martedì 22 luglio 2014

Le tracce scompaiono

peckinpahholden

Ragione sanguinosa
20 tesi contro il cosiddetto Illuminismo e i "valori occidentali"
di Robert Kurz

17.
Parallelamente alla riflessione di Adorno, si svilupparono altre due filoni dell'elaborazione teorica che, tuttavia, cercarono di assimilare la caducità della metafisica del soggetto e della storia in modo sostanzialmente più positivo. Lo strutturalismo (Lévi-Strauss, Barthes, Lacan, ecc., e, in versione marxista, Althusser) e la teoria dei sistemi (Luhmann) liquidarono l'illusione soggettiva del pensiero illuminista solo per formulare la cieca oggettività della socializzazione sotto la forma del valore, cioè a dire, l'altro polo della stessa forma di pensiero e di attuazione, in una maniera nuova e più completa. Dal momento che proprio l'Illuminismo aveva strettamente delimitato l'autonomia del soggetto - e con quella anche la sua capacità di essere parte della storia - all'ambito ridotto di un'oggettività irriflessiva che, senza problemi, veniva equiparata alla "natura" e alle sue leggi. Dopo tutto, era proprio in questo che si manifestava l'aporia di un tale pensiero, la conversione istantanea dell'autonomia in eteronomia, della libertà in coazione a causa della necessità. La supposta libertà, e la supposta autonomia, si rivelavano così come essere il riflesso condizionato di un'irrazionale "seconda natura", di una pseudo-naturalezza della forma sociale ontologizzata che viene ideologizzata come componente della prima natura.
Lo strutturalismo e le teorie sistemiche, l'ultima delle quali risale addirittura direttamente alla biologia teorica (H. Maturana), prolungano questo falso naturalismo dell'ambito storico-sociale, raddoppiandolo: il pensiero illuminista non viene superato, ma la sua aporia viene nascosta per mezzo di un'unilateralizzazione oggettivista. Il soggetto autonomo illusorio viene rovesciato dal suo trono solamente per celebrare l'oggettività quasi naturalistica, esistente e pensata collateralmente fin dall'inizio, in un'arida apoteosi, senza passione, "liberata" dalle emozioni ideologiche della storia dell'imposizione - anche se "celebrare" sarebbe dir troppo, dal momento che i contabili di una fattualità che si svolge sotto forma cibernetica non possono glorificare niente, e sono solo capaci, nel migliore dei casi, di apportare, come Luhman, qualche intuizione sardonica.
L'aporia del soggetto e dell'oggetto del pensiero illuminista viene interamente restituita all'ambito dell'oggetto, mentre quest'ultimo, per così dire, si purifica in relazione al naturalismo astratto in un movimento strutturale e sistemico che occupa il posto del precedente soggetto della storia. Il supposto trionfo strutturalista e della teoria sistemica sulla metafisica e sull'ideologia soggettiva del "pensiero della vecchia Europa" si rivela essere una mera conclusione della sua storia di banalizzazione positivista, in cui si avvicina a sé stessa.
Il soggetto della storia, già enfatico e maschio, abbandona i poteri, gli stendardi e gli emblemi della sua libertà per osservare, come una specie di analista sociale automatizzato, la sua propria miseria nei "processi di informazione" della macchina sociale. Althusser, in quest'occasione, riassume involontariamente la lotta di classe come un mero processo strutturale con attori automatici. E Lacan dirà a proposito del movimento del 1968: "Sono le strutture che sono scese in strada".
Con questo smontaggio del soggetto maschile e bianco dell'illuminismo, tanto nella figura del teorico contemplativo quanto in quella del pragmatico (gli imperativi sistemici, cibernetici e carenti di soggetto, devono solo essere constatati da una parte ed eseguiti da un'altra), la soggiacente relazione di separazione sessuale non viene smentita, come si poteva sperare, ma, al contrario, come accade con la forma valore, viene definitivamente occultata in quanto oggetto specifico. Si diluisce nel contesto sistemico astratto come una struttura fra le strutture. Sotto quest'aspetto, ora tutti i gatti sono grigi, e tutte le contraddizioni che si manifestano vengono fatte aderire ad una logica affermativa e cibernetica che è sempre la stessa; tutto questo è stato portato alla perfezione da Luhmann, sotto forma di un successivo trattamento di tutte le aree nell'ambito della stessa concettualità arida e tautologica: la coppia di amanti e, generalmente, la relazione tra i sessi viene trattata come "sistema" o come "sub-sistema", così come "l'economia", "la cultura", "la religione", ecc..
Insieme al concetto enfatico del soggetto autonomo, sparisce necessariamente anche il concetto della storia. La storia si dissolve nell'atemporalità di una logica strutturale sistemica onnicomprensiva che disciplina la natura e la società nello stesso modo, secondo leggi eterne. Le alterazioni non si presentano più come storia fatta dagli esseri umani, ma come una cosiddetta "differenziazione progressiva" delle logiche strutturali o come "autopoiesi" (auto-creazione) dei contesti sistemici. La crisi non viene percepita come limite di una formazione storica, ma come "interferenza" e "cortocircuito" nei processi di differenziazione progressiva, che gli individui possono solo sperimentare, come se fossero una specie di amebe sociali.
Il posto della critica che si legittima per mezzo di argomenti storici, viene occupato da un'alzata di spalle del cibernetico della teoria sociale. Con questo viene raggiunto lo stadio terminale tanto del teorico contemplativo quanto del pragmatico. Le tracce scompaiono, il concetto criticabile del valore, o del movimento di valorizzazione, sparisce, alla fine della storia della sua imposizione, nel Nirvana astorico della forma di un "sistema in generale" e del suo "strutturalismo in generale".
18.
Questo penultimo stato di decadenza del pensiero illuminista era talmente insoddisfacente e demistificante che poi, sotto la forma delle cosiddette teorie postmoderne o del "post-strutturalismo, ha dovuto darne alla luce un altro, ulteriore ed ultimo, nel quale la mancanza di uscita dalla Modernità produttrice di merci si risolve apparentemente nelle mille meraviglie, però, per così dire, in modo precario. Una volta di più, sono i teorici francesi (che troncano in maniera immanentemente critica con lo strutturalismo) come Lyotard, Derrida e, in special modo, Foucault, soprattutto, che con accenti posti in forma diversa e ricorrendo ad un vastissimo patrimonio storico e contemporaneo, cercano di superare la sterilità e la monotonia strutturalista, senza afferrare, ciò nonostante, la soggiacente relazione formale sociale governata dal valore e dalla separazione, per arrivare così a riformulare la questione della critica radicale. Al contrario, la post-modernità e il post-strutturalismo presuppongono positivamente l'oscuramento - proprio della teoria dei sistemi e dello strutturalismo - della definizione specificamente storica del soggetto e della forma, per poter tornare a collocarsi su questo telone di sfondo e, in un certo senso, recuperare un'illusoria operatività su questo terreno ora delimitato in termini positivi.
E' perciò proprio in questo che consiste ciò che queste forme di pensiero hanno in comune, e che suole essere negato dai suoi fruitori perché questi non si rendono nemmeno conto che il quadro di riferimento è lo stesso - tanto massiccia è stata l'eliminazione del problema dalla propria formulazione. Insieme al marxismo del movimento operaio, abusivamente semplificato sotto il prisma della sociologia di classe, anche la critica marxiana del feticcio e della forma, erroneamente confusa con quello e del tutto incompresa, è stata sepolta da molto tempo. Inoltre, anche se la riflessione della teoria dei sistemi e dello strutturalismo si ritrova allo stesso livello di astrazione dell'"altro" Marx, questo avviene tuttavia in modo non teorizzato, acritico della forma e, perciò, positivo.
Tutto il pensiero del "post" presuppone, come fondamento naturale dell'esistenza, le categorie del sistema produttore di merci; tuttavia, non lo fa in forma esplicita, ma ogni volta lo fa oltre la storia dell'imposizione. Dopo tutto, lo strutturalismo e la teoria dei sistemi avevano già preparato il terreno. Ora, è il soggetto che viene "recuperato" in una forma ridotta, mutilata, ma non la storia.
Dopo che la forma sociale e, con essa, ogni analisi e critica basate sulla storia della rispettiva formazione sono sparite dalla riflessione, rimane come substrato storico un'ontologia positivista del "potere" (Foucault) o un'ontologia, ugualmente positivista, del "testo" (Derrida), del cui carattere ontologico i corrispondenti protagonisti non si rendono nemmeno contro, una volta che è stato stabilito come assioma, senza alcuna giustificazione e, di conseguenza, anche senza costituzione (pura e semplice; in maniera storica). Separati dalla loro definizione limitativa, i concetti di potere e di testo, o di "inter-testualità" (Julia Kristeva), si convertono in sinonimi della totalità indefinita della realtà sociale.
Queste costruzioni di potere e di testo, che si confondono nella ricezione, nella loro qualità di costruzioni astoriche rimangono esplicitamente limitate al livello fenomenologico. La loro definizione indeterminata costituisce solo una nomenclatura generale attraverso un caleidoscopio di manifestazioni, la cui essenza non deve essere indicata. Se lo strutturalismo e la teoria dei sistemi si dedicano anche al compito di insistere sul problema della forma, ormai destoricizzato, nella misura in cui continuano a pensare positivamente le supposte insuperabili leggi logiche dei contesti senza soggetto, i teoremi del "post"si limitano ad evitare questo temibile livello del problema, e a denunciare la mera presentazione della questione come un "essenzialismo" ed un "universalismo" inammissibili ("propri delle teorie monumentali").
Il loro sguardo, piuttosto, si rivolge al disordine interno dell'inquadramento sociale, ormai non più percepito come tale. Perciò, la supposta critica postmoderna all'universalismo non fa affiorare la prestesa totalitaria della forma del valore, la quale, al contrario, viene ciecamente adottata come uno dei suoi presupposti (quello che si critica sono solo le teorie universaliste, ma non l'universalismo reale, oggettivato e negativo, della forma di riproduzione e della relazione capitalista che soggiace a tutte le teorie moderne); l'interpretazione, limitata in termini culturalisti, segnala le mere manifestazioni all'interno della forma vuota come vuota essenza, dando così un'apparenza colorata alla vita democratica che si svolge nel terreo cortile della caserma e nelle sotterranee sale di tortura del terrore economico.
Queste tendenze apertamente positive del post-modernismo, sono predominanti da molto tempo e proteggono i fianchi dell'ideologia neoliberista della globalizzazione capitalista, e sebbene abbandonino le intenzioni originali della posizione postmoderna, non smettono di essere coerenti. Gli è che, nella misura in cui in Foucault, Kristeva e altri si elabora un'analisi del razzismo e della costruzione dell'alterità, questa, anche se rende visibili alcuni meccanismi superficiali dell'esclusione, a causa della mancanza di una concezione critica della totalità della problematica della forma non può relazionarli con il loro sfondo sociale che, in ultima analisi, rimane sistematicamente velato.
Il potere ed il testo costituiscono, così, l'obiettività allo stato liquido, per così dire, il fluido eterno o l'etere di ogni relazione sociale, un mezzo o un complesso di mezzi impossibile da determinare con precisione maggiore, nel quale si sviluppano costellazioni in costante mutazione. Fin dalla sua concezione, questo testo del potere si riferisce simultaneamente, senza dubbio, alla soggettività; esso è, in un certo senso, il soggetto-oggetto - non di una storia (come il proletariato, per Lukács), ma di un'ondulante "corrispettività" in cui gli individui tengono le redini del potere e parafrasano il testo senza poter essere il testo. Il feticismo della Modernità, unito al suo terrore economico e alla sua forma politica di amministrare gli esseri umani, si è trasformato in un oggetto criticabile nell'acqua eterna della vita, dove nuota il soggetto. Ma, concretamente, come un essere piccolo e inerme, perché, in fin dei conti, non appare più ora, grazie alla razionalità, come un fattore della forma e, insieme ad essa, della storia, ma appare come un essere che si limita a dibattersi, come le costellazioni della corrispettività storica, e ad improvvisare soluzioni nel loro seno. Ed è solo in questo contesto della riduzione e del disarmo teorico che si intraprende (sempre meno) un'analisi critica del sessismo, del razzismo, ecc..
C'è qui un certo punto di contatto delle teorie postmoderne e post-strutturaliste con Adorno, anche se si tratta di qualcosa di meno di una coincidenza di posizioni. Alla fine, nemmeno Adorno aveva invocato il soggetto del valore nella sua enfasi originale, ma lo aveva solo recuperato come portatore dell'emancipazione per poi, allo stesso tempo, denunciarlo come portatore della distruzione del mondo attraverso la logica identitaria. Questo soggetto borghese già ridotto assomiglia in qualche modo al soggetto postmoderno, di modo che non è per niente che il Foucault tardivo si riferisca in modo positivo alla teoria di Adorno. Se, ciò nonostante, in Adorno l'aporia di questo soggetto si manifesta con tutta la sua dolorosa intensità, gli animatori postmoderni del soggetto pretendono, in un certo qual modo, di capovolgerla pragmaticamente.
E non è un caso che, in questo contesto, si affermi il concetto di "gioco". Il gioco dei segni" è, allo stesso tempo, il "gioco dei soggetti" che già non lo sono più; si tratta, perciò, più di un "gioco con il soggettivo" che non viene più concepito come un'autocoscienza generalizzata. Tuttavia, questa concezione del gioco non ha, di per sé, niente di emancipatore contro il rigore borghese della relazione di valore e di separazione - a prescindere da tutto quello che viene dato ciecamente per scontato - limitandosi ad indicare come il soggetto borghese, mentre indietreggia disarmato e ridotto, viene recuperato grazie alla demenza senile e ritorna infantile. Proprio perché non è capace di pensare al rigore della forma del feticcio e dei suoi imperativi repressivi, si concede il diritto alla mancanza di serietà. Il gioco nel testo eterno e con il potere eterno, che ha smesso di avere un nome storico, si limita alla fenomenologia degli oggetti, alla postura della persona in quanto maschera del valore. La maschera del soggetto del valore, che si è trasformata in volto, intraprende un ballo in maschera secondario, durante il quale, strizzando un occhio, simula la sovranità immaginata un tempo, mentre che, in realtà, con l'altro occhio guarda sempre al contesto commerciale.
Non è affatto un caso che le teoria dei "post" ricorrano, tutte, senza alcuna eccezione, al filone romantico-irrazionalista ed esistenzialista della storia delle teorie borghesi, soprattutto a Nietzsche ed a Heidegger. Il momento soggettivista, tuttavia, non viene messo in opposizione, in modo apparentemente esteriore, a quello soggettivista, ma viene mescolato molto bene con questo. Il potere incontenibile dell'oggettività in quanto "sistema" e "struttura" si trova già riconosciuto e presupposto, nel momento in cui il soggetto borghese retrocede verso una forma ridotta. Perciò, quest'ultimo non pratica più l'eroizzazione della propria miseria formale (che da sempre accetta come insuperabile); quello che rimane è la sua estetizzazione (postmoderna). Separata dalla mistificazione e dall'auto-eroizzazione delle epoche della storia dell'imposizione, questa auto-estetizzazione del soggetto del valore nella fase finale del suo sviluppo può costituire solo un'auto-stilizzazione superficiale che dà, parimenti e insieme, segnali di noia e di paura.
Quel che c'è di divertente in questo gioco è solo la mancanza di indipendenza di fronte al cieco movimento oggettuale del sistema, perché, per quel che riguarda gli altri soggetti-giocatori, si vede che mostrano un'ostinazione crescente la quale non è minimamente adeguata alle loro attività collettivamente suicide: quanto più è irreale il soggetto e la sua volontà, tanto maggiore è l'ostinazione. Quel che si suppone che i giochi dei balli in maschera debbano contenere in termini di possibilità sociali di ingerenza e di influenza, appare abbastanza ridicolo, anche nella terminologia propria ai teoremi dei "post". Ora si parla solamente di un "dislocamento" dei componenti del testo e delle costellazioni del potere, mentre la totalità sociale, sprovvista di concetti, rimane tabù. Ma anche l'idea, di per sé modesta, di un mero dislocamento dei pezzi nel "gioco" delle strutture costituite dal valore, deve apparire, di fronte alle "possibilità d'intervento" realmente rimanenti, esagerata e perfino arrogante. Quanto più i teoremi del "post" cianciano di un sistema "anarchicamente aperto", tanto più inevitabilmente il totalitarismo della forma valore si condensa, in crisi.
Il femminismo, nel seguire, fedele ed educato, le tracce del mondo scientifico e teorico ufficiale, maschile ed accademico, ha accompagnato in gran parte l'avanzata dello strutturalismo fino al post-strutturalismo. Mentre, in assenza di una concezione critica della relazione del valore o del sistema produttore di merci - e ancor meno ha potuto ottenere una sufficiente comprensione della relazione di separazione - l'analisi teorica del sesso sociale è rimasta limitata al livello delle manifestazioni empirico-sociali (e la separazione, a livello della struttura e del segno) come tutti gli altri approcci; come nella falsa e astorica ontologia del potere e del testo, nella quale la vera causa dell'asimmetria sessuale nella Modernità deve restare occulta.
La mera decostruzione del sesso a livello semantico, che ha occupato il posto dell'emancipazione delle vicende del sesso, rimane così dominata dalla funzione aleatoria del "gioco" postmoderno, sotto il manto, convertito in tabù, del valore e della separazione; l'abituale superficialità delle pretese di un "dislocamento" delle costellazioni nel testo del potere, si presenta specialmente sotto quest'aspetto, letteralmente, come un ballo in maschera dei segni sessuali (per esempio, nella teoria della moda di Judith Butler). Proprio perché la relazione di separazione costituisce la relazione totale generalizzata della socializzazione del valore, nella questione dei sessi va messo in rilievo, con particolare chiarezza, il carattere decadente e ridotto del soggetto che "è ritornato" all'ideologia postmoderna senza la capacità di prendersi sul serio.

- (continua …) -                                                                                          - Robert Kurz -

fonte: EXIT!

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