell'articolo e la prima parte dello stesso, manca. Anche le pagine da 10 a 22 non sono state trovate.
Nel manoscritto, Marx analizzava e quotava il primo volume del libro di List, pubblicato nel 1841. All'inizio del 1845, Marx aveva trascritto numerosi passaggi da questa edizione, citando fonti francesi che egli stesso aveva tradotto in tedesco, con l'eccezione di una citazione tratta da un libro di Louis Say, che citava volutamente in francese per mostrare la maniera imprecisa di citare da parte di List.

Bozza di un articolo sul libro di Friedrich List: Il Sistema Nazionale dell'Economia Politica
di Karl Marx - scritto nel Marzo del 1845
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I. Caratterizzazione Generale di List

... [2] che la consapevolezza della morte della borghesia sia già penetrata anche nella coscienza della borghesia tedesca, perciò la borghesia tedesca è abbastanza ingenua da ammettere essa stessa questo "triste fatto".

"Per questa ragione anch'essa è così triste che i mali che oggi accompagnano l'industria sono cresciuti fino a diventare un motivo per rifiutare l'industria stessa. Esistono mali di gran lunga maggiori della situazione sociale [Stand] dei proletari: un erario vuoto  - l'impotenza nazionale - la schiavitù nazionale - la morte nazionale" (p.Ivxii).

E' veramente triste che il proletariato esista già ed avanzi di già pretese, e susciti già paura, ancor prima che la borghesia tedesca abbia portato a termine lo sviluppo dell'industria. Nella misura in cui il proletariato stesso è preoccupato, si riterrà certamente felice per la sua situazione sociale [Stand] quando la classe dirigente borghese avrà un erario pieno ed una potenza nazionale. Herr List parla soltanto di quel che è triste per la borghesia. E ammettiamo che per lui è molto triste voler stabilire il dominio dell'industria proprio nel momento meno appropriato quando la schiavitù della maggioranza derivante da questo dominio è diventato un fatto generalmente noto. La borghesia tedesca è il cavaliere dalla triste figura, che ha voluto introdurre la cavalleria errante proprio quando la polizia ed il denaro sono saliti alla ribalta.

3. Un grande inconveniente (ostacolo *1) che colpisce la borghesia tedesca nel corso della sua lotta per la ricchezza industriale è quello del suo idealismo professato finora. Com'è possibile che questa nazione dello "spirito" scopra improvvisamente i supremi vantaggi dell'umanità risiedono negli abiti a fiori, nei filati per maglieria, nei telai automatici, nella massa degli schiavi di fabbrica, nel materialismo dei macchinari, nei sacchi pieni di soldi dei signori proprietari di fabbriche? Il vuoto, superficiale, sentimentale idealismo della borghesia tedesca, sotto il quale giace nascosto (è nascosto) il più meschino, il più sporco ed il più vile spirito (anima) del bottegaio, è arrivato nell'epoca in cui la borghesia è stata inevitabilmente costretta a rivelare il proprio segreto. Ma ancora una volta questo segreto lo divulga alla vera, altisonante, maniera tedesca. Lo divulga con un senso di vergogna idealistico-cristiana. Ripudia la ricchezza mentre combatte per essa. Riveste il materialismo privo di spirito per mezzo di un travestimento idealistico e solo allora si avventura a perseguirlo.

Tutta la parte teorica del sistema di List non è altro che un travestimento per mezzo di frasi idealistiche del materialismo industriale di una franca economia politica. Dovunque egli lascia che le cose rimangano come sono ma ne idealizza la loro espressione. Tracceremo questa cosa nel dettaglio. E' proprio questa vuota fraseologia idealistica che gli permette di ignorare le barriere reali che si frappongono ai suoi pii desideri e di indulgere alle fantasie più assurde (cosa ne sarebbe stato della borghesia francese ed inglese se avesse prima chiesto il permesso alla nobiltà di alto rango, alla stimata burocrazia e all'antiche dinastie regnanti di dare alla "industria" la "forza di legge"?).

La borghesia tedesca è religiosa anche quando è industrialista. Rifugge dal parlare del brutto valore di scambio che essa brama e parla di forze produttive [von produktivkräften]; rifugge dal parlare di concorrenza e parla di confederazione nazione delle forze produttive; rifugge dal parlare dei suoi interessi privati e parla invece di interessi nazionali. Quando si osserva il franco, classico cinismo con cui la borghesia inglese e francese, rappresentata  - quanto meno all'inizio del suo dominio - dai suoi primi esponenti scientifici dell'economia politica, innalzava la ricchezza fino a farla diventare una divinità e sacrificava spietatamente ad essa, a questo Moloch, tutto quanto, anche la scienza, e quando, dall'altra parte, si guarda al modo idealizzante, allarmista, roboante di Herr List, il quale nel bel mezzo dell'economia politica disprezza la ricchezza dei "giusti" e cerca finalità più alte, si è spinti a considerare quanto sia "triste" questo presente in cui non c'è più spazio per la ricchezza.

Herr List parla sempre usando il metro del Molosso (*2). Mostra continuamente una retorica goffa e prolissa, le cui acque torbide alla fine lo spingono su un banco di sabbia, e la cui essenza consiste di continue ripetizioni a proposito di tariffe protettive e di vere fabbriche tedesche ["deutsche"]. Egli è continuamente sensualmente super-sensuale.

Il filisteo tedesco idealizzante che vuole diventare ricco deve, naturalmente, per prima cosa creare per sé stesso una nuova teoria della ricchezza, che renda la ricchezza degna della sua lotta per ottenerla. Il borghese in Francia ed in Inghilterra vede l'avvicinarsi della tempesta che in pratica distruggerà la vita reale di tutto quanto finora è stato chiamato ricchezza, ma il borghese tedesco, che non è ancora arrivato a quella ricchezza inferiore, prova a darne una nuova interpretazione "spiritualistica". Crea per sé un'economia politica "idealizzante", la quale non ha niente in comune con l'economia politica profana francese ed inglese, al fine di giustificare ai suoi propri occhi ed al mondo che, pure lui, vuole diventare ricco. Il borghese tedesco dà inizio alla sua creazione della ricchezza creando un'altisonante economia politica ipocritamente idealizzante.

4. Come Herr List interpreta la storia e quale atteggiamento assume nei confronti di Smith e della sua scuola.

Mentre l'atteggiamento di Herr List nei confronti della nobiltà, delle antiche dinastie regnanti e della burocrazia è umile, egli allo stesso tempo è "audace" nell'opporsi all'economia politica francese ed inglese, di cui è protagonista Smith, e che ha cinicamente tradito il segreto della "ricchezza" ed ha reso impossibile ogni illusione sulla sua natura, tendenza e movimento. Herr List li accomuna tutti insieme chiamandoli "la Scuola". Infatti, dal momento che la borghesia tedesca si preoccupa delle tariffe protettive, tutto lo sviluppo dell'economia politica a partire da Smith, naturalmente, non ha per lui alcun significato, in quanto tutti i suoi più importanti esponenti presuppongono l'attuale società borghese della concorrenza e del libero scambio.

Il filisteo tedesco rivela qui in molti modi il suo carattere "nazionale".

1) Nella totalità dell'economia politica, egli vede soltanto i sistemi escogitati nelle aule accademiche. Il fatto che lo sviluppo di una scienza come l'economia politica sia connesso con il movimento reale della società, o che sia soltanto la sua espressione teoretica, Herr List, naturalmente, non lo sospetta. Un teorico tedesco.

2) Dal momento che la sua stessa opera (teoria) nasconde una finalità segreta, egli sospetta finalità segrete ovunque.

Essendo un vero filisteo tedesco, Herr List, invece di studiare la storia reale, cerca il segreto, le cattive finalità degli individui, e, grazie alla sua astuzia, egli è abilissimo a trovarle (a decifrarle). Fa delle grandi scoperte, come quella per cui Adam Smith con la sua teoria voleva ingannare il mondo, e che tutto il mondo si è lasciato ingannare da lui fino a quando il grande Herr List non lo ha risvegliato dal suo sogno, allo stesso modo in cui un certo Consigliere di Giustizia di Düsseldorf ha fatto notare come la storia romana sia stata inventata dai monaci medievali al fine di giustificare il dominio di Roma.

Ma così come la borghesia tedesca non conosce un modo migliore di opporsi ai propri nemici che non sia quello di muovere accuse morali contro di loro, calunniando la loro disposizione d'animo, e cercando cattive motivazioni per il loro comportamento, in breve, assegnando loro una cattiva reputazione e facendoli personalmente oggetto di sospetto, allo stesso modo Herr List calunnia gli economisti francesi ed inglesi, e fa pettegolezzi su di loro. E così come il filisteo tedesco non disdegna il lucro più meschino e la truffa nel commercio, allo stesso modo Herr List non disdegna di destreggiarsi con le parole da citare al fine di trarne profitto. Non disdegna di incollare l'etichetta del suo rivale sul proprio prodotto difettoso, al fine di gettare discredito sui prodotti del rivale, falsificandoli, o perfino inventando vere e proprie bugie sul suo concorrente per screditarlo.

Daremo alcuni esempi del modo di procedere di Herr List.

E' risaputo che i preti tedeschi credono che il colpo più mortale che possono infliggere all'Illuminismo sia quello di raccontarci lo stupido aneddoto e la bugia per cui sul suo letto di morte Voltaire aveva rinunciato alle sue opinioni. Anche Herr List ci porta sul letto di morte di Adam Smith e ci informa che si è scoperto che Smith non era stato sincero nel suo insegnamento. Comunque, ascoltiamo lo stesso Herr List ed il suo giudizio su Smith. Abbiamo messo le parole di List accanto alla fonte della sua saggezza.

List: [National System of Political Economy, Vol. I: International Trade, Trade Policy and the German Customs Union. Stuttgart and Tübingen, 1841]:
"Ho ricordato dalla biografia di Dugald Stewart come questa grande mente [Adam Smith] non potesse morire in pace prima che tutti i suoi manoscritti fossero stati bruciati, cosa con cui ho voluto far capire quanto fondato sia il sospetto che quelle carte contenessero delle prove contro la sua sincerità"
(p. Lviii). "Ho mostrato che i ministri inglesi [...] hanno usato la sua teoria per gettare polvere negli occhi delle altre nazioni a beneficio dell'Inghilterra" (loc. cit.). "Per quel che riguarda il suo rapporto con le condizioni nazionali ed internazionali, la teoria di Adam Smith è una mera continuazione del sistema fisiocratico. Come quest'ultimo, esso ignora la natura delle nazioni [...] e presuppone la pace eterna e l'unione universale come se fossero già in essere" (p.475).

Ferrier, F.L.A., Du gouvernement considéré dans ses rapports avec le commerce, Paris, 1805:
"E' possibile che Smith fosse sincero nell'ammucchiare così tanti falsi argomenti a favore del libero commercio?... Smith aveva come suo scopo segreto quello di diffondere in Europa principalmente l'adozione di quello che lui sapeva molto bene avrebbe dato al suo paese il mercato mondiale" (pp. 385, 386). "Si può anche essere giustificati nell'ipotizzare che Smith non abbia sempre proposto una sola dottrina; e come altrimenti ci si potrebbe spiegare il tormento che ha sofferto sul suo letto di morte per la paura di quello che attraverso i suoi manoscritti gli sarebbe sopravvissuto" (p.386). Egli [Ferrier] loc. cit. (p-388) rimprovera Smith per essere stato un commissario delle Dogane. [Doganiere] "Smith ha quasi sempre argomentato come gli economisti" (fisiocratici), "senza tener conto della divergenza fra gli interessi delle differenti nazioni, e partendo dall'assunto che ci sarebbe stata solo una società in tutto il mondo" (p.381). "Cerchiamo di mettere da parte tutti questi progetti di unione" (p.15).

(Monsieur Ferrer era un ispettore dello dogane [doganiere] sotto Napoleone ed amava la sua professione.)

L'economia politica di J.-B. Say viene interpretata da Herr List come una speculazione fallita. Riportiamo integralmente qui sotto il giudizio categorico sulla vita di Say. Ma prima, un altro esempio della maniera in cui List copia da altri autori e nel copiarli li falsifica al fine di colpire i propri avversari.

List: " Say e McCulloch sembra non abbiano visto o letto niente più del titolo di questo libro" (quello di Antonio Serra di Napoli); "entrambi altezzosamente lo mettono via osservando: parla soltanto di moneta, ed il titolo da sé solo prova che l'autore ha scritto sotto l'inganno che quei metalli preziosi fossero gli unici oggetti di ricchezza. Se solo avessero letto più avanti," ecc. (p. 456).

Count Pecchio, History of Political Economy in Italy, etc. Paris, 1830:
"Degli stranieri hanno tentato di derubare Serra del merito di essere stato il primo fondatore dei principi di questa scienza" (economia politica). "Ciò che ho appena detto non può essere del tutto applicato a Monsieur Say, che anche se rimprovera Serra di aver considerato soltanto l'oro e l'argento come ricchezza, nondimeno gli ha concesso la gloria di essere stato il primo a far conoscere la potenza produttiva dell'industria... Il mio biasimo è rivolto al signor McCulloch... Se Mr. McCulloch avesse letto un po' di più del titolo [del libro di Serra]", ecc. (pp. 76, 77).

Si vede come Herr List falsifichi deliberatamente Pecchio, dal quale copia, al fine di screditare Monsieur Say. "Say si dedicò all'economia politica, come le persone che si dedicano a qualche nuova impresa quando quello che facevano prima non riesce più loro... L'odio nei confronti del Sistema Continentale, che aveva rovinato la sua fabbrica, e contro chi aveva dato origine a quel sistema, che lo aveva messo fuori dal Tribunato, lo portò a dare pieno sostegno all'assoluta libertà di commercio" (pp. 488, 489).

Così Say avrebbe sostenuto il sistema del libero commercio poiché la sua fabbrica era stata rovinata dal Sistema Continentale! Ma come si può dirlo visto che aveva scritto il suo Trattato di Economia Politica [1803] ancor prima di possedere una fabbrica? Say era divenuto un sostenitore del sistema di libero commercio perché Napoleone lo aveva cacciato dal Tribunato! (*3) Ma com'è possibile dal momento che aveva scritto il suo libro quando era ancora un tribuno? Che succede se Say, che secondo Herr List era un uomo d'affari fallito che aveva visto nella letteratura solo un genere di affari, avesse fin dalla sua prima gioventù giocato un ruolo nel mondo della letteratura francese?

Dove ha preso Herr List le sue nuove informazioni? Dalla Nota Storica sulla Vita e le Opere di J.-B. Say di Charles Comte, che è stata pubblicata come introduzione al Corso Completo di Economia Politica di Say. Cosa racconta questa nota? L'opposto delle dichiarazioni di List. Leggiamola:

"J.-B. Say era stato destinato dal padre, che era un commerciante, ad impegnarsi nel commercio. Tuttavia, la sua inclinazione lo attrasse verso la letteratura. Nel 1789 pubblicò un opuscolo in difesa della libertà di stampa. Fin dall'inizio della rivoluzione collaborò al giornale Il Corriere della Provenza, pubblicato da Mirabeau. Lavorò anche nell'ufficio del Ministro Clavière. La sua predilezione 'per le scienze morali e politiche', così come la bancarotta del padre, lo fecero rinunciare del tutto al commercio e a fare dell'attività scientifica la sua sola occupazione. Nel 1974 divenne redattore capo della Décade filosofica, letteraria e politica. Nel 1799 Napoleone lo nominò membro del Tribunate. Il tempo libero che gli veniva lasciato dalla sua funzione di tribuno lo usava per lavorare al suo Trattato politico che venne pubblicato nel 1803. Venne espulso dal Tribunato perché era uno dei pochi che osava stare all'opposizione. Gli venne offerto un incarico redditizio nel dipartimento delle finanze, ma egli rifiutò sebbene chargé de six enfants et n'ayant presque point de fortune [avesse a carico sei figli e praticamente nessun patrimonio]... dal momento che non sarebbe stato in grado di svolgere le funzioni dell'incarico offertogli senza prendere parte all'implementazione di un sistema che aveva condannato come disastroso per la Francia. Aveva preferito avviare una filanda, ecc."

Se la calunnia che Herr List rivolge a J.-B. Say promana dalla falsificazione, non è da meno la lode che List rivolge al fratello, Louis Say. Per comprovare che Louis Shay condivide il suo astuto [in tedesco: listig - che significa astuto, furbo, ma che potrebbe anche essere un'aggettivazione di "List"] punto di vista, List falsifica un passaggio di questo autore.

Herr List scrive a p.484:
"Nella sua (di Louis Say) opinione, la ricchezza delle nazioni non consiste nei beni materiali e nel loro valore di scambio, ma nella continua abilità a produrre questi beni."

Secondo Herr List, le parole di Louis Says sono le seguenti:

Il Louis Say di Herr List: "La ricchezza non consiste negli oggetti che soddisfano alle nostre esigenze o ai nostri gusti, ma consiste nella possibilità di goderne ogni anno" (Ricerche sulla ricchezza delle nazioni, p.10)

Il vero Louis Say: "Sebbene la ricchezza consista non negli oggetti che soddisfano le nostre esigenze o i nostri gusti, ma nel reddito, o nella possibilità di goderne ogni anno."

In questo modo, Say non sta parlando della capacità di produrre, ma della capacità di godere, di quella capacità cui provvede il "reddito" (revenu) di una nazione. Dalla sproporzione fra la crescente forza produttiva ed il reddito della nazione nel suo insieme, e di quello delle sue classi in particolare, emergono precisamente le teorie più ostili ad Herr List come, per esempio quelle di Sismondi e di Cherbuliez.

Diamo ora un esempio dell'ignoranza di Herr List per mezzo del suo giudizio sulla "Scuola". Dice di Ricardo (List sulle forze produttive):

"In generale, a partire da Adam Smith, la Scuola è stata sfortunata nelle sue ricerche sulla natura della rendita. Ricardo, e seguendo lui Mill. McCulloch ed altri, sostengono che la rendita viene pagata per mezzo della produttività naturale insita negli appezzamenti di terreno. Ricardo ci ha basato un intero sistema su questo punto di vista... Dal momento che egli considerava solo la situazione inglese, è stato fuorviato dal punto di vista erroneo per cui i campi e prati arati da questi inglesi, per l'apparente produttività naturale rispetto alla quale oggi viene pagato una tale rendita, sarebbero stati gli stessi campi e prati arati in tutti i tempi" (p. 360 )

Ricardo dice:

"Se la produzione di surplus che la terra offre sotto forma di rendita fosse un vantaggio, sarebbe desiderabile che, ogni anno, i macchinari di nuova costruzione fossero meno efficienti di quelli vecchi, dal momento che darebbero indubbiamente un valore di scambio più grande ai beni prodotti... nel regno; e verrebbe pagata una rendita a tutti coloro che possedevano i macchinari più produttivi... La rendita si incrementa più rapidamente, via via che la terra utilizzabile perde il suo potere produttivo. La ricchezza cresce più rapidamente in quei paesi... dove attraverso miglioramenti agricoli, possono essere moltiplicate le produzioni senza alcun incremento nella quantità proporzionale di lavoro, e dove di conseguenza il progresso della rendita è lento." (Ricardo, Principles of Political Economy, etc. Paris, 1835, Vol. 1, pp. 77 and 80-82.)

Secondo la teoria di Ricardo, la rendita, lungi dall'essere la conseguenza della produttività naturale inerente al suolo, è piuttosto una conseguenza dell'improduttività del suolo in costante aumento, una conseguenza della civilizzazione e dell'aumento della popolazione. Secondo Ricardo, fino a quando la terra più fertile è ancora disponibile in quantità illimitata, non esiste ancora rendita. Per cui la rendita è determinata dal rapporto della popolazione rispetto alla quantità di terra disponibile.

La teoria di Ricardo che serve da base teorica per la Lega contro la Legge sul Granturco in Inghilterra e per il movimento anti-rendita negli Stati liberi del Nord America, è stata falsificata da Herr List - ammesso che egli ne abbia una conoscenza maggiore del sentito dire - se non altro perché dimostra quanto poco i "liberi, potenti e ricchi borghesi" siano inclini a lavorare "diligentemente" per [l'incremento de] la "rendita agraria" ed a portare [ai proprietari terrieri] il miele dell'alveare. (*4) La teoria di Ricardo sulla rendita fondiaria non è altro che l'espressione economica della lotta per la vita o per la morte dei borghesi industriali contro i proprietari terrieri.

Herr List ci istruisce ulteriormente su Ricardo come segue:

"Al presente, la teoria del valore di scambio è caduta in una tale impotenza... che Ricardo... ha potuto dire: "determinare le leggi per mezzo delle quali la produzione agraria viene distribuita fra i proprietari terrieri, i fittavoli e i lavoratori è il compito principale dell'economia politica" (p. 493)

Le necessarie osservazioni rispetto a questo verranno fatte nel luogo appropriato.

[5] Herr List raggiunge la vetta dell'infamia nel suo giudizio su Sismondi.

List:
"Egli" (sismondi) "vuole, ad esempio, che lo spirito di inventiva venga frenato ed imbrigliato" (p. xxix)

Sismondi:
"Le mie obiezioni non sono nei confronti delle macchine, non nei confronti delle invenzioni, non nei confronti della civilizzazione, ma solo nei confronti della moderna organizzazione della socità, che priva il lavoratore di qualsiasi proprietà che non siano le sue mani, e che non gli dà alcuna garanzia contro la concorrenza, di cui inevitabilmente diviene una vittima. Supponiamo che tutte le persone condividano equamente il prodotto del lavoro cui hanno partecipato, allora ogni invenzione tecnica sarà in ogni possibile caso una benedizione per tutti loro" (Nouveaux principes d'économie politique, Paris, 1827, t. II, p. 433).

Mentre Herr List calunnia moralmente Smith e Say, riesce a spiegare la teoria di Monsieur Sismondi soltanto a partire dai difetti fisici di quest'ultimo. Scrive:

"Monsieur de Sismondi con i suoi occhi corporei vede come se fosse nero tutto quello che è rosso; a quanto pare il suo sguardo spirituale in materia di politica economica soffre dello stesso difetto" (p.xxix).

Per poter apprezzare appieno la bassezza di questo sfogo, bisogna conoscere il passaggio dal quale Herr List fa derivare la sua osservazione. Sismondi dice nei suoi Études sur l'économie politique, dove parla della devastazione della campagna romana:

"Le ricche tinte della campagna romana... sebbene sfuggono del tutto ai nostri occhi, per i quali non esiste il rosso" (p.6).

Sismondi lo spiega dicendo: "il fascino che attrae a Roma tutti gli altri viaggiatori" per lui è distrutto ed egli  ha"quindi ha occhi che sono più aperti per vedere la reale, miserabile condizioni degli abitanti della campagna."

Se de Sismondi non vede le tinte rosee del cielo che per Herr List illumina magicamente ogni (fabbrica) industria, egli ha fatto vedere il gallo rosso sui cornicioni (tetti) di queste fabbriche. (*5) Avremo modo più tardi di esaminare il giudizio di List per cui:

"Gli scritti di Monsieur de Sismondi sul commercio internazionale e sulla politica commerciale sono senza valore alcuno" (p. xxix).

Mentre Herr List spiega il sistema di Smith a partire dalle vanità personali di quest'ultimo (p.476) e dalla celata mentalità del bottegaio inglese, e spiega il sistema di Say a partire da un desiderio di vendetta e come se fosse un'impresa commerciale, per quanto riguarda Sismondi scende così in basso da spiegare il sistema di Sismondi a partire dai difetti della sua costituzione fisica.

[5] 4. L'originalità di Herr List

E' assai caratteristico di Herr List che, nonostante tutto il suo vanto, non presenti una sola proposta che non sia già stata avanzata molto tempo prima di lui non solo dai difensori del sistema proibitivo, ma perfino dagli scrittori della "Scuola" inventata da Herr List - se Adam Smith è il punto di partenza teorico dell'economia politica, allora il suo vero punto di partenza, la sua vera scuola, è la "società civile" [die bürgerliche Gesellschaft], di cui si possono tracciare accuratamente le diverse fasi di sviluppo nell'economia politica. Soltanto le illusioni ed il linguaggio idealizzante (frasi) appartengono a Herr List. Riteniamo importante dare una prova dettagliata di questo al lettore e richiamare la sua attenzione su questo noioso lavoro. Egli trae da ciò la convinzione che il borghese tedesco arrivi sulla scena post festum, cosicché è semplicemente impossibile per lui portare avanti l'economia politica esaurientemente sviluppata dall'inglese e dal francese allo stesso modo in cui probabilmente per loro sarebbe stato impossibile contribuire con qualcosa di nuovo allo sviluppo della filosofia in Germania. Il borghese tedesco può solo aggiungere le sue illusioni e frasi alla realtà francese ed inglese. Ma se è poco possibile per lui dare un nuovo sviluppo all'economia politica, è ancora più impossibile per lui realizzare nella pratica un ulteriore progresso dell'industria, dell'oramai quasi esaurito sviluppo sulle basi attuali della società.

5. Restringiamo quindi la nostra critica alle parte teorica del libro di List, e di fatto soltanto alle principali scoperte.

Quali sono le principali proposizioni che Herr List deve provare?

Indaghiamo l'obiettivo che vuole raggiungere.

1) Il borghese vuole tariffe protettive da parte dello Stato al fine di mettere le mani sul potere statale e sulla ricchezza. Ma poiché [in Germania], diversamente dall'Inghilterra e dalla Francia, egli non ha il potere statale a sua disposizione e quindi non può guidarlo a suo piacimento come vorrebbe, ma deve fare ricorso a delle richieste, è necessario per lui in relazione allo Stato, l'attività (modo di azione) di cui vuole il controllo a proprio vantaggio, presentare la propria domanda come fosse una concessione che egli fa allo Stato. Pertanto, per mezzo di Herr List, egli [il borghese tedesco] prova allo Stato che questa teoria differisce da tutte le altre in ciò che permette allo Stato di interferire e di controllare l'industria, in quanto egli ha la più alta opinione della saggezza economica dello Stato, e gli chiede solamente di dare pieno spazio alla sua saggezza, a condizione, certo, che questa saggezza sia limitata a fornire "forti" tariffe protettive. La sua richiesta per cui lo Stato dovrebbe agire secondo i suoi interessi viene da lui rappresentata come un riconoscimento dello Stato, riconoscimento che lo Stato ha il diritto di interferire nella sfera della società civile.

2) Il borghese [Bürger] vuole diventare ricco, fare soldi; ma allo stesso tempo egli deve fare i conti con l'attuale idealismo del popolo tedesco e con la sua propria coscienza. Perciò cerca di dimostrare che non si batte per ottenere ingiusti beni materiali, ma per l'essenza spirituale, per una forza produttiva infinita, anziché per cattivi, finiti valori di scambio. Certamente, quest'essenza spirituale comporta la circostanza che il "cittadino" ["Bürger"] coglie quest'opportunità per riempire le proprie tasche con i mondani valori di scambio.

[6] Dal momento che il borghese adesso spera di diventare ricco principalmente per mezzo di "tariffe protettive", e dal momento che le tariffe protettive possono arricchirlo solo in quanto non siano più gli inglesi, ma la borghesia tedesca stessa, a sfruttare i propri connazionali, anzi a sfruttarli ancora di più di quanto fossero prima sfruttati dall'estero, e dal momento che le tariffe protettive richiedono un sacrificio del valore di scambio da parte dei consumatori (soprattutto da parte dei lavoratori che devono essere sostituiti dalle macchine, da parte di tutti quelli che traggono un reddito fisso, come i funzionari, i destinatari di terre in affitto, ecc.), il borghese industriale deve pertanto dimostrare che, lungi dal bramare beni materiali, egli non vuole nient'altro che non sia il sacrificio dei valori di scambio, dei beni materiali, per un'essenza spirituale. Fondamentalmente, quindi, è solo una questione di auto-sacrificio, di ascetismo di splendore cristiano dell'anima. E' un puro caso che A faccia un sacrificio, ma che sia B a mettersi in tasca il sacrificio. Il borghese tedesco è troppo disinteressato per pensare in un tale contesto al suo guadagno privato, che si dimostra incidentalmente collegato al sacrificio. Ma se dovesse venir fuori che una classe, il cui permesso il borghese tedesco ritiene di dover richiedere ai fini della sua stessa emancipazione, non può andare avanti con la sua teoria spirituale, allora questa teoria dev'essere abbandonata e, in opposizione alla Scuola [che sostiene la libertà di commercio], dev'essere messa in discussione proprio la teoria dei valori di scambio.

3) Dal momento che il vero desiderio della borghesia consiste, essenzialmente, nel portare il sistema della fabbrica al livello della prosperità "inglese" e nel rendere l'industrialismo il regolatore della società, vale a dire, portare alla realizzazione della disorganizzazione della società, il borghese deve dimostrare che egli è preoccupato solamente per l'armonizzazione di tutta la produzione sociale, e per l'organizzazione della società. Egli limita il commercio estero per mezzo di tariffe protettive, mentre l'agricoltura, sostiene, raggiungerà rapidamente il suo punto di prosperità più alto grazie all'industria manifatturiera. L'organizzazione della società, dunque, si riassume nelle fabbriche. Esse sono le organizzatrici della società, ed il sistema di concorrenza che pongono in essere è la migliore confederazione della società che si possa avere (*6). L'organizzazione della società che il sistema di fabbrica crea è la vera organizzazione della società.

La borghesia ha sicuramente ragione nel concepire, in generale, i suoi interessi come interessi identici, proprio come il lupo in quanto lupo ha un interesse identico a quello dei suoi compagni lupi, per quanto sia interesse di ciascun lupo individuale che sia lui e non un altro lupo a balzare sulla preda.

6. Infine, è caratteristico della teoria di List, così come dell'intera borghesia tedesca, che al fine di difendere i loro desideri di sfruttamento essi siano costretti ovunque a ricorrere a frasi "socialiste" e a mantenere quindi un inganno che è stato a lungo confutato. Mostreremo in vari passaggi che le frasi di Herr List, se portate alle loro conclusioni, sono comuniste. Noi, di certo, siamo ben lontani dall'accusare qualcuno come Herr List e la sua borghesia tedesca di comunismo, ma questo ci offre una ulteriore dimostrazione della sua debolezza intrinseca, della falsità e della tristemente famosa ipocrisia della borghesia "idealista" e "naturalmente buona". Prova che il suo idealismo, in pratica, è soltanto lo sconsiderato travestimento di un materialismo ripugnante e senza scrupoli.

Infine, è caratteristico che la borghesia tedesca cominci col mentire laddove invece la borghesia inglese e francese finisce, - dopo aver raggiunto un posizione in cui è costretta a scusarsi, a scusarsi per la propria esistenza.

7. Dal momento che Herr List distingue l'attuale, apparentemente cosmopolita, economia politica dalla propria (nazional-politica) economia per il fatto che la prima si basa sui valori di scambio e l'ultima sulle forse produttive, dobbiamo partire da questa teoria. Inoltre, dal momento che la confederazione delle forze produttive si suppone che rappresenti la nazione nella sua unità, prima della distinzione di cui sopra dobbiamo esaminare anche questa teoria. Queste due teorie forma la base reale dell'economia nazionale [di List] in quanto distinta dall'economia politica.

Può non essere mai venuto in mente ad Herr List che l'organizzazione reale della società è un materialismo senz'anima, uno spiritualismo individuale, individualismo. Può non essergli mai capitato di osservare che gli economisti politici abbiano dato un corrispondente espressione teorica a questo stato sociale degli affari. Diversamente, egli avrebbe indirizzato la sua critica contro la presente organizzazione della società invece che contro gli economisti politici. Egli li accusa di non aver trovato un'espressione di abbellimento per una realtà così tetra. Quindi, vuole lasciare dovunque questa realtà proprio com'è e vuole solo cambiarne l'espressione. Da nessuna parte egli fa una critica della società reale, ma come un vero tedesco, egli critica l'espressione teorica di questa società e la rimprovera perché esprime la realtà e non un concetto immaginario di realtà.

La fabbrica viene trasformata in una dea, la dea della potenza manifatturiera.

Il padrone della fabbrica è il sacerdote di questa potenza.

[7] II. La Teoria delle Forze Produttive e la Teoria dei Valori di Scambio

1) (La teoria di Herr List delle "forze produttive" si limita alle seguenti proposizioni principali:

a) Le cause della ricchezza sono qualcosa di molto diverso dalla ricchezza stessa; la forza capace di creare ricchezza è infinitamente più importante che la ricchezza stessa [p. 201];)

b) List è ben lontano dal respingere la teoria dell'economia cosmopolita; egli è solamente dell'opinione che l'economia politica dovrebbe essere anch'essa sviluppata scientificamente [p. 187];

c) Qual è allora la causa del lavoro?... che cosa spinge queste menti e queste braccia e mani ad intraprendere la produzione e tutto ciò che dà efficacia a quegli sforzi? Cos'altro potrebbe essere se non lo spirito che anima gli individui, il sistema sociale che rende proficua la loro attività, le forze naturali il cui utilizzo è a loro disposizione? [p.205].)

(6) Smith "è andato fuori strada quando ha spiegato le forze spirituali a partire dalle condizioni materiali" [p. 207].)

(7) "Quella scienza che insegna come le forze produttive vengono suscitate e coltivate e come vengono soppresse e distrutte" (ivi).)

(8) Un esempio [della distinzione] fra due padri di famiglia, la religione cristiana, la monogamia (*7), ecc. [pp. 208-209].

(9) "Si possono stabilire i concetti di valore e capitale, profitto, salari, rendita fondiaria, risolverli nelle parti che li compongono, e speculare su cosa potrebbe influenzare la loro ascesa e la loro caduta, ecc., senza,  così facendo, tener conto delle condizioni politiche della nazione" [p.211]

Transizione.

10) Laboratori e fabbriche sono le madri ed i figli della libertà scientifica (civica) [p.212] (*8)

11) La teoria delle classi produttive e non-produttive. La prima produce valore di scambio, l'ultima produce forze produttive [p.215]

12) Il commercio estero non va giudicato solamente dal punto di vista della teoria del valore [p.216]

13) La nazione deve sacrificare le forze materiali al fine di acquisire forze spirituali o sociali. Tariffe protettive per aumentare la manifattura [p.216 - 217]

14) "Quindi se si sacrifica il valore alle tariffe protettive, tale sacrificio viene compensato dall'acquisizione di forze produttive, e ciò non solo assicura alla nazione una somma infinitamente più grande di beni materiali per il futuro, ma anche indipendenza industriale in caso di guerra" [p. 217]

15) "Sotto questi aspetti, ad ogni modo, la cosa principale dipende dallo stato della società in cui si forma l'individuo, dal fatto che fioriscano mestieri e scienze" (p.206).

2) Herr List è talmente preda dei pregiudizi economici della vecchia economia politica - ancor più, come vedremo, degli altri economisti della "Scuola" - che per lui "beni materiali" e "valori di scambio" coincidono completamente. Ma il valore di scambio è del tutto indipendente dalla natura specifica dei "beni materiali". E' indipendente sia dalla qualità che dalla quantità dei beni materiali. Il valore di scambio cade quando la quantità dei beni materiali cresce, sebbene questi, sia prima che dopo, conservino la medesima relazione con i bisogni umani. Il valore di scambio non è connesso alla qualità. Le cose più utili, come la conoscenza, non hanno valore di scambio. Herr List dovrebbe quindi aver capito che la conversione dei beni materiali in valori di scambio è un risultato dell'esistente sistema sociale, della società della proprietà privata sviluppata. L'abolizione del valore di scambio è l'abolizione del proprietà privata e dell'acquisizione privata. Herr List, d'altra parte, è così ingenuo da ammettere che per mezzo della teoria dei valori di scambio

"si possano stabilire i concetti di valore e di capitale, di profitto, salari, rendita fondiaria, risolverli nelle parti che li compongono, e speculare a proposito di che cosa potrebbe influenzare la loro ascesa e la loro caduta, ecc., senza per questo tener conto delle condizioni politiche delle nazioni" (p.211).

Quindi, senza tener conto della "teoria delle forze produttive" e delle "condizioni politiche delle nazioni", tutto questo può essere "stabilito". Che cosa, in tal modo, viene stabilito? Realmente. Cosa viene stabilito, per esempio, dai salari? La vita del lavoratore. Di più, in questo modo viene stabilito che il lavoratore è lo schiavo del capitale, che è una "merce", un valore di scambio, il cui alto o basso livello, la crescita o la caduta del quale, dipende dalla competizione, dalla domanda e dall'offerta; in questo modo viene stabilito che la sua attività non è una libera manifestazione della sua vita umana, la quale è, piuttosto, la vendita ambulante delle sue forze, un'alienazione (vendita) al capitale delle sue abilità sviluppate in maniera unilaterale, in una parola, è questo il "lavoro". Si suppone che questo venga dimenticato. "Lavoro" è la base vivente della proprietà privata, è proprietà privata come sorgente creatrice di sé stessa. La proprietà privata non è nient'altro che lavoro oggettivato. Se si vuole sferrare un colpo mortale alla proprietà privata, essa dev'essere attaccata non solo come condizione materiale degli affari, ma anche come attività, come lavoro. Parlare di lavoro libero, umano, sociale, senza proprietà privata, è uno dei più grandi equivoci. Il "lavoro" per la sua stessa natura è attività non-libera, disumano, asociale, determinata dalla proprietà privata e che crea proprietà privata. Quindi l'abolizione della proprietà privata diverrà una realtà solo quando essa verrà concepita come abolizione del "lavoro" (un'abolizione che, naturalmente, diventa possibile soltanto come risultato del lavoro stesso, che è come dire, diviene possibile come risultato dell'attività materiale della società e che non dovrebbe essere in nessun caso concepita come sostituzione di una categoria da parte di un'altra categoria). [107] Una "organizzazione del lavoro", dunque, è una contraddizione. La miglior organizzazione che il lavoro può darsi è quella presente, la libera concorrenza, la dissoluzione di tutta la sua precedente organizzazione apparentemente "sociale".

Perciò, se i salari possono essere "stabiliti" secondo la teoria del valore, se come risultato viene "stabilito" che l'uomo stesso è un valore di scambio - che la stragrande maggioranza delle persone costituisce una merce - che può essere determinato senza tener conto delle "condizioni politiche della nazione", questo prova allora che tale stragrande maggioranza di persone nelle nazioni non deve tener conto delle "condizioni politiche"; che queste condizioni sono per tale maggioranza una pura illusione, che è una teoria la quale in realtà sprofonda in questo sordido materialismo che fa della maggioranza delle persone nelle nazioni una "merce", un "valore di scambio", ed assoggetta questa maggioranza alle condizioni del tutto materiali del valore di scambio, è un'infame ipocrisia ed un idealistico abbellimento, mentre in rapporto alle altre nazioni si guarda con disprezzo al cattivo "materialismo del valore di scambio", e viene riferito soltanto alle forze produttive. Inoltre, se le condizioni del capitale, della rendita fondiaria, ecc., possono essere stabilite senza tener conto delle "condizioni politiche" delle nazioni, questo dimostra che il capitalista industriale ed il destinatario della rendita sono guidati nelle loro azioni, nella vita reale, dal profitto, dal valore di scambio, e non dalle considerazioni a proposito delle "condizioni politiche" e delle "forze produttive",  e che la loro chiacchiera sulla civiltà e le forze produttive è soltanto un abbellimento delle loro grette tendenze egoistiche?

Il borghese risponde: Certo, la teoria dello scambio non dovrebbe essere compromessa all'interno del paese, la maggior parte della nazione dovrebbe rimanere un mero "valore di scambio", una "merce", qualcosa che deve trovare il suo acquirente, qualcosa che non viene venduto, ma che vende sé stesso. In relazione a voi proletari, ed anche nelle nostre relazioni reciproche, ci consideriamo come valori di scambio, qui vale la legge della vendita universale al dettaglio. Ma in rapporto alle altre nazioni dobbiamo interrompere il funzionamento di questa legge. Come nazione non possiamo vendere noi stessi al dettaglio alle altre nazioni. Dacché la maggioranza delle persone nelle nazioni è divenuta soggetta alle leggi della vendita al dettaglio senza "tener conto" delle "condizioni politiche delle nazioni", una simile proposizione ha solo il seguente significato: Noi borghesi tedeschi non vogliamo essere sfruttati dalla borghesia inglese nel modo in cui tu proletario tedesco viene sfruttato da noi e nel modo in cui noi ci sfruttiamo l'un l'altro. Noi non vogliamo assoggettare noi stessi alla stessa legge del valore di scambio cui noi vi assoggettiamo. Non vogliamo più riconoscere fuori dal paese quelle leggi economiche che riconosciamo all'interno del paese.

[8] Che cosa vuole il filisteo tedesco? Vuole essere un borghese, uno sfruttatore, dentro il paese, ma vuole anche non essere sfruttato fuori dal paese. Si gonfia nel suo essere la "nazione" nei confronti dei paesi stranieri e dice: Non mi sottometto alle leggi della concorrenza; ciò è contrario alla mia dignità nazionale; in quanto nazione sono un essere superiore al bottegaio.

La nazionalità del lavoratore non è francese, né inglese, né tedesca, è il lavoro, libera schiavitù, auto-vendita. Il suo governo non è francese, né inglese, né tedesco, è il capitale. La sua aria natia non è né francese, né inglese, né tedesca, è l'aria della fabbrica. La terra cui appartiene non è né francese, né inglese, né tedesca, si trova pochi metri sotto il terreno. All'interno del paese, il denaro è la patria degli industrialisti. Perciò, il filisteo tedesco vuole che le leggi della concorrenza, del valore di scambio, del bottegaio, perdano il loro valore alle barriere della frontiera del suo paese! Egli è disposto a riconoscere il potere della società borghese solo nella misura in cui si accorda ai suoi interessi, agli interessi della sua classe! Non vuole rimanere vittima del potere cui vuole sacrificare gli altri, e cui sacrifica egli stesso dentro il suo proprio paese! Fuori dal paese vuole mostrarsi ed essere trattato come un essere diverso da quello che è dentro il paese e da come si comporta dentro il paese! Vuole lasciare in piedi le cause ed abolire gli effetti! Noi gli proveremo che vendere sé stessi dentro il paese ha come necessaria conseguenza vendersi fuori dal paese, che la concorrenza, la quale gli dà il suo potere dentro il paese, non può proteggerlo dal diventare privo di potere fuori dal paese; che lo Stato, che è subordinato alla società borghese dentro il paese, non può proteggerlo dall'azione della società borghese fuori dal paese.

Per quanto i singoli borghesi combattano gli uni contro gli altri, come classe i borghesi hanno un interesse comuna, e tale comunità di interesse, che è rivolto contro il proletariato dentro il paese, fuori dal paese è diretto contro la borghesia delle altre nazioni. Questo è ciò che la borghesia chiama la sua nazionalità.

2) Naturalmente, è possibile guardare all'industria da un punto di vista completamente differente da quello del sordido interesse usuraio, secondo il quale l'industria viene guardata non solo dal mercante individuale e dal produttore individuale, ma anche dalle nazioni manifatturiere e dalle nazioni commercianti. L'industria può essere vista come un grande laboratorio in cui l'uomo prende per la prima volta possesso delle proprie forze e delle forze della natura, oggettivando sé stesso e creando per sé stesso le condizioni per un'esistenza umana. Quando l'industria viene considerata in questo modo, si astrae dalle circostanze in cui essa oggi opera, ed in cui esiste come industria; non è un punto di vista portato dall'interno dell'epoca industriale, ma al di sopra; l'industria viene considerata non per quello che essa oggi è per l'uomo, ma per quello che l'uomo di oggi è per la storia umana, per cosa egli è storicamente; non è la sua esistenza presente (non è l'industria come tale) quella che viene riconosciuta, ma piuttosto il potere che l'industria ha senza volerlo e senza saperlo, il potere che la distrugge e che crea le basi per un'esistenza umana. (Assumere che ogni nazione passi attraverso questo sviluppo interno sarebbe altrettanto assurdo dell'idea che ogni nazione è destinata ad attraversare lo sviluppo politico della Francia e lo sviluppo filosofico della Germania. Quello che le nazioni hanno fatto in quanto nazioni, lo hanno fatto per la società umana; tutto il loro valore consiste solamente nel fatto che ciascuna singola nazione ha realizzato, nel quadro in cui l'umanità ha compiuto il suo sviluppo, a beneficio delle altre nazioni uno dei principali aspetti storici (una delle principali decisioni), e quindi dopo che è stata sviluppata l'industria in Inghilterra, la politica in Francia e la filosofia in Germania, tutte queste cose sono state sviluppate per il mondo, ed il loro significato storico per il mondo, così come per quello di queste nazioni, è in tal modo arrivato ad una fine.

Questa valutazione dell'industria è perciò allo stesso tempo il riconoscimento che per essa è arrivata l'ora di essere abolita, ovvero è arrivata l'ora per l'abolizione delle condizioni materiali e sociali in cui l'umanità ha sviluppato le proprie abilità in quanto schiava. Nel momento in cui l'industria non viene più considerata come un interesse usuraio, ma così come lo sviluppo dell'uomo, l'uomo, invece che dall'interesse usuraio, è fatto dal principio e quello che l'industria potrebbe sviluppare soltanto in contraddizione con l'industria stessa fornisce le basi che sono in armonia con quello che dev'essere sviluppato.

Ma l'individuo infelice che [nella sua idea] si trova nel sistema attuale, e che desidera solo elevarsi ad un livello che non è ancora stato raggiunto nel suo paese, che guarda con avida invidia ad un'altra nazione che ha raggiunto questo livello - quest'individuo infelice ha il diritto di vedere nell'industria nient'altro che l'interesse usuraio? Ha il diritto di dire che a lui interessa solo lo sviluppo dell'abilità umana e il dominio dell'uomo sulle forze della natura? Riguardo a questo è altrettanto vile del negriero che fa schioccare la sua frusta sugli schiavi perché gli schiavi dovrebbero essere compiaciuti di poter esercitare i loro muscoli. Il filisteo tedesco è lo schiavista che schiocca la frusta delle tariffe protettive per instillare nella sua nazione lo spirito della "educazione industriale" (*9) ed insegnarle ad esercitare il suo potere muscolare.

La scuola di Saint-Simon ha glorificato in ditirambi la potenza produttiva dell'industria. Le forze che l'industria chiama all'esistenza vengono accomunate all'industria stessa, che è come dire, alle attuali condizioni di esistenza che l'industria impone a queste forze. Siamo naturalmente lontani dal mettere i sansimonisti sullo stesso livello del filisteo tedesco. Il primo passo per rompere l'incantesimo gettato sull'industria è stato quello di astrarre dalle condizioni, i vincoli del denaro, in cui le forze dell'industria oggi operano ed esaminare queste stesse forze. Questo è stato il primo appello al popolo per emancipare la loro industria dall'usura e comprendere l'industria attuale come un'epoca di transizione. I sansimonisti, del resto, non si fermavano a questa interpretazione. Sono andati più lontano - attaccando il valore di scambio, la proprietà privata, l'organizzazione delle società odierna. Hanno messo l'associazione davanti alla concorrenza. Ma sono stati punti per il loro errore originario. Non solo hanno fatto in modo che la confusione summenzionata li portasse ancora più lontano nell'illusione di vedere lo sporco borghese come un sacerdote, ma hanno anche fatto sì, dopo le prime lotte esterne, che ricadessero nella vecchia illusione (confusione) - ma questa volta ipocritamente, dal momento che proprio nella lotta la contraddizione fra le due forze su cui avevano fatto confusione era diventata evidente. La loro glorificazione dell'industria (delle forze produttive dell'industria) divenne una glorificazione della borghesia e Monsieur Michel Chevalier, Monsieur Duveyrier, Monsieur Dunoyer resero ridicoli loro stessi e la borghesia agli occhi di tutta l'Europa - doopo di che le uova marce che la storia aveva gettato loro in faccia vennero trasformate in uova d'oro dalla magia della borghesia - dacché il primo dei nomi suelencati aveva conservato le vecchie frasi ma le aveva aggiornate con il contenuto del regime borghese attuale, il secondo si era egli stesso impegnato nell'usura su grande scale e presiede alla vendita dei giornali francese, mentre il terzo è diventato il più rabbioso apologista del presente stato degli affari e sorpassa in disumanità (in spudoratezza) tutti i precedenti economisti inglesi e francesi. - La borghesia tedesca ed Herr List cominciano dove la scuola di Saint-Simon ha lasciato - con ipocrisia, inganno ed allarmismo.

La tirannia industriale dell'Inghilterra sul mondo è il dominio dell'industria sul mondo. L'Inghilterra ci domina perché l'industria ci domina. Potremo liberarci dalla straniera Inghilterra solamente se libereremo noi stessi dall'industria in patria. Saremo in grado di porre fino al dominio inglese nella sfera della concorrenza solo se supereremo la concorrenza dentro i nostri confini. L'Inghilterra ha potere su di noi perché noi abbiamo dato all'industria potere su di noi.

3) Che l'ordine sociale industriale è il mondo migliore per il borghese, l'ordine più adatto a sviluppare la sua "abilità" in quanto borghese e l'abilità a sfruttare sia le persone che la natura - chi contesterà questa tautologia? Chi contesterà che tutto ciò che oggi viene chiamata virtù è la fonte del profitto per il borghese? Chi contesterà che il potere politico è un mezzo per il suo arricchimento, che anche la scienza ed i piaceri intellettuali sono i suoi schiavi? Chi lo contesterà? Che per lui ogni cosa viene in maniera eccellente [adattata...]? Che per lui ogni cosi è diventata un mezzo di ricchezza, una "forza produttrice di ricchezza"?

4) La moderna economia politica parte dal sistema della concorrenza. Il lavoro libero, vale a dire, la schiavitù indiretta che si offre in vendita, è il suo principio. Le sue proposte principali sono la divisione del lavoro e la macchina. E questo fa sì che il suo più alto sviluppo avviene solo nelle fabbriche, come ammette la stessa economia politica moderna. Quindi l'economia politica parte oggi dalle fabbriche in quanto principio creativo. Essa presuppone le condizioni sociali odierne. Quindi non ha bisogno di dilungarsi sulla "forza manifatturiera". (*10)

Se la "Scuola" non ha fatto alcuna "elaborazione scientifica" (*11) della teoria delle forze produttive insieme e separatamente alla teoria del valore di scambio, ciò è avvenuto perché una tale separazione è un'astrazione arbitraria, dal momento che è impossibile e non può andare al di là di frasi generali.

5) "Le cause della ricchezza sono qualcosa di assai differente dalla ricchezza stessa. La forza capace di creare ricchezza è infinitamente più importante della ricchezza stessa" [List, op. cit., p. 201].

La forza produttiva appare come un'entità infinitamente superiore al valore di scambio. Questa assume la posizione di essenza interiore, mentre il valore di scambio assume la posizione do un fenomeno transitorio. La forza appare come infinito, il valore di scambio come finito, il primo come non-materiale, il secondo come materiale - e noi troviamo in Herr List tutti queste antitesi. Quindi il mondo soprannaturale delle forze prende il posto le mondo materiale del valore di scambio. Mentre le bassezze di una nazione che sacrifica sé stessa per il valore di scambio, di persone che che vengono sacrificate per le cose, è abbastanza ovvio, dall'altra parte, appaiono esserci delle essenze spirituali indipendenti - fantasmi - e pure personificazioni, divinità, e dopo tutto si potrebbe benissimo chiedere che il popolo tedesco sacrifichi il cattivo valore di scambio per dei fantasmi! Un valore di scambio, denaro, appare essere sempre un obiettivo esterno, ma la forza produttiva sembra essere un obiettivo che sgorga dalla mia stessa natura, un auto-obiettivo. Quindi, ciò che io sacrifico nella forma del valore di scambio è qualcosa che mi è esterno; quello che guadagno sotto forma di forze produttive è la mia auto-acquisizione. - Questo è quello che sembra avvenire se si è soddisfatti di una parola o, come un'idealista tedesco, non ci si preoccupa della sporca realtà che si trova dietro questa parola magniloquente.

Per poter distruggere la mistica radianza che trasfigura la "forza produttiva", basta solo consultare un qualsiasi vocabolario. Vi si può leggere della forza produttrice dell'acqua (water-power) del vapore (steam-power), della manodopera (manpower), dei cavalli di potenza (horse-power). Tutte queste sono forze produttive. E' un alto apprezzamento dell'uomo, comprenderlo come "forza" insieme ai cavalli, al vapore e all'acqua?

Nell'attuale sistema, se una colonna vertebrale storta, membra storte, uno sviluppo solo di una parte del corpo ed il rafforzamento solo di alcuni muscoli, ecc., ti rende più capace di lavorare (più produttivo), allora la tua spina dorsale storta, le tue membra deformi, il tuo movimento muscolare solo da una parte sono tutte forze produttive. Se la tua vacuità intellettuale è più produttiva della tua abbondante attività intellettuale, allora la tua vacuità intellettuale è una forza produttiva, ecc., ecc., ecc.. Se la monotonia di un'occupazione ti rende più adatto per quella occupazione, allora la monotonia è una forza produttiva.

Il borghese, il padrone di fabbrica, è affatto preoccupato che il lavoratore sviluppi tutte le sue abilità, esercitando le sue capacità produttive, realizzando sé stesso come essere umano, e quindi realizzando allo stesso tempo la sua natura umana?

Lasciamo che sia il Pindaro inglese del sistema di fabbrica, Mr. Ure, a rispondere a questa domanda:

"Infatti, l'obiettivo costante e la tendenza di ogni miglioramento dei macchinari è quello di sostituire del tutto il lavoro umano, o diminuirne il costo, sostituendo l'industria delle donne e dei bambini a quella degli uomini; o sostituendo gli artigiani qualificati con i lavoratori ordinari" (Philosophie des manufactures, etc., Paris, 1836, t. I, p. 34). " A causa delle debolezza della natura umana accade che il più abile dei lavoratori tende a diventare non-cooperativo ed intrattabile, e, naturalmente, il meno adatto a funzionare come componente di un sistema meccanico ... quindi [il punto principale] del produttore moderno è, attraverso l'unione di capitale e scienza, ridurre nelle persone che lavorano l'esercizio di vigilanza e destrezza, ecc." (loc. cit., t. 1, p. 30).

                                       FORZA, FORZA PRODUTTIVA, CAUSE

"Le cause della ricchezza sono qualcosa di assai differente dalla ricchezza stessa."

Ma se l'effetto è differente dalla causa, non deve, la natura dell'effetto, essere già contenuta nella causa? La causa deve già portare con se l'aspetto determinante che viene più tardi manifestato nell'effetto. La filosofia di Herr List arriva solo a capire che la causa e l'effetto sono "qualcosa di assai differente".

["La forza capace di creare ricchezza è infinitamente più importante della stessa ricchezza."]

E' una raffinata considerazione sull'uomo che lo degrada a "forza" capace di creare ricchezza! Il borghese vede nel proletariato non un essere umano, ma una forza capace di creare ricchezza, una forza che del resto egli può confrontare con altre forze produttive - un animale, una macchina - e se il confronto risulta sfavorevole per l'uomo, la forza di cui l'uomo è portatore deve fare posto alla forza di cui il portatore è un animale od una macchina, sebbene in questo caso l'uomo può ancora avere (godere) il privilegio di apparire come una "forza produttiva".

Se caratterizzo l'uomo come un "valore di scambio", quest'espressione implica già che le condizioni sociali lo hanno trasformato in una "cosa". Se lo tratto come una "forza produttiva", sto mettendo al posto del soggetto reale un soggetto diverso, lo sto sostituendo con un'altra persona, ed egli adesso esiste solo come causa di ricchezza.

L'intera società umana diventa semplicemente una macchina per la creazione di ricchezza.

La causa non è in alcun modo superiore all'effetto. L'effetto è semplicemente la causa apertamente manifestata.

List finge di essere sempre interessato alle forze produttive per il loro bene, contro i cattivi valori di scambio.

Viene gettata un po' di luce per noi sull'essenza delle attuali "forze produttive" quando si dice che nello stato presente degli affari la forza produttiva consiste non solamente nel - per esempio - rendere più efficiente il lavoro dell'uomo o rendere più efficaci le forze naturali e sociali, ma è in egual misura rendere il lavoro più a buon mercato o più improduttivo per il lavoratore. Quindi la forza produttiva fin dall'inizio è determinata dal valore di scambio. Ed è in egual misura un incremento di ...

                                   
                                         [III. Dal Capitolo III Il problema della rendita fondiaria ]

... [22] la rendita fondiaria sparisce. Questi prezzi del grano sempre più alti - dal momento che il lavoratore consuma sempre un certo ammontare di grano, per quanto caro esso possa essere, e quindi il suo salario nominale cresce anche se in realtà decresce - devono essere detratti dai profitti dei signori industriali; Ricardo è abbastanza saggio da assumere che i salari non possono essere ulteriormente depressi. Perciò, quando c'è un aumento del prezzo del grano, ne consegue una riduzione dei profitti ed un incremento nei salari, senza che questi ultimi si incrementino realmente. Tuttavia, l'incremento del prezzo del grano fa aumentare i costi di produzione degli industriali, rendendo cos' più difficile per loro l'accumulazione e la competizione, in una parola, paralizza la forza produttiva del paese. Pertanto, il cattivo "valore di scambio", che entra sotto forma di rendita fondiaria nelle tasche dei proprietari terrieri senza alcun vantaggio (a grande detrimento) per la forza produttiva del paese, deve in una maniera o nell'altra essere sacrificato al bene generale - per mezzo del libero commercio del grano, spostando da parte dello Stato tutte le tasse sulla rendita, o sulla proprietà terriera (a questa conclusione sono arrivati, fra gli altri, [James] Mill, Hilditch e Cherbuliez).

Herr List, naturalmente, non osa parlare all'aristocrazia terriera tedesca di questa spaventosa conseguenza della forza produttiva industriale per la proprietà terriera. Allora, egli rimprovera Ricardo, che ha rivelato tali spiacevoli verità, e gli attribuisce il punto di vista opposto, quello dei fisiocratici, secondo cui la rendita fondiaria non è altro se non una prova della naturale forza produttiva della terra, e così facendo lo falsifica.

List: "In generale, a partire da Adam Smith, la Scuola è stata sfortunata nelle sue ricerche sulla natura della rendita. Ricardo, e insieme a lui Mill, McCulloch ed altri, sostengono che la rendita viene pagata per la naturale produttività inerente agli appezzamenti di terreno. Ricardo a basato tutto il suo sistema su un tale punto di vista... Dal momento che egli considera solo le condizioni inglesi, è stato tratto in inganno assumendo l'erroneo punto di vista che questi campi aratui e prati inglesi, a causa della loro apparente produttività naturale per cui oggi viene pagata una bella rendita, siano sempre stati gli stessi campi arati e prati" (p.360).

Ricardo: "Se il surplus di produzione che la terra offre sotto forma di rendita ha un vantaggio, sta nel fatto che è auspicabile che, ogni anno, i macchinari di nuova costruzione siano meno efficienti di quelli più vecchi, dal momento che questo dare indubbiamente un maggior valore di scambio ai beni prodotti... nel regno; e verrebbe pagata una rendita a tutti coloro che posseggono i macchinari più produttivi"  (Des principes de l'économie politique, etc., Paris, 1835, t. I, p. 77).
"La ricchezza cresce più rapidamente in quei paesi... dove attraverso miglioramenti nell'agricoltura, la produzione può essere moltiplicata senza alcun incremento nella quantità proporzionale di lavoro, e dove di conseguenza il progresso della rendita è solo graduale" (p.81 et seq.).

Quindi, in relazione alla nobiltà, Herr List non osa mettere in scena il suo gioco di ombre con le "forze produttive". Egli vuole adescare questa nobiltà con "valori di scambio" e quindi calunnia la Scuola di Ricardo, che non ha mai giudicato la rendita fondiaria dal punto di vista della forza produttiva, né giudica quest'ultima dal punto di vista del moderno sistema di fabbrica su larga scala.

Perciò Herr List è doppiamente un bugiardo. Nondimeno, noi non dobbiamo fare ad Herr List un'ingiustizia in questa materia. In una grande fabbrica di Württemberg (a Köchlin, se non erro) il re [Guglielmo I] di Württemberg partecipava all'impresa, avendo investito una grande somma di denaro nella fabbrica. Nelle fabbriche di Württemberg, così come in misura maggiore o minore in quelle di Badenm la nobiltà terriera gioca un ruolo importante nel possesso di azioni. Qui, dunque, la nobiltà partecipa monetariamente alla "forza manifatturiera", non in quanto proprietari terrieri ma come borghesi e manifatturieri essi stessi, e...

... [24] crescono le "forze produttive" e la "continuità e permanenza della produzione" di tutta una generazione - la Lista Comunista travestita ci insegna anche questo - e c'è pertanto anche una caratteristica ereditaria della generazione e non signori industriali (vedi, ad esempio, Bray (*12)).

In Inghilterra, venivano assicurate ai proprietari terrieri alte rendite fondiarie solo rovinando i fittavoli e riducendo il livello dei braccianti (veri e propri mendicanti) a quello della povertà irlandese. Tutto ciò nonostante le varie Leggi sul Grano, e senza tenere conto del fatto che i proprietari terrieri nel ricevere la rendita erano spesso obbligati a permettere ai fittavoli lo sgravio da un terzo a metà della rendita. A partire dal 1815, erano state promulgate tre diverse Leggi sul Grano per migliorare la posizione dei fittavoli ed incoraggiarli. Durante questo periodo, cinque parlamentari, si riunivano in commissione per stabilire l'esistenza di difficoltà nel settore agricolo e per investigarne le cause. La continua rovina dei fittavoli, da una parte, nonostante il totale (pieno) sfruttamento dei braccianti e la maggior riduzione possibile dei loro salari, e, dall'altra parte, la frequente necessità da parte dei proprietari terrieri a rinunciare a parte della rendita, sono la prova che essi stessi, nemmeno in Inghilterra - nonostante tutte le industrie manifatturiere - avessero delle alte rendite fondiarie ben supportate. In quanto, dal punto di vista economico, non si può considerare come rendita fondiaria quando parte dei costi di produzione, (*13) per mezzo di accordi e di altre circostanze che si trovano fuori dalla sfera dell'economia, vengono prelevate dalle tasche del proprietario invece che da quelle del fittavolo. Se il proprietario stesso avesse coltivato la sua terra, egli avrebbe certamente fatto attenzione a non ascrivere parte del profitto ordinario da capitale alla voce "rendita fondiaria".

Scrittori del 16°, 17° ed anche dei primi due terzi del 18° secolo, consideravano ancora l'esportazione del grano fatta dall'Inghilterra come la fonte principale della sua ricchezza. La vecchia industria inglese - il cui ramo principale era l'industria tessile, ed i cui rami meno importanti lavoravano per lo più materiale fornito dallo stesso ramo principale - era interamente subordinata all'agricoltura. La sua materia prima principale era il prodotto dell'agricoltura inglese. Quindi, come se fosse un'ovvietà, l'industria promuoveva l'agricoltura. Più tardi, quando il sistema di fabbrica fu propriamente sviluppato, in un breve spazio di tempo cominciò a farsi sentire la necessità di dazi doganali sul frumento. Ma rimasero nominali. La crescita rapida della popolazione, l'abbondanza di terreno fertile che doveva ancora essere reso coltivabile, le invenzioni, dapprima, certamente, alzarono anche il livello dell'agricoltura. Essa approfittò in special modo delle guerre contro Napoleone, che avevano stabilito un sistema regolare di divieti. Ma il 1815 rivelò quanto poco si fossero realmente sviluppate le "forze produttive" dell'agricoltura. Ci fu una levata di scudi generale da parte dei proprietari e dei fittavoli, e vennero emanate le attuali Leggi sul Grano. E' nella natura della moderna fabbrica industriale, innanzitutto, allontanare l'industria dal suolo natio, poiché essa elabora principalmente materie prime provenienti dall'estero e si basa sul commercio con l'estero. E' nella natura dell'industria [secondariamente] portare la popolazione a crescere secondo un rapporto che, nel sistema di proprietà privata, non corrisponde allo sfruttamento del suolo, è inoltre nella sua natura, se dà luogo a Leggi sul Grano, come ha sempre finora fatto in Europa, convertire i contadini in proletari assai più poveri per mezzo di alte rendite fondiarie e metodi industriali di sfruttamenti della proprietà terriera. Se, d'altra parte, avviene con successo che riesca a prevenire la promulgazione delle Leggi sul Grano, allora mette in coltivazione una massa di terra, assoggetta i prezzi del grano a contingenze esterne, ed aliena completamente il paese [entäussert das Land völlig] facendo in modo che il mezzo di sussistenza più essenziale dipenda dal commercio, che mina la proprietà fondiaria in quanto fonte indipendente di proprietà. Quest'ultima cosa è l'obiettivo della  Anti-Corn-Law League in Inghilterra e del movimento anti-rendita in Nord America, in quanto la rendita fondiaria è espressione economica della proprietà terriera. Pertanto i Tories richiamano continuamente l'attenzione sul pericolo che l'Inghilterra venga resa dipendente per quanto riguarda i suoi mezzi di sussistenza, per esempio, dalla Russia.

L'industria di fabbrica - naturalmente, qui non contano paesi come il Nord America che possiede ancora un'enorme quantità di terra che può essere coltivata (e i dazi protettivi non incrementano in nessun modo l'ammontare della terra) - ha di certo la tendenza a paralizzare la forza produttiva del suolo, non appena lo sfruttamento di questo ha raggiunto un certo livello, così come, dall'altra parte, lo svolgimento dell'agricoltura secondo le linee della fabbrica ha la tendenza ad espellere le persone ed a convertire tutta la terra - naturalmente, entro certi limiti - in pascolo, di modo che il bestiame prenda il posto delle persone.

La teoria di Ricardo circa la rendita fondiaria, in poche parole, consiste in quanto segue:

La rendita fondiaria non aggiunge niente alla produttività della terra. Al contrario, la rendita fondiaria crescente è la prova che la forza produttiva della terra è in calo. Essa è infatti determinata dal rapporto fra l'area di terra adatta alla coltivazione ed il numero di persone ed il livello di civiltà in generale. Il prezzo del grano è determinato dal costo di produzione sul terreno meno fertile che dev'essere coltivato per andare incontro ai bisogni delle persone. Se si deve sfruttare la terra di qualità inferiore, o se devono essere utilizzate quote di capitale, sullo stesso pezzo di terra, con resa minore, allora il proprietario della terra più fertile vende i suoi prodotti allo stesso caro prezzo cui li vende il contadino che ha la terra peggiore. Egli intasca la differenza fra il costo di produzione sulla terra migliore ed il costo di produzione sulla terra meno fertile. Così, meno produttivo è il terreno che viene coltivato, o minore il rendimento della seconda e terza quota di capitale investito nello stesso pezzo di terra, detto in poche parole, tanto più decresce la forza produttiva relativa della terra, tanto più cresce la rendita fondiaria. La terra resa fertile ovunque....

                                                     IV. Herr List e Ferrier

Il libro di Ferrier, sotto-ispettore delle dogane sotto Napoleone, "Del governo considerato nei suoi rapporti col commercio", Parigi, 1805, è l'opera da cui Herr List ha copiato. Nel libro di List non vi è una sola idea di base che non sia stata detta, e detta meglio, dal libro di Ferrier.

Ferrier era uno degli ufficiali di Napoleone. Aveva difeso il Sistema Continentale. Non parlava del sistema di protezione ma del sistema di proibizione. Lungi dal pronunciarsi per un'unione di tutte le nazioni o per una pace eterna nel paese. Né, naturalmente, c'era una sola frase socialista. Riportiamo un breve estratto dal suo libro al fine di fare luce sul fonte segreta della saggezza di List. Mentre Herr List falsifica Louis Say di modo da poterlo presentare come un suo alleato, in nessun modo, dall'altra parte, cita Ferrier, che ha copiato dovunque. Ha voluto portare il lettore su una falsa pista.

Abbiamo già citato il giudizio di Ferrier su Smith. Ferrier aderisce al vecchio sistema di proibizioni, ma lo fa più onestamente.

                                               Intervento di Stato. La Parsimonia delle Nazioni

"Esiste una parsimonia ed una stravaganza (prodigalità) delle nazioni, ma una nazione è stravagante o parsimoniosa solo relativamente ad altri popoli" (p.143).

"E' falso che l'uso del capitale, più proficuo per la persona che lo possiede, sia necessariamente anche il più proficuo per l'industria... L'interesse dei capitalisti, lungi dal coincidere con l'interesse generale, è quasi sempre in opposizione ad esso" (pp.168, 169).

"Esiste una parsimonia delle nazioni, ma è assai diversa da quella di Smith... Essa consiste nel comprare prodotti stranieri solamente nella misura in cui essi possono essere pagati per mezzo dei propri prodotti. A volte questa consiste nel rinunciarvi del tutto" (pp. [1741,175).

                                                      Forze produttive e valore di scambio

"I principi della parsimonia della nazioni che Smith ha stabilito (fissato) sono tutti basati sulla distinzione fra lavoro produttivo e lavoro improduttivo... Tale distinzione è essenzialmente scorretta. Non esiste lavoro improduttivo" (p.141).

"Egli" (Garnier) "ha visto nell'argento soltanto il valore dell'argento, senza pensare alla sua proprietà, come denaro, di rendere la circolazione più attiva e, di conseguenza, moltiplicare i prodotti del lavoro" (p.18). "Perciò, quando i governi cercano di prevenire il deflusso di denaro... questo non avviene a causa del suo valore... ma perché il valore che viene ricevuto in cambio di esso non può avere lo stesso effetto nella circolazione... in quanto esso non può causare una nuova creazione ad ogni transazione" (pp.22, 23). "La parola 'ricchezza', così come viene applicata al denaro che circola come denaro, dev'essere compresa a partire dagli atti di riproduzione che facilita... ed in questo senso un paese arricchisce sé stesso quando incrementa la quantità della sua moneta, poiché così facendo incrementa attraverso la moneta tutte le forze produttive del lavoro" (p.71). "Quando viene detto che un paese può stabilire (spendere) un bilancio di due miliardi,... ciò che questo significa è che il paese ha i mezzi, con l'ausilio di questi due miliardi, per sostenere una circolazione 10, 20, 30 volte più grande in valori o, che poi è la stessa cosa, che può produrre questi valori. Sono questi mezzi di produzione, che il paese deve al denaro, che vengono chiamati ricchezza" (p.22).

Vedete: Ferrier distingue il valore di scambio posseduto dal denaro rispetto alla forza produttiva del denaro. A prescindere dal fatto che in generale egli chiami ricchezza i mezzi di produzione, in ogni caso non c'è niente di più facile che applicare a tutto il capitale la distinzione che egli stabilisce fra il valore e la forza produttiva del denaro.

Ma Ferrier va ancora più lontano, egli difende il sistema di proibizioni, generalmente sul terreno per cui esso salvaguarda per le nazioni i loro mezzi di produzione:

"Così le proibizioni sono utili ogni qual volta rendono più facile per le nazioni acquisire i mezzi per soddisfare i loro bisogni... Io paragono una nazione che compra con i suoi soldi merci estere che potrebbe produrre essa stessa, sebbene di peggior qualità, con un giardiniere che, insoddisfatto della frutta che raccoglie, voglia comprare frutta più succosa dai suoi vicini, dando loro in cambio i suoi attrezzi per il giardinaggio" (p.288). "Il commercio estero è sempre vantaggioso quando si sforza di allargare il capitale produttivo. E' svantaggioso quando invece di moltiplicare il capitale ne richiede la sua alienazione" (pp-395-396).

                                                    Agricoltura, Manifattura, Commercio

"Un governo dovrebbe promuovere commercio e fabbriche, preferendolo all'agricoltura? La questione rimane una di quella su cui governi e scrittori non possono concordare" (p.73).

"Il progresso dell'industria e del commercio è legato a quello della civiltà, delle arti, delle scienze e del trasporto. Un governo, che non può fare quasi niente per l'agricoltura, non può fare quasi niente per l'industria. Se una nazione ha abitudini o gusti in grado di impedire il suo sviluppo, il governo deve usare tutti i suoi mezzi per combatterli" (p.84).

"Il vero mezzo per incoraggiare l'agricoltura è quello di incoraggiare la manifattura" (p.225). "Il suo dominio" (quello dell'industria, con cui M. Ferrier intende industria manifatturiera) "non è limitato, sia per quel che concerne i suoi successi sia per i suoi mezzi di miglioramento... Di vasta portata come l'immaginazione, e come l'immaginazione mobile e feconda, la sua potenza creativa non ha altri limiti che quelli stessi della mente umana, dalla quale riceve quotidianamente un fresco splendore [fresh éclat]" (p. 85).

"La vera fonte di ricchezza per una nazione agricola-manifatturiera p la riproduzione ed il lavoro. Essa deve applicare a tal fine il suo capitale e dev'essere preoccupata di trasportare e vendere le proprie merci prima di impegnarsi nel trasporto e nella vendita delle merci di altre nazioni" (p.186). "Questa crescita della ricchezza umana va attribuita in primo luogo al commercio interno, il quale precede di gran lunga lo scambio fra nazione e nazione" (p.145). "Secondo Smith stesso, di due capitali, di quello che viene investito nel commercio interno e di quello nel commercio estero, il primo dà all'industria del paese un supporto ed un incoraggiamento 24 volte maggiore" (p.[1451-146).

Ma M. Ferrier almeno capisce che il commercio interno non può esistere senza il commercio estero (loc. cit.).

"Se alcuni privati importano dall'Inghilterra 50mila pezzi di velluto, guadagneranno una grande quantità di denaro da questa transizione e saranno in grado di commercializzare i loro prodotti. Ma essi riducono l'industria del loro paese ed espellono dal lavoro 10mila operai" (p. 170; cf. pp. 155, 156).

Come List, M. Ferrier richiama l'attenzione sulla differenza fra le città impegnate nella manifattura ed il commercio e le città che consumano solamente (p.91), ma così facendo egli è quanto meno abbastanza onesto da riferirsi a Smith stesso. Egli fa riferimento al Methuen Treaty, (*14) così caro ad Herr List, e alla sottigliezza del giudizio di Smith su quel trattato (p.159). Abbiamo già visto come in generale quel giudizio di Smith coincida quasi parola per parola con quello di List. Si veda anche sul trasporto commerciale (p.186 et passim).

La differenza fra Ferrier e List sta nel fatto che il primo scrive a sostegno di un'impresa di importanza storica mondiale - il Sistema Continentale, laddove il secondo scrive a sostegno di una piccola borghesia debole di mente.

Ammetterà il lettore che tutto di Herr List è contenuto in nuce negli estratti di quello che scrive Ferrier. Se, inoltre, si aggiungono le frasi che egli prende in prestito dallo sviluppo dell'economia politica a partire da Ferrier, allora tutto ciò che rimane è il vuoto idealizzante, la forza produttiva di ciò che consiste di parole - e la furba ipocrisia del borghese tedesco in lotta per il dominio,

- Karl Marx -

NOTE

(*1) La parola "ostacolo", nel manoscritto, è scritta sulla parola "inconveniente. E dopo nel testo, Marx usa ripetutamente questo metodo di proporre delle varianti. Nella traduzione, queste parole vengono messe fra parentesi subito dopo la parola cui la variante si riferisce.

(*2) In metrica, il Molosso è un piede di tre sillabe lunghe. Marx usa il termine ironicamente per descrivere il pesante stile di List.

(*3) Il Tribunato era una delle quattro istituzioni legislative introdotte in Francia con la Costituzione del 1799 dopo il colpo di Stato del 18-19 Brumaio 1799, che stabilì la dittatura di Napoleone Bonaparte. Il Tribunato venne abolito nel 1807.

(*4) Allusioni ironiche agli argomenti di List ed al suo utilizzo delle parole. Le parole fra virgolette ("liberi, potenti e ricchi borghesi") allude all'espressione di List, “das Aufkommen eines freien, industriellen und reichen Bürgertums” (la nascita di una libera, industriale e ricca borghesia) a pagina Lxvi del suo libro. A pagina Lxiv, List rivendica il merito di aver mostrato alla piccola nobiltà tedesca quanto fosse vantaggiosa per loro l'esistenza di una borghesia industriale "piena di zelo" che lavorava per incrementare le rendite delle loro proprietà.

(*5) Nel medioevo tedesco, nel quadro delle rivolte contadine, "il gallo rosso sul tetto" indicava il dare fuoco ai castelli.

(*6) "Confederazione" è una delle parole preferite di List. Egli parla di "confederazione delle varie attività", "confederazione delle diverse conoscenze", "confederazione delle varie forze".

(*7) A pagina 208 del suo libro, List illustra il suo insegnamento circa le forze produttive ed i valori di scambio per mezzo dell'esempio di due padri, ciascuno dei quali ha cinque figli e ciascuno possiede una tenuta che gli dà una rendita che è di 1.000 talleri superiore a quello che spende per il mantenimento della sua famiglia. Uno dei due padri mette i suoi 1.000 talleri in una banca ad interesse e costringe i suoi figli a svolgere dei lavori non qualificati; l'altro padre usa i suoi 1.000 talleri per dare ai figli un'educazione di alto livello, cosicché diventino degli agronomi o degli ingegneri altamente qualificati. Secondo List, il primo padre si preoccupa dell'incremento dei valori di scambio, mentre il secondo si preoccupa per l'incremento delle forze produttive. A pagina 209, List parla della religione cristiana e della monogamia come una "ricca fonte di forza produttiva".

(*8) List scrive: "Laboratori e fabbriche sono le madri ed i figli della libertà civica, dell'educazione, delle arti e delle scienze.

(*9) "Educazione industrial" è un'espressione che List usa spesso.

(*10) Per "forza manifatturiera" (“die Manufakturkraft”), List intende il potere produttivo della fabbrica industriale. Ma spesso egli utilizza l'espressione semplicemente nel senso di fabbrica industriale.

(*11) Un'allusione all'affermazione di List secondo cui la sua "teoria delle forze produttive" dovrebbe essere elaborata scientificamente (“wissenschaftlich auszubilden sei”) fianco a fianco con "la teoria del valore di scambio" sviluppata dalla “Smith-Say school” (List, op. cit., p. 187).

(*12) Qui il riferimento è all'argomento di List, nel capitolo 24 del suo libro, a proposito dell'importanza della "continuità" e la "non-interruzione della produzione" nello sviluppo della fabbrica industriale, la preservazione e la perfezione dei suoi mezzi tecnici e della capacità produttiva dei lavoratori. Nel confrontare questi argomenti con quelli di J.F. Bray, Marx ha in mente il libro di quest'ultimo, Labour’s Wrongs and Labour’s Remedy; or the Age of Might and the Age of Right, Leeds, 1839, che dimostra l'ingiustizia della proprietà ereditaria dei capitalisti e dei proprietari terrieri in quanto classe non-produttiva e parassitaria. In "Miseria della filosofia" (1847) Marx caratterizza il punto di vista di Bray come comunista.

(*13) Il termine costi di produzione (“Produktionskosten”) è usato da Marx nel senso del valore del prodotto.

(*14) Il Methuen Treaty era un trattato commerciale concluso il 27 dicembre del 1703, fra Inghilterra e Portogallo (da Lord Methuen per l'Inghilterra) - alleati nella guerra per la successione spagnola (combattuta dalla coalizione anglo-austro-olandese contro la Francia e la Spagna). Il trattato apriva pieno accesso in Portogallo alla lana inglese, in cambio della quale il Portogallo riceveva il diritto ad esportare i propri vini in Inghilterra a condizioni privilegiate. Nel suo libro, List sottolinea come questo trattato sia stato sfavorevole al Portogallo.

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