mercoledì 9 luglio 2014

Vedere per frammenti

Susan Sontag, Quai des Grands Augustins, Paris, 2002

1. La fotografia è, innanzitutto, un modo di vedere. Non l'atto di farlo.
2. È il modo ineluttabilmente «moderno» di vedere, che privilegia progetti di scoperta e di innovazione.
3. Tale modo di vedere, che ha ormai una lunga storia, incide profondamente su ciò che siamo abituati a notare e a cercare nelle fotografie.
4. Il modo di vedere moderno consiste nel vedere per frammenti. Abbiamo l'impressione che la realtà sia sostanzialmente illimitata, e la possibilità di conoscenza infinita. Ne consegue che tutte le limitazioni, tutti i principi unificatori debbano essere ingannevoli, demagogici; nel migliore dei casi, provvisori e, a lungo andare, quasi sempre falsi. Vedere la realtà alla luce di determinati principi unificatori ha l'innegabile vantaggio di dare forma alla nostra esperienza. Ma allo stesso tempo -cosìci insegna il modo di vedere moderno - nega l'infinita varietà e la complessità del reale. E di conseguenza reprime la nostra energia, e il nostro diritto a ricostruire ciò che desideriamo ricostruire: la nostra società, le nostre identità. Liberatorio, ci viene detto, è osservare quanto più è possibile.
5. In una società moderna, le immagini prodotte dalle macchine fotografiche forniscono la principale via d'accesso a realtà di cui non abbiamo esperienza diretta. Si presuppone che ognuno di noi riceva e registri un numero illimitato di immagini di ciò che non vive in prima persona. L'apparecchio fotografico definisce per noi quel che accettiamo di considerare «reale» e sposta continuamente in avanti il confine del reale. Si ammirano in particolare quei fotografi che rivelano verità nascoste su se stessi o su quei conflitti sociali poco seguiti dai mezzi d'informazione che hanno luogo in società vicine o lontane da dove vive chi li osserva.
6. Nel modo moderno di conoscere, devono esserci immagini perché qualcosa diventi «reale». Le fotografie identificano gli eventi. Conferiscono importanza a un evento e lo rendono memorabile. Perché possa divenire oggetto di un largo interesse, una guerra, un'atrocità, un'epidemia, o una cosiddetta calamità naturale deve arrivare alla gente attraverso i vari sistemi (dalla televisione a internet ai giornali e alle riviste) che diffondono immagini fotografiche tra milioni di persone.
7. Nel modo moderno di vedere, la realtà è innanzitutto apparenza, e in continuo mutamento. Le fotografie registrano l'apparenza. La registrazione fotografica è registrazione del mutamento, della distruzione del passato. Essendo moderni (e se abbiamo l'abitudine di guardare fotografie siamo, per definizione, moderni), capiamo che ogni identità è una costruzione. L'unica realtà irrefutabile - e il migliore indizio per comprendere un'identità - è il modo in cui appariamo.
8. Una fotografia è un frammento, un barlume. Accumuliamo barlumi, frammenti. Ciascuno di noi immagazzina nella propria mente centinaia di immagini fotografiche che può ricordare all'istante. Tutte le fotografie aspirano a diventare memorabili, vale a dire, indimenticabili.
9. Nell'ottica della modernità, il numero dei dettagli è infinito. Le fotografie sono dettagli. Pertanto, assomigliano alla vita. Essere moderni significa vivere affascinati dalla indomita autonomia del dettaglio.
10. Conoscere significa, innanzitutto, riconoscere. Il riconoscimento è la forma di conoscenza che oggi viene identificata con l'arte. Le fotografie delle terribili crudeltà e ingiustizie che affliggono la maggior parte della popolazione mondiale sembrano dire - a noi che siamo privilegiati e relativamente al sicuro - che dovremmo indignarci e desiderare che si faccia qualcosa per mettere fine a tali orrori. Ma ci sono anche fotografie che sembrano reclamare un'attenzione di tipo diverso. Nel caso di questo corpus di opere che continua ad arricchirsi, la fotografia non è una forma di invito alla mobilitazione sociale o morale, il cui fine è quello di indurci a partecipare e ad agire, ma è un'avventura dello sguardo. Osserviamo, prendiamo nota, riconosciamo. È un modo più distaccato di guardare. È il modo di guardare a cui diamo il nome di arte.
11. L'opera di alcuni dei migliori fotografi socialmente impegnati viene spesso criticata se appare troppo simile all'arte. E la fotografia considerata come arte può attirare critiche analoghe: ottunde la nostra capacità di partecipazione. Mostrandoci eventi, situazioni e conflitti che potremmo deplorare, ci chiede di mantenere un certo distacco. Può mostrarci qualcosa di davvero orripilante, ma solo per metterci alla prova e stabilire cosa riusciamo a guardare, cosa dobbiamo accettare. O, più semplicemente, ci invita - e ciò vale per gran parte della più ammirata fotografia contemporanea - a contemplare la banalità. A contemplarla e ad apprezzarla, facendo ricorso a quell'abitudine all'ironia ormai così sviluppata e consolidata dalle surrealistiche giustapposizioni di fotografie che caratterizzano le mostre e i libri più sofisticati.
12. La fotografia - forma suprema di viaggio, di turismo - è il principale mezzo moderno per ampliare il mondo. In quanto forma d'arte, la fotografia tende ad ampliare il mondo specializzandosi in soggetti ritenuti provocatori, trasgressivi. La fotografia può dirci: esiste anche questo. E quello. E quell'altro. (E tutto è «umano».) Ma che fare di ciò che in tal modo conosciamo, se davvero si tratta di conoscenza, dell'identità, dell'anormalità, di mondi ostracizzati o clandestini?
13. Chiamatela conoscenza, chiamatelo riconoscimento - di una cosa possiamo stare certi rispetto a questo modo così moderno di fare qualsiasi esperienza: il vedere, e l'accumulazione dei frammenti di ciò che vediamo, non potrà mai avere fine.
14. Non esiste una fotografia definitiva.


- Susan Sontag - da "Dallo stesso tempo. Saggi di letteratura e politica" (Mondadori) -

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