venerdì 27 febbraio 2015

Simone e Roswitha

simone

Attraverso una lettura esigente de "Il secondo sesso", Roswitha Scholz esplora gli argomenti esistenzialisti di Simone de Beauvoir per confrontarli con il quadro contemporaneo della società capitalista. Senza negarne l'apporto fondante, la Scholz cerca di mostrare i limiti dell'opera, per mezzo della critica della figura dell'Altro, spesso percepito indipendentemente dalla sua costituzione specifica dentro il sistema capitalista. Roswitha Scholz quindi esercita la sua critica nei confronti delle appropriazioni opportunistiche di Simone de Beauvoir, così come possono essere riscontrate nelle diverse teoriche femministe (Luce Irigaray, Judith Butler, ecc.), al fine di mantenere l'esigenza di un pensiero critico dell'Altro sesso in quanto essere dominato, in seno alla societò capitalista feticizzata in piena crisi esistenziale. (dalla Quarta di copertina).

Quella che segue, è la prefazione fatta da Ronant David - sociologo, membro della rivista "Illusio" - al libro di Roswitha Scholz, "Simone de Beauvoir aujourd'hui. Quelques annotations critiques à propos d'un auteur classique du féminisme", pubblicato nel 2014 dalle edizioni "Le Bord de l'eau".

simone libro

PREFAZIONE
di Ronant David

Il libro di Roswhita Scholz, "Simone de Beauvor oggi", proposto al lettore francese, vuole essere un modesto contributo alla conoscenza del singolare lavoro della teorica tedesca facente parte della corrente della critica del valore, i sui scritti rimangono largamente sconosciuti in Francia. Sviluppatosi nel quadro delle riviste Krisis ed Exit!, e soprattutto a fianco di Robert Kurz, il lavoro della sociologa tedesca si articola principalmente intorno al concetto di dissociazione/valore che lei stessa ha contribuito a definire.
Particolarmente da tradurre in francese, il concetto di dissociazione/valore, elaborato dalla teorica tedesca, si inscrive nella corrente della critica del valore e si lega all'evidenziazione del processo di feticizzazione e di valorizzazione in atto nelle società capitalistiche fondate sul principio della produzione di merci e su quello del lavoro. Basandosi su una rilettura critica di Marx e rifiutando il tradizionale marxismo operaista, la critica del valore fa della merce e del valore, i concetti-chiave di una critica del capitalismo strutturalmente in crisi.
Il contributo di Roswhita Scholz ad un tale lavoro di interpretazione critica del capitalismo, consiste essenzialmente in una "sessualizzazione" del carattere astratto e neutro della merce, che mette in evidenza un processo dialettico specifico della dissociazione/valore. Mentre il capitalismo produce, in seno a dei rapporti sociali feticisti, del valore, esso produce allo stesso tempo il suo rovescio, che sfugge, in parte, alla forma valore della merce tradizionale, ma si trova tuttavia del tutto articolato con essa. Valore e dissociazione sono perciò delle forme capitalistiche che trasformano in questo modo il dominio patriarcale tradizionale in un dominio specifico.
Nella misura in cui è possibile schematizzare il discorso di Roswitha Scholz senza rischiare di perderne la singolare complessità ed il carattere dinamico, si può sostenere che la forma astratta corrisponda alla merce, e a tutto quello che essa presuppone di qualità e di principi necessari al suo universo di produzione (concorrenza, rendimento, razionalizzazione, dominio, ecc.). L'insieme di questi elementi è costitutivo della virilità moderna così come è stata modificata dall'emergere del capitalismo e della società borghese. L'altro aspetto di questo processo dialettico e contraddittorio, è costituito dall'insieme delle attività che sfuggono all'astrazione merce e che si materializzano nelle attività domestiche, attività che sono in relazione alle persone e le cui qualità sono costitutive della femminilità moderna e delle sue caratteristiche dominanti. Questo concetto fondante della dissociazione/valore costituisce anche la base teorica a partire dalla quale si dispiega una critica radicale del capitalismo, ma anche una critica delle diverse posizioni femministe contemporanee.
A tale proposito, la sociologa tedesca occupa una posizione singolare nel paesaggio femminista, dal momento che rifiuta, una dopo l'altra, le posture del femminismo differenzialista, incarnato in particolare da Luce Irigaray, del femminismo egualitario o di quello di genere incarnato da Judith Butler. In questo libro, l'autrice riesce a compiere il tour de force di passare in rivista queste diverse correnti femministe per mezzo di una critica rigorosa delle posizioni classiche di Simone de Beauvoir.
Roswitha Scholz esplora così gli argomenti esistenzialisti del Secondo sesso di Simone de Beauvoir, per confrontarli al quadro contemporaneo della socializzazione capitalista. Senza negare l'apporto del lavoro fondante di Simone de Beauvoir, l'autrice cerca di dimostrarne i limiti, soprattutto attraverso la critica della figura beauvoiriana dell'Altro che viene troppo spesso percepito indipendentemente dalla sua costituzione specifica nel regime storico del capitalismo. Se, nel Secondo sesso, Simone de Beauvoir passa in rassegna, soprattutto nel libro I, gli argomenti del materialismo storico di Friedrich Engels, che fanno della proprietà privata e della famiglia borghese gli elementi determinanti l'alienazione femminile ed il dominio sulle donne in seno al capitalismo, tuttavia la Beauvoir si ferma sulla soglia di una critica radicale del capitalismo che abbia le sue radici nella critica della merce e del suo feticismo.
La sua critica del materialismo storico e delle posizione di Engels - che le fecero subire le critiche reazionarie del Partito comunista francese - non raggiunge l'altezza di una critica del valore che faccia dell'Altro, o del secondo sesso, non il risultato dei rapporti di genere autonomizzati ma, piuttosto, il risultato di una socializzazione particolare in seno alla società capitalista. Beauvoir critica l'economia marxista di Engels che non raggiunge, secondo lei, il cuore stesso del dominio sulla donna, ossia la costituzione o la riduzione delle donne ad immagini dell'Altro. Come sottolinea, "se non ci fosse stata la categoria originale dell'altro, ed una rivendicazione originale al dominio dell'altro, le scoperte dell'età del bronzo non avrebbero potuto comportare l'oppressione delle donne. Engels non si rende affatto conto del carattere singolare di tale oppressione. Egli cerca di ridurre l'opposizione dei sessi ad un conflitto di classe: d'altronde, l'ha sostenuto senza grande convinzione; la tesi non è sostenibile. (...) La situazione della donna è differente, in particolare a causa della comunità di vita e di interessi che la rende solidale con l'uomo, e per la complicità che ha con lui: non è abitata da nessun desiderio di rivoluzione, non saprebbe sopprimersi in quanto sesso: chiede solamente che alcune conseguenze della specificazione sessuale vengano abolite".
Mentre denuncia, anche lei, il riduzionismo del marxismo tradizionale, la teorica del valore si sforza tuttavia di radicalizzare le tesi beauvoiriane per inscriverle nel contesto di un patriarcato produttore di merci, del quale Simone de Beauvoir non vede veramente il carattere storico singolare. Roswitha Scholz riprende così l'idea beauvoiriana di una dissociazione del "femminile"  e la critica del dominio dell'uomo come soggetto universale, ma reintroduce questo processo nel quadro di un movimento dialettico di dissociazione-valore all'opera nella realtà capitalista patriarcale. L'altro dissociato non è più una categoria filosofica trans-storica, costitutiva dei rapporti di genere autonomizzati, ma piuttosto un elemento consustanziale all'emergere della realtà capitalista della merce, ed in seno alla quale assume una forma specifica e singolare.
La posizione dell'intellettuale tedesca interpella anche, per inciso, le posizioni del femminismo materialista e dell'economia politica del patriarcato, sviluppatesi soprattutto in Francia con Christine Delphy ma anche, su un altro versante, il femminismo differenzialista di Luce Irigaray. Così Roswitha Scholz affronta in maniera dialettica il lavoro domestico svolto soprattutto dalle donne accanto al lavoro produttore di merci. Non esistono dei modi di produzione autonomi o paralleli che, da un lato, sarebbe il modo di produzione capitalista, e, dall'altro, il modo di produzione domestico, ma ci sarebbe piuttosto un'unità contraddittoria costituiva il patriarcato produttore di merci.
Come viene segnalato da Monique Haicault con una terminologia assai vicina a quella di Roswitha Scholz, "la sfera economica della produzione nel capitalismo, respinge in un esterno tutto quello che non è immediatamente necessario alla produzione di valore. Respingere fuori dai luoghi di accaparramento della forza lavoro, i tempi non produttivi quotidiani (riposo, sonno, ecc.) e i tempi non produttivi della vita (infanzia, maternità, malattia, vecchiaia, ecc.) [...] e la specializzazione di queste funzioni nei luoghi e nei tempi che ad essi sono propri, può apparire come un dato centrale del capitalismo". Non si dà quindi modo di produzione domestica, che sarebbe all'origine dell'oppressione delle donne in seno alla società capitalista, ma piuttosto c'è un dominio specifico, legato all'esistenza del modo di produzione fondato sulla merce. Così, "il rapporto fra i sessi nella modernità delle merci, attiene ad una qualità del tutto nuova, di cui bisogna tener conto sia a livello teorico che analitico".
Questo porre in evidenza un'unità contraddittoria del soggetto del valore e de "l'altro" della valorizzazione costitutiva dei rapporti sociali capitalistici, inciampa sulla prospettiva ontologica e differenzialista di Luce Irigaray, dal momento che, per Roswitha Scholz, la categoria dell'Altro viene catturata sempre in un quadro storico circoscritto che si sottrae ad ogni prospettiva essenzialista. Roswitha Scholz riesce così ad aprirsi una strada teorica singolare fra la prospettiva beauvoriana - volta a dimostrare che la donna si determina in rapporto all'uomo, in quanto lei è l'Altro in relazione al soggetto maschile e la cui liberazione presuppone l'accesso ad una forma di trascendenza identificata nel maschile - e la logica di Luce Irigaray, che riconoscendo, con la de Beauvoir, che nel pensiero moderno occidentale il soggetto è sempre maschile, tenta di valorizzare una soggettività femminile per farne un elemento potenziale dell'emancipazione delle donne. Così, per la teorica del valore, l'accesso alla trascendenza beauvoiriana, cos' come la valorizzazione della differenza della Irigaray nel contesto del patriarcato produttore di merci, non fanno altro che sfociare nella costituzione di una forma soggetto del valore, ovvero nell'ontologizzazione delle differenze costruite dalla logica della dissociazione-valore.
La critica svolta dalla teorica del valore nel corso di questo saggio, finisce per reincontrare il femminismo decostruzionista di Judith Butler, contro il quale mantiene una parte degli argomenti della de Beauvoir legati all'esistenza dei rapporti gerarchici in seno ai rapporti di genere, laddove la logica postmoderna tende a diluire i rapporti di dominio e di rimuovere la totalità concreta capitalistica. Lungi dal sottoscrivere le analisi queer e la prospettiva degli studi di genere, la Scholtz attacca in maniera veemente la riduzione della totalità sociale, fatta dalla Butler, ad una totalità del discorso che rimuove la determinazione fondamentale della totalità sociale attuata dalla forma valore e dal suo processo di dissociazione. Totalmente assorbito dalla relazione di identità e dalla produzione di identità queer che dovrebbero minare la relazione di genere, il femminismo postmoderno trascura profondamente il fatto che la totalità sociale è innanzitutto una totalità capitalista che struttura i rapporti sociali su una base feticistica, di cui la virilità e la femminilità costituiscono delle espressioni significative.
Il pensiero queer, che intende mettere in crisi le identità per meglio pervertire la logica duale del pensiero moderno, si ritrova esso stesso prigioniero di un pensiero dell'identità incapace di cogliere i movimenti dialettici della totalità sociale che sono alla base stessa di ogni formazione dell'identità. In tal senso, la prospettiva decostruzionista ed identitaria non arriva a cogliere il principio di dissociazione-valore come principio sociale strutturante, e preferisce rannicchiarsi nel volontarismo della costruzione di identità artificiali, incapaci di riconoscere le relazioni dialettiche della carne e dei corpi con la totalità sociale capitalista.
Il libro di Roswitha Scholz, qui presentato, non è soltanto un'affilata critica epistemologica del "Secondo sesso", ma si volge anche contro le recenti deboli appropriazioni opportunistiche di Simone de Beauvoir, col fine di mantenere l'esigenza di un pensiero critico dell'Altro sesso in quanto essere dominato in seno alla società capitalistica feticizzata in piena crisi esistenziale. A tale titolo, non vengono fatte delle rivendicazioni paritarie, riguardo al problema del genere, neppure nella lotta autonomizzata contro gli stereotipi di genere che gli individui potrebbero liberare dal dominio, ma piuttosto nella liquidazione della società capitalista feticizzata che porta oggi all'omogeneizzazione e alla frantumazione delle singolarità e ci allontana dalla "buona vita".

Ronant David

fonte: Critique Radicale de la Valeur

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