venerdì 13 febbraio 2015

Individui identici

individui

ONTOLOGIA NEGATIVA
- Gli oscurantisti dell'Illuminismo e la metafisica storica della Modernità -
di Robert Kurz

"Se mai lo fosse, l’ontologia sarebbe possibile, ironicamente, come
somma della negatività... Se si volesse progettare un’ontologia e
al contempo seguire il basilare rapporto di cose trasformato in
invariante dalla sua ripetizione, potrebbe forse essere
l’orrore...buono, solo ciò che è scampato all’ontologia."
-
Theodor W. Adorno, Dialettica negativa -

La liberazione dev'essere ripensata. Dopo la fine del marxismo e del socialismo del movimento operaio, non rimane alcun dubbio che su questo postulato astratto esiste consenso nella maggioranza delle teoriche e dei teorici di sinistra che continuano a voler essere tali. Tuttavia, non appena si tratta di definire il nuovo - quello che lo è o quello che si suppone lo sia - questo regolarmente non solo si rivela essere sempre solo il vecchio rivestito di nuovo, ma, soprattutto, il più vetusto fra tutto il vecchio; in particolare, ciò che avviene - invece di verificarsi un tentativo di superare il marxismo - è una ricaduta in quello che precede il marxismo in seno alla filosofia illuminista borghese.
E' vero che il marxismo del movimento operaio in tutte le sue varianti, a causa della sua forma del soggetto e dell'interesse, strettamente associata al moderno sistema produttore di merci, si mantiene attaccato al pensiero borghese dell'illuminismo; tuttavia, allo stesso tempo, esso non smette di criticarlo in quanto borghese, anche se lo fa solo in modo limitato al prisma della sociologia delle classi, senza avvicinarsi ad una critica categoriale della modernità. Adorno, con la sua teoria transitoria, riesce, anche solo per dei momenti, ad andare oltre tale limite, abbandonando il quadro di riferimento sociologico ("classista") e criticando il carattere dell'illuminismo in riferimento alla sua logica identitaria ed autodistruttiva, senza però riuscire a portare a termine tale critica. E' precisamente quello che dev'essere fatto ora, ma è proprio a questo compito che tutti rifiutano di assoggettarsi. Proveniamo dalla scuderia di sinistra: quelli che fino ad oggi sono stati i portatori della critica della ritirata, retrocedono davanti a questo problema come cavalli che prendono il morso fra i denti. E, nel loro panico equino, galoppano tutti verso il XVIII secolo, come se non fosse mai esistita la riduttiva critica marxista del pensiero illuminista. In un febbrile andirivieni si pronunciano le più decrepite frasi fatte della costituzione capitalista, come se fossero le più recenti emozionanti scoperte della critica radicale del capitalismo. C'è qualcosa di lugubre nel modo in cui i resti degli intellettuali di sinistra competono con gli araldi del capitalismo della linea dura, per vedere chi fra loro riesce a proclamare più forte i temi essenziali dell'ideologia dell'illuminismo, temi che già da tempo sono diventati insipidi e assurdi. Di che cosa potrà ancora consistere il dibattito se le due parti si rifanno alle stesse parole d'ordine? A quanto pare, non si tratta di niente di importante, anche se intanto la crisi globale del sistema produttore di merci si trova in piena effervescenza, e con tendenza ad allargarsi. In ogni caso, non è così che si ripensa la liberazione. In primo luogo, un pensiero che voglia adeguarsi a un tale compito deve liberare sé stesso dal cosiddetto illuminismo. Questo non sarà possibile dalla notte al giorno, ma ci sarà bisogno di due, tre, di molti tentativi. Invece di continuare a ripetere a pappagallo in maniera irriflessiva i concetti del pensiero illuminista sedimentati nella costruzione teorica moderna, la critica deve, innanzitutto, metterli a testa in giù, deve scuoterli e buttarli nella pattumiera della storia intellettuale.

L'individuo astratto nell'uniforme della cosiddetta soggettività
Il perfido carattere fanatico dell'ideologia illuminista si afferma proprio a partire dal fatto che essa esalta la "autonomia" e la "libertà" dell'individuo rivendicandola esclusivamente a sé. Quest'apoteosi borghese dell'individualismo, dalla quale si lasciano cullare anche Adorno e i successivi adepti di una pretesa ortodossia adorniana - almeno in quello che fa di essa un ideale borghese - è stata sempre legittimata in maniera duplice: da una parte, contro la totalità delle società agrarie in un contesto premoderno, che venivano sommariamente squalificate; dall'altro lato, contro lo stesso assolutismo borghese dei primordi della modernità, così come contro i regimi totalitari di Stato della storia dell'imposizione del capitalismo del XX secolo.
Mentre venivano denunciate le forme premoderne del feticcio, allo stesso tempo nell'ideologia illuminista ideologicamente esacerbata - a priori e senza una qualsiasi investigazione concreta, come l'horror puro e duro di un "attaccamento alla natura" suppostamente totale - si evidenziava una forma della struttura della società simile ad una comune mandria di bovini che non ammette alcun accenno di individualità. Quest'idea ridicola serviva di fatto unicamente ed esclusivamente a distogliere le attenzioni dalla macchina produttrice di merci - che è ancora una società feticista, e per di più la prima di natura totalitaria - la cui pretesa impone agli individui, con una violenza mai vista prima, una forma unica: la "uniforme" del soggetto del lavoro, del denaro e della concorrenza.
L'individualità è esistita in tutte le società storiche - in quanto relazione dell'essere umano particolare con una forma sociale che si vede già stabilita a partire dalla seconda natura - e, quindi, coincide con l'umanizzazione. Pertanto, l'essere umano particolare dev'essere anche percepito in quanto tale, con i suoi spazi di manovra, anche se quest'individualità si dovesse esprimere in forme diverse, a seconda della mediazione con le diverse relazioni di feticcio della costituzione sociale. La tensione fra l'individuo e la società può, perciò, essere dimostrata in qualsiasi parte dalla rispettiva espressione culturale. Perfino l'espressione "individuo" proviene, alla fin fine, dall'antichità classica (non costituisce in alcun modo il prototipo del concetto moderno di individualità); in maniera analoga, il concetto dell'essere umano particolare (individuità) si presenta sotto forme molteplici nelle civiltà agrarie del cosiddetto Medioevo. Lo stesso vale anche per le società premoderne extra-europee, anche se lì l'individualità si manifesta sotto forme ancora altre, forme che molte volte non erano visibili per l'occhio occidentale fissato sulla propria costituzione.
Quello che l'ideologia dell'illuminismo fa passare per il concetto unico di individuo - rivendicandolo per sé o, dopo, per la modernità capitalistica - è senza dubbio lo "Io" astratto, ossia, la forma specificamente moderna dell'individualità astratta. In questo senso, "individuo" significa già la forma sotto la quale gli esseri umani particolari sono pensati come immediatamente identici in una relazione sociale compulsiva: e cioè, come esseri socialmente separati, societariamente atomizzati che (in ultima analisi, fino alla propria sfera d'intimità) sono già solo in grado di mediarsi mutualmente attraverso la relazione di forma cosificata e morta del denaro. Questa forma, però, si riferisce al fatto che agli individui reali, sensibili, bisognosi e sociali è stato dato un margine di manovra maggiore rispetto alle società premoderne, semplicemente sotto forma di un ancoraggio ancora più inesorabile al feticismo moderno e cosificato. Gli individui possono solo agire in modo sempre più indipendente dalla famiglia, dal clan, dalla condizione sociale, dalla relazione di fedeltà personale, poiché nella loro esistenza immediata si trovano condannati ad essere l'organo esecutivo del movimento del feticcio generale; questo proprio perché la maschera del carattere della forma sociale, relativamente libera nel passato, ora si è fusa con la faccia.
L'apparente ampliamento dello spazio di manovra nella modernità ha costituito, pertanto, allo stesso tempo un estremo restringimento. Questo venne originariamente sentito anche come tale, poiché la sua imposizione - a partire dalla storia europea della costituzione della modernità, nel XV e XVI secolo, fino a quei ritardatari storici che sono stati i regimi della "modernizzazione a posteriori" in pieno secolo XX - fu possibile solamente per mezzo di forme di violenza statale e burocratica contro resistenze prolungate ed insurrezioni sanguinose delle persone. Pertanto, le situazioni di coercizione assolutista e, più tardi, totalitaria di Stato, non costituiscono, in alcun modo, l'opposto esteriore dell'individuo moderno "libero" ed "autonomo" ma, anzi, costituiscono il suo proprio involucro compulsivo. L'autonomia e la libertà si riferiscono unicamente ed esclusivamente allo spazio interno della relazione di valore e di dissociazione, in cui l'individuo si trova già disciplinato dalla forma del feticcio, non essendo lecita alcuna deviazione di sorta. Nella matrice dell'individualità astratta, l'assolutismo sociale della forma e l'esistenza reale e sensibile dell'individuo umano appaiono coincidere in forma immediata.
In tal modo, gli individui moderni sono destituiti di ogni originalità: minacciano di trasformarsi in meri "esemplari" della forma del valore, in "esseri umani confezionati". Quanto più stridente si fa il discorso della meravigliosa "individualità" moderna ed occidentale, tanto più gli esseri umani particolari diventati realmente astratti si assomigliano gli uni agli altri come un uovo assomiglia a ciascun altro, per la postura esteriore e anche per i pensieri e per i sentimenti che sono comandati meccanicamente dalle mode e dai media, conformamente alle convenienze del feticcio della valorizzazione.
Sotto questa luce è evidente che l'individualità moderna ed astratta non rappresenta, in nessun modo, una fase della "necessaria" e "progressiva" transazione nel processo di liberazione dell'individualità umana dalle situazioni di una costrizione sociale irrazionale. Piuttosto, al contrario, si tratta di quel carattere obbligatorio della relazione di feticcio che arriva ad aderire alla pelle stessa degli individui. Lo spazio di attuazione della "libertà" borghese è dovuto essenzialmente ad un'illusione ottica che deriva proprio dal fatto che, contrariamente alla situazione premoderna, il vero individuo e la sua forma sociale sono definiti come quasi identici. Quello che può essere detto in termini generali sulla modernità e la sua ideologia illuminista, si applica molto di più alla moderna individualità astratta. Questo non costituisce un fondamento positivo, raggiunto una volta per tutte e a partire dal quale si possa continuare ad improvvisare un percorso verso la liberazione (supposto solo come "incompleto") dell'individuo ma, al contrario, fa parte del cumulo di macerie del campo globale delle rovine del capitalismo che dev'essere rimosso e ripulito.
In questo senso, tuttavia, dev'esse ridefinita anche la relazione dell'individuo reale, sensibile e sociale, con la sua forma sociale negativa, relazione questa che è stata oscurata nella costituzione moderna dell'individualità astratta. A partire dall'illuminismo, le teorie moderne della società definiscono i concetti di individuo e di soggetto come se queste fossero in gran parte sinonimi. Questo modo di vedere le cose corrisponde esattamente a quell'illusione ottica per cui la forma del feticcio e l'individualità appaiono quasi identici, di modo che l'individualità, in forma generale, venga considerata esistente solo nell'ambito della modernità produttrice di merci. In realtà, il soggetto non è nient'altro se non la forma in cui la relazione del valore si impone agli individui autentici (riconoscendo questa forma del soggetto alle donne, con la relazione di dissociazione, solo parzialmente e condizionalmente). Il soggetto non è altro che il portatore cosciente (sia individuale che costituzionale) del movimento della valorizzazione senza soggetto.
In ogni caso, l'individuo reale, anche nella modernità, finisce per non essere del tutto riassunto nella sua forma sociale obbligatoria del feticcio. Questa forma, però, dopo tutto è proprio la forma del soggetto: non lo è, semmai, nel senso che si tratta di una definizione ontologica sovra-storica, che fa corrispondere alla forma moderna del soggetto altre forme del soggetto di società precedenti; è stata solamente la moderna socializzazione del valore a produrre, interamente, la "forma soggetto".
E' assolutamente possibile che nelle vecchie civiltà agrarie si rilevassero forme corrispondenti di relazioni umane nei confronti della natura e della società (cosa che dovrebbe essere lasciata ad investigazioni più dettagliate), considerato che senza dubbio qualsiasi società umana - contrariamente ai corrispondenti raggruppamenti fra gli animali - produce una relazione di coscienza attiva con gli oggetti che si integrano nel suo mondo. Tuttavia questo, così come le altre definizioni formali di società, non può essere proiettato retroattivamente - a partire dalla realtà e dal corrispondente sistema concettuale del moderno sistema produttore di merci - sulla totalità della storia umana. Dopo tutto è proprio in questo che consiste l'ontologizzazione, da parte della teoria illuminista, delle definizioni fondamentali prodotte soltanto dalla moderna relazione del valore e della dissociazione. Prima del XVI secolo il lavoro non esisteva nemmeno, né l'economia, né lo Stato, né la politica, ed ancor meno esisteva un soggetto (strutturalmente "maschile"): questi termini sono stati in parte inventati alla radice e, in parte, totalmente rivoluzionati in quanto al loro significato; e forse questo è accaduto in forma più evidente proprio con il concetto di soggettività.
Viste così le cose, non è al concetto di soggetto ma, soprattutto, a quello di individuo che viene assegnato, in un certo qual modo, un carattere sovra-storico. Tuttavia, questo forse non avviene nel senso di un substrato immutabile di un'essenza ontologica che si ritrova celata sotto i successivi strati storici. L'individualità non esiste solo di per sé, ma sempre in relazione ad una forma sociale. Gli è che si può essere individuo solo in quanto si è essere sociale. Pertanto, l'individualità non significa nient'altro che la tensione tra gli esseri umani particolari reali e sensibili e la forma sociale che viene plasmata col fuoco all'interno degli stessi: la "ferita" vissuta con sofferenza, la mancanza di incastro delle necessità e delle sensazioni dentro questo guscio obbligatorio. Attraverso le molteplici formazioni, quello che c'è di tormentoso, di doloroso, di imbarazzante, in questa contraddizione, torna a trasparire nel periodo in cui la società è dominata dalle forme cieche del feticcio, nelle quali gli individui non pervengono ad un accordo tale da formare una sociabilità consapevole di sé stessa ma, per così dire, come in una sorta di trance di oggettivazione da loro stessi prodotta, agiscono in maniera irrazionale e distruttiva nei confronti delle loro stesse necessità e possibilità.
La possibile "associazione di esseri umani liberi" - così definita da un Marx pieno di presentimenti - potrebbe pertanto essere definita con maggior precisione come una "associazione di individui liberi", cioè, una società di individui che mediano coscientemente sé stessi nella loro relazione sociale e naturale e che si sono sbarazzati della pelle obbligatoria della seconda natura. Tuttavia, è proprio questa liberazione che non può, in alcun modo, essere costruita sull'individualità astratta dell'Uomo produttore di merci, il quale è per l'appunto la forma schiavizzante del soggetto dei moderni individui; forma nella quale essi torturano tanto loro stessi quanto si torturano gli uni con gli altri. Lo "Io" astratto della modernità costituisce la forma della violenza delle condizioni del valore e della dissociazione - estreme in termini storici e totalitarie - dove la sofferenza e l'arroganza si acutizzano fino al limite dell'insopportabile.
Solo in questo modo, però, diviene chiara tutta la critica sociale elaborata fino ad ora, che intendeva realizzare la "liberazione" proprio per mezzo della "soggettività", nella quale risiede la dimensione della sua stretta associazione al sistema della società del valore e della dissociazione. La soggettività non è la modalità di liberazione ma è, al contrario, la forma di incatenamento dell'individuo. Nel sentirsi soggetti, gli esseri umano sono già coinvolti nella dialettica soggetto-oggetto della costituzione moderna del feticcio.
Anche qui abbiamo a che fare nuovamente con un'illusione ottica: il soggetto si presenta come il contrario dell'oggetto e, così, suppostamente, anche come il contrario dell'oggettivazione da parte dei poteri anonimi della forma sociale, di modo che la soggettività viene invocata contro la coazione che è da tali poteri esercitata. Questa prospettiva superficiale non percepisce che la relazione moderna del feticcio può muoversi unicamente per mezzo di poli opposti che, nondimeno, designano un'identità negativa. Pertanto, il soggetto entra in contraddizione solamente con l'oggettività nella misura in cui esso rappresenta la voce attiva di quest'ultima, mezza cosciente e mezza inconscia, che è necessaria proprio perché quest'oggettività non può esistere come esistenza materiale "fuori" dalla coscienza e dagli individui (pensiero ed azione sono reificati, non essendo, però, "cose" indipendenti dagli individui).
Esistono, e allo stesso tempo non esistono, nella misura in cui necessariamente non si riassumono in esso. Solo per questo ciò che è la sua stessa forma di percezione, di conoscenza e di attuazione gli può venire incontro concretamente come un potere alieno, apparentemente esteriore. Questa forma è proprio la forma del soggetto (la "forma soggetto") in cui si esegue la coazione della relazione di feticcio. La dialettica soggetto-oggetto non è altro che il circuito di aggregazione nel quale gli individui si alienano da sé stessi attraverso la loro stessa azione, costituendo, secondo gradi sempre più alti della scala dello sviluppo, un risultato che li domina, e che finisce per annichilire essi stessi, sotto la forma di un'oggettività apparentemente esteriore.

- Robert Kurz -

- 1 di 8 – continua … -

fonte: EXIT!

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