mercoledì 29 aprile 2015

Good bye, Capitalismo!

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Good bye, capitalismo! Bye, bye, dissociazione-valore, merce, lavoro, denaro, feticismo, mercato, Stato, politica, partito, economia, concorrenza, soggetto. Bye, bye, Obama, Xi Jinping, Merkel, Putin, Cameron, Hollande, Castro, Maduro, Netanyahu, Abu Bakr, Abbas, Dilma, Tsípras.
Addio? Il capitalismo ha superato la società pre-moderna. E' stato capace di superare tutte le sue crisi. E' andato oltre tutti gli ostacoli, anche quelli rivoluzionari. Nel corso di alcuni secoli, il capitalismo ha creato un mondo a sua immagine e somiglianza. Ha modellato le nostre menti di modo da essere considerato come eterno. Capitalismo e denaro - l'uno è l'anima dell'altro. E l'essere umano dimostra quotidianamente di non saper vivere senza denaro. Come si può parlare di addio al capitalismo?
Il capitalismo, grazie alla concorrenza, ha aumentato la produttività all'infinito. Ha finito così per causare una drastica riduzione del valore (che si esprime in denaro) e del plusvalore (che si esprime in profitto) in esso incluso. Si stanno azzerando. Ed ecco che la sovversione capitalista sta sconfiggendo il capitalismo stesso, sovvertendone tutti i fondamenti di moderno sistema patriarcale produttore di merci.
E' sorprendente! Ma, lo è molto di più sapere che questo comporta la sua autodistruzione. Ha tagliato il ramo su cui è seduto. Ha messo fine alla sua propria dinamica. E' stato in grado di mettere in funzione un meccanismo che, in un dato momento, lo ha ferito a morte. Non è stata nessuna contestazione sociale a causare tutto questo. Il collasso del capitalismo deriva dallo stesso capitalismo. Come non dire good bye, capitalismo?
Il fatto che il capitalismo sovverta le sue stesse basi nasce dall'auto-contraddizione del capitale nella sua logica fondamentale. Questi ci pone di fronte ad un limite interno oggettivo del capitale che è andato avanti segnalando così il suo limite interno assoluto.
Ma, vediamo: c'è una relazione esplicita fra lo sviluppo delle forze produttive e la svalorizzazione del valore.
Lo sviluppo permanente della produttività rende gradualmente superflua la forza lavoro. In questo modo, il dispendio di energia umana astratta viene ad essere sostituito dalle forze produttive della microelettronica. Appare, così, una contraddizione fondamentale in seno al soggetto automatico del feticcio del capitale e della sua dinamica storica. Diamo un'occhiata più da vicino ad una questione così decisiva.
Il fine in sé della ricchezza astratta - che è quello di trasformare denaro in più denaro (valorizzazione del valore) - si fonda unicamente ed esclusivamente sul dispendio sempre maggiore dell'energia del lavoro umano, che costituisce la sostanza del capitale. L'aumento e lo sviluppo costante delle forze produttive rende proprio tale sostanza sempre più superflua. Ritirandola dal processo produttivo, causa la svalorizzazione lenta, e alla fine drammatica, degli oggetti in quanto valori (merci).
Dopo tutto, lo scopo de capitale non è la soddisfazione delle necessità per mezzo della produzione di ricchezza concreta, bensì il fine in sé della valorizzazione, la produzione di ricchezza astratta.
Il contenuto materiale della produzione diventa incompatibile con la forma impostagli dal valore. Emerge qui la sovversione del modo di produzione capitalista. Quindi, una sovversione che minaccia il mondo - la sovversione capitalista. Risultato: il lavoro smette di essere la fonte principale di ricchezza. Il tempo di lavoro smette di esserne la sua misura. Ed il capitalismo salta in aria proprio perché è fondato sul valore.
Pertanto, il modo di produzione capitalista ha portato con sé tale tendenza allo sviluppo assoluto delle forze produttive. Non "è stato attento" al valore ed al plusvalore. Questo gli è stato fatale.
In pieno XXI secolo, il capitalismo si rivela come un sistema suicida che trascina con sé l'umanità ed il pianeta verso il suicidio, l'ecocidio, in breve, verso la barbarie. Le sue categorie, ossia, le sue condizioni di esistenza e le sue forme di pensiero hanno cominciato a tentare di giustificare la regressione, ovvero, il declino della sua civiltà.
Ci sono voluti sette anni, dall'inizio della crisi globale del 2008. Oggi, il sistema monetario mondiale è sul punto di arrivare al suo collasso. Il limite interno assoluto del capitale è stato raggiunto. Questo limite non è più temporaneo, ma è il limite assoluto della logica di valorizzazione. E' l'annuncio della prospettiva della morte del capitalismo.
La prima avvisaglia di questo limite è stato il terremoto svalorativo dell'ottobre del 2008. Esso ha dimostrato che la continuità dell'economia di deficit era insostenibile. Ne ha evidenziato chiaramente la scadenza. La crisi ha proceduto speditamente verso la frontiera storica del sistema.
I sintomi sono numerosi. E vengono alla luce rompendo un secolare silenzio. Indicano che il naufragio del sistema si presenta come crisi delle relazioni patriarcali capitaliste, in particolare crisi delle relazioni fra i sessi (controllo dell'identità sessuale del sistema/il mondo maschile è finito), crisi ecologica (barriera naturale), crisi economica (frontiera economica), crisi della politica e degli stati nazionali (non funzionano più come istanze regolatrici), crisi della società del lavoro (estinzione del lavoro/disoccupazione) e crisi della soggettività (morte del soggetto).
La gestazione di questa crisi risale all'origine del sistema. Capitalismo è crisi. La sua prima apparizione significativa è stata nel 1929, dopo la prima guerra mondiale. E' avvenuta in un momento di espansione del sistema. E' stato possibile superarla. Si è presentata in vari paesi, dopo la seconda guerra mondiale, con profili diversi, data l'eterogeneità dello sviluppo capitalista. Era presente nel corso della Guerra Fredda. In Brasile, la si è vista nel suo svolgimento da Vargas, fino alla dittatura e alla Nova República. Ha attraversato i governi Sarney, Collor, Itamar, FHC e Lula. La crisi ha interessato vari paesi, in particolare alla fine del XX secolo, ed ha raggiunto dimensioni maggiori a partire dal 2008. Ed ora, scoppia in faccia a Dilma che rimane sorpresa e fa aumentare così il disorientamento generale.
La sua cronologia mostra tutte le false opzioni offerte dallo Stato e dal mercato, dal capitalismo e dal capitalismo di Stato. Ora, la festa è finita. E le risposte accumulate nel corso dell'espansione del capitalismo erano innocue. Questa crisi attuale è la crisi di esaurimento del sistema. La sua complessità esige una nuova teoria con una sua corrispondente prassi emancipatrice. La sua configurazione attuale dimostra che era tutto privo di senso.

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L'etimologia della parola crisi proviene dal vocabolario medico dell'antica Grecia. Indicava il culmine dell'evoluzione di una malattia. Non è mai stata utilizzata per spiegare i conflitti, nel contesto delle rappresentazioni personali esistenti, nelle condizioni agrarie e religiose premoderne. Sarebbe inaccettabile. In tali società, la trascendenza era concepibile solamente attraverso gli dei.
L'avvento dell'era moderna cambiò totalmente questa situazione. In questa nuova configurazione storica, la polemica fra la destra e la sinistra occupa in ruolo di primo piano. Attraverso tale controversia, la trascendenza si trasformò in immanenza alla forma capitalistica. In tale immanenza, la possibilità che la crisi potesse evolvere in un collasso del sistema venne rifiutata. Il collasso non venne interpretato come un accadimento involontario. Perciò, la sua comprensione ed il suo superamento vennero rimandati.
Per un lungo periodo storico, la destra ha difeso l'indifendibile e la sinistra non è mai stata sovversiva.
La destra, per dar vita alla logica suicida dello sviluppo, si è fondata sul mantenimento dell'ordine a qualsiasi costo. L'espressione politica del capitalismo poteva variare, ma mai contro il sistema.
La sinistra, per dar vita ad un nuovo ordine, si è fondata su un'idea di rivoluzione che non metteva in questione le basi del capitalismo. Ossia, ne manteneva le sue categorie fondanti, contribuendo così alla modernizzazione del sistema.
Sono stati del tutto inutili, pertanto, fascismo, nazismo, golpismo, persecuzioni, terrorismo, guerra, assassinii, censura, intolleranza, oppressione, sfruttamento, dominio, dittatura, neoliberismo, socialdemocrazia per mezzo del mercato... Sono anche stati del tutto inutili socialismo, bolscevismo, trotskismo, fochismo, anarchismo, maoismo, nazionalismo, democraticismo, keynesismo, neoliberismo, socialdemocrazia per mezzo dello Stato... Non sono serviti a niente. Ma hanno lasciato una scia di distruzione umana e naturale, di sofferenze e di terribili conseguenze per l'umanità.
Ma il fallimento della creatura è il fallimento del creatore. E questo scalfisce la nostra soggettività. Essa è rimasta sottomessa ad una servitù volontaria al servizio del soggetto automatico, ossia, al servizio del valore, del capitale con la sua valorizzazione del denaro che lascia un'altra scia di devastazione, di stagnazione, di decomposizione e di sacrifici inauditi per gli esseri umani e per la natura.
La nostra soggettività ha scoperto che la Terra non è il centro dell'universo, si è resa conto che la scimmia è un nostro parente, ha constatato che siamo manipolati dall'inconscio ed ha progredito nella comprensione secondo cui il modernismo, il postmodernismo, il rinascimento, l'illuminismo e i suoi Narcisi avevano come senso della vita una ragione che era fondata su una relazione sociale irrazionale, folle, assurda e oggettivata.
Cosa farà ora, scoprendo che la natura della crisi attuale è il risultato di una sovversione capitalista suicida che ci porta verso il precipizio?
Continueremo a zittire la ragione critica, di modo che questa follia assassina la faccia finita una volta per tutte con l'umanità e col pianeta?
Non è forse arrivato il momento di cantare l'essere umano e la sua emancipazione, anziché le merci e le loro passioni?
Di guardare la luna, e non il dito che la indica, come avvertivano i situazionisti?
Visto che le strade non sono tracciate, non è forse tempo di volare?
La nostra soggettività feticizzata ha impedito che potessimo vedere, in anticipo, che il capitalismo avrebbe involontariamente sovvertito la sua stessa sostanza. Comprendere questo è decisivo. Poiché il motivo più profondo della crisi è, allo stesso tempo, il motivo della stessa continuità di questa relazione sociale capitalistica. Un esempio importante proviene dalla contraddizione fra capitale sociale globale e capitale individuale.
Nella relazione di capitale in quanto capitale sociale globale, il valore prodotto dai capitali individuali si aggrega, alle spalle dei soggetti, nella massa globale di valore, per cui competono i diversi capitali individuali.
Quel che interessa ai capitalisti individuali, è l'utilizzo efficiente di tutti i componenti del loro capitale. Risparmiare tempo. Ottimizzare le risorse. Produrre sempre più merci facendo ricorso a sempre meno forza lavoro. Prendere tutte le precauzioni per non naufragare nella disputa commerciale sempre più agguerrita.
I capitalisti individuali, pertanto, sono portati a far fronte alle conseguenze dei loro processi produttivi e non danno il giusto peso alle conseguenze del processo globale del capitale. Non rivolgono la loro attenzione al capitale in quanto soggetto automatico di tutta la società. E non lo fanno perché la concorrenza li obbliga ad una tale visione parziale, in ragione del suo stesso contesto sociale condizionante. Quindi, i soggetti economici pensanti agiscono e sviluppano i propri calcoli sul piano dell'economia d'impresa del capitale individuale.
Si rende allora evidente una contraddizione tra la determinazione quantitativa del valore globale e quella del valore individuale. Al concetto di capitale ed alle sue categorie, sviluppate a partire da esso, corrisponde unicamente il capitale globale. Ma, su questo piano, non esiste alcun soggetto che svolga dei calcoli coscienti. L'oggettività autonomizzata obbedisce ad una logica costante e predominante.
Pertanto, il capitale è l'oggetto autonomizzato dalle azioni feticiste dei soggetti. In questa autonomizzazione si inverte il la rapporto ideologicamente supposto, poiché l'ideologia si presenta come coscienza necessariamente falsa. Non è l'oggetto ad essere lavorato dai soggetti. Al contrario: è proprio su questi "soggetti" che "lavora" l'oggetto. Perciò esso è il soggetto automatico ed i soggetti empirici sono gli oggetti. In quest'inversione, si collocano le basi della crisi. Alla fine, il soggetto automatico non pensa e non agisce in quanto essere pensante. Costituisce la forma cieca che si trova, a priori, alla base dell'azione umana. E' la forma di un movimento dinamico guidato dalla concorrenza universale.
Questo movimento può essere percepito soltanto dalla critica radicale della crisi del valore, che è la critica dell'insieme della società. è può essere valutato nelle sue dimensioni soltanto da tale critica radicale della dissociazione-valore.
Oggi, l'umanità si confronta con il risultato storico negativo della dinamica capitalista, con il totale svuotamento del valore e con anche l'esaurimento della produzione di plusvalore. La crisi non è un problema solo di mancanza della realizzazione del plusvalore realmente prodotto, ma di mancanza di produzione di plusvalore. Per il capitalismo, continuare ad esistere significa barbarie capitalista. Questo è diventato incompatibile con l'esistenza dell'umanità e della natura.

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Non si tratta di catastrofismo, ma di una conclusione realistica di fronte alle minacce prevedibili, ma di dimensioni imprevedibili, che si annunciano.
Dall'attuale situazione brasiliana, emerge una ricchezza immensa. Il Brasile vi è immerso. La crisi è arrivata, e la sua co-amministrazione si è rivelata tragica. I governanti si erano presentati come capaci di superarla. Sono rimasti attoniti. E gli elettori sorpresi. Si sono addormentati con un candidato. Si sono svegliati con un altro candidato. Ha fatto notte con un partito. Ha fatto giorno con un altro. Hanno gridato vittoria. Sono finiti sconfitti.
Dopo la sconfitta del progetto socialdemocratico per mezzo del mercato, abbiamo visto il progetto socialdemocratico attraverso lo Stato. Ma il doppio salto mortale sulla scena non è riuscito. L'essenza comune ai due progetti è venuta alla luce. Le apparenze non hanno ingannato quasi nessuno. Il cambio di rotta del governo ha colpito il suo elettorato. Ed il rifiuto si è manifestato rapidamente. Secondo i sondaggi, il 75% ritiene che il paese sia sulla strada sbagliata. La percentuale più alta proviene dai più poveri, dai meno scolarizzati e dai residenti nell'interno del paese e nel Nordest. Esprime lo stupore di fronte al fallimento dei modelli proposti nel tentativo di salvare il capitalismo. E che, con il collasso di questi, scompaiono nell'abisso. La crisi manda tutto in pezzi. Aggrapparsi con forza alle condizioni di vita capitalista non garantisce più alcuna sicurezza a nessuno.
Il Brasile non era pronto ad affrontare la crisi. La confusione è generale. Ad un presidenzialismo quasi senza potere, corrisponde un parlamentarismo senza rappresentatività. I poteri esecutivi, legislativi e giudiziari sono sospetti. La popolarità del governo è a terra. La sfiducia nei politici e nei loro partiti è alle stelle. I loro argomenti sono diventati inutili, ridicoli. Sostituire una politica con un'altra non risolve più niente. cambiare un modello con un altro si è dimostrato inutile. La natura procede verso la rovina. Arte e cultura sono degradate. Nell'assistenza sanitaria e nell'istruzione regna il caos. Nelle città si conduce una vita animalesca. Prodotti alimentari avvelenati. Incrementi fiscali. Aumento delle imposte. Recessione economica. Carestie sugli altopiani. Inflazione incontrollata. Ulteriore aumento della disoccupazione. Terziarizzazione. Diminuzione dei diritti. Festival della corruzione in tutto il paese. Co-amministrazione della barbarie. Istituzioni a brandelli. Autorità decrepite. Intolleranza a tutti i livelli. Violenza incontrollata. Vita vuota. Discriminazione a volontà. Insoddisfazione generalizzata. In questa situazione, le proposte di riforme politiche, di sinistra, di destra, di centro non arrivano al cuore della questione. Movimenti di strada senza prospettive perché non affrontano o sciolgono questo nodo.
Fino ad oggi, in Brasile, tutte le rivolte sono finite sottomesse alla forma capitalista. Ora sono crollati i presupposti per giustificarla. Se prima rendevano possibili i mezzi precari per vivere nel sistema, oggi la fonte si è prosciugata. Per pochi, il paradiso. Per molti, l'inferno. Se il sistema è in decomposizione, tutti i mezzi vengono messi in discussione. Il paradiso si sta già trasformando in inferno e ci si rende conto che è sempre più difficile uscirne. Forse cominciamo a renderci conto che non bastavano i mezzi senza una ragione per vivere. Alla fine, questi mezzi ci hanno condannato a morte. Ora cerchiamo delle ragioni che aprano la strada verso una buona vita. Affinché la rivolta non rimanga spontanea, impotente, disperata e senza orizzonti, abbiamo bisogno di una teoria e di una pratica non più sottomesse alla forma capitalistica. Per mezzo di esse riusciremo a comprendere tutta l'estensione e la profondità del terreno della nuova lotta e del suo nuovo obiettivo. Il mondo capitalista ha costituito una tappa passeggera nella storia dell'umanità. E la consanguineità, il totemismo, la proprietà del suolo e la dissociazione-valore hanno costituito un lungo periodo storico attraverso il quale l'essere umano si è strappato dalla natura, diventando un essere relativamente cosciente in relazione alla prima natura, ma non ancora in rapporto alla seconda natura, che è la sua propria connessione sociale creata da egli stesso. Tale connessione sociale, oggi, uccide la natura ed elimina lo stesso essere umano.
Con tutto questo, diventa evidente la risposta da dare alla reale dimensione della crisi, in Brasile e nel mondo, nel XXI secolo.
SI tratta di superare, non solo la storia capitalista, ma tutta la storia finora esistente. Non è solo l'era della Guerra Fredda ad essere giunta alla fine. E' arrivata alla fine anche la storia mondiale della modernizzazione. Non solo questa storia specificamente moderna, ma la storia mondiale delle relazioni feticistiche.
Good bye, capitalismo! Oggi possiamo dare l'addio a vossia e alla crisi del vostro limite, alla vostra logica ed al vostro soggetto con la sua macchina del fine in sé della valorizzazione, da cui è arrivata la distruzione dell'umanità e la devastazione della natura. Possiamo dare alle lotte immanenti, realizzate quotidianamente in Brasile e nel mondo, una vera dimensione di emancipazione, trasformandole in lotte trascendenti al sistema. Ora, iniziamo una nuova storia. Contiamo su un pensiero ed un'azione innovatori. Possiamo realizzare una rottura categoriale col capitalismo perché i nuovi orizzonti rendono possibile costruire l'anti-soggetto emancipatore. A partire da questo, è possibile dare ali all'intelligenza ed all'immaginazione per costruire una nuova vita, una nuova società, un nuovo rapporto sociale.
Se il nostro quotidiano è effettivamente un luogo di privazione, di banalità, di infelicità e di insicurezza, ciò non avviene a causa di un destino immutabile. E' il risultato di un ordine sociale obsoleto e che oggi ha collassato.
Una vera vita quotidiana può ora essere creata come opera e come storia cosciente e libera, nella misura in cui andiamo eliminando i ciechi meccanismi che hanno raggiunto la loro barriera storica e che, superati, aprono la prospettiva di emancipazione. La nostra vita quotidiana avrà a disposizione ricchezze nascoste per essere in grado d'ora in poi di contribuire ad una contestazione generalizzata del sistema.

Non ha più senso la nostra rassegnazione davanti alla crisi e alle catastrofi dettate dall'auto-movimento astratto del denaro.
Non ha più senso limitare la nostra soggettività teorica e pratica ad un'astuta strategia di sopravvivenza.
Non ha più senso continuare ad illudersi immaginando di superare la crisi senza una critica radicale in quanto trascendente al capitalismo.
Non ha più senso difendere un campo di manovra per giustificare ed accettare sacrifici. E' arrivato il momento di abolire tutti i sacrifici. Dopo tutto, il processo di modernizzazione è finito. E' diventato catastrofe, come lo si registra nella morte degli immigranti nel Mediterraneo e nelle stragi che avvengono nei vari angoli del pianeta.
Per far sì che la vita abbia senso, occorre una ragione sensibile che è esattamente il contrario della ragione astratta illuminista, borghese, patriarcale, feticista e suicida sostenuta attraverso la dissociazione-valore.
Perché la vita abbia senso, di fronte alle azioni collettive suicide su scala mondiale e nazionale, non c'è più da discutere di riforme isolate, incapaci di rendere possibile una prospettiva di emancipazione. Come, per esempio, le opzioni false e precarie, offerte dalle istituzioni o dall'opposizione (di sinistra o di destra).
Perché la vita abbia senso, non ha alcun senso ricorrere allo Stato contro il mercato o al mercato contro lo Stato. Il fallimento del mercato ed il fallimento dello Stato, del soggetto-cittadino e de soggetto-mercantile, diventano identici perché la forma di riproduzione sociale della modernità e della postmodernità ha perso completamente la sua capacità di funzionamento e di integrazione.
Per far sì che la vita abbia senso, bisogna dare origine ad un movimento di superamento, in quanto forza sociale, e questo è possibile solamente per mezzo della coscienza. La crisi è oggettiva. L'emancipazione, no! Tale oggettività non è ineluttabile e neppure naturale. Essa è una costruzione storica. In quanto tale, può essere criticata e superata. L'emancipazione è una conquista cosciente. Oppure non sarà mai emancipazione.
Vale qui la pena ricordare i preziosi contributi che provengono dalle esperienze che cominciano a dare inizio alla costruzione di nuove relazioni sociali, ambientali, culturali, ecc. non più basate sul denaro, sullo Stato e sul mercato. Hanno un valore inestimabile perché vanno oltre il sistema.
Nell'essere consapevoli e liberi di emanciparci, la vita comincerà ad essere piena di senso, e la trascendenza al capitalismo sarà caratterizzata dalla poesia del futuro.

MESSAGGIO DI CRITICA RADICALE
Fortaleza, 24 Aprile del 2015

fonte: CRÍTICA RADICAL

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