martedì 15 luglio 2014

Le catene del pensiero

sangue1

Ragione sanguinosa
20 tesi contro il cosiddetto Illuminismo e i "valori occidentali"
di Robert Kurz

1.
Il capitalismo sta avanzando verso la sconfitta finale, sia in termini materiali che sul piano ideale. Quanto maggiormente cresce la brutalità con cui questa forma di riproduzione convertita in modello sociale universale devasta il mondo, tanto più infligge dei colpi a sé stessa e sempre più va minando la sua propria esistenza. In questo quadro si iscrive anche lo sprofondare intellettuale nell'ignoranza e nella mancanza di concetti di nuovo tipo,  delle ideologie della modernizzazione: la destra e la sinistra, il progresso e la reazione, la giustizia  e l'ingiustizia hanno sempre coinciso in maniera immediata ogni volta che il pensiero dentro le forme del sistema produttore di merci si è impantanato completamente. Quanto più stupida diventa la rappresentazione intellettuale del soggetto del mercato e del denaro, tanto più oscuro arriva ad essere il suo farfugliare ripetitivo circa le distrutte virtù borghesi ed i valori occidentali. Non esiste un solo paesaggio segnato dalla miseria e dagli spargimenti di sangue, sopra il quale non vengano versate milioni di lacrime di coccodrillo dell'umanitarismo poliziesco democratico; non c'è una vittima sfigurata dalla tortura che non diventi un pretesto per l'esaltazione della gioia dell'individualismo borghese. Qualsiasi idiota leale allo Stato che si sfinisce a scrivere un paio di righe, invoca la democrazia ateniese; qualsiasi ambizioso furfante politico o scientifico pretende di abbronzarsi alla luce dell'Illuminismo. Ora, quella che vuole ancora essere chiamata critica radicale può solo prendere le distanze, con rabbia e con disgusto, da tutta la spazzatura intellettuale dell'Occidente. Intanto, è caduta molto al di sotto delle sue necessità la ben nota figura di pensiero che cerca di difendere l'Illuminismo in quanto tale dai suoi rozzi accaparratori borghesi attuali, rivendicando per sé, in un atteggiamento quasi identico a quello dei borghesi colti, una consumata altezza della sua riflessione a discapito della plebe intellettuale e del popolo del XXI secolo. E' proprio questo popolo, questa massa, l'illuminismo che abbiamo intorno. E' a partire dai suoi risultati devastanti che la cosiddetta modernità dev'essere giudicata: senza sotterfugi, senza forzate giustificazioni dialettiche e senza relativizzazioni. Tuttavia, la critica non può lasciarsi guidare dalla "rabbia che sente nelle viscere"; essa deve appoggiare la sua legittimità intellettuale su nuove fondamenta. Anche quando maneggia concetti teorici, questo non significa una rinnovata adesione agli stessi principi dell'illuminismo, anzi, al contrario si tratta di distruggere l'autolegittimazione intellettuale dell'illuminismo. Non si tratta, alla vecchia maniera illuminista, di reprimere gli affetti, nel nome di una razionalità astratta e repressiva (ovvero, contro il benessere degli individui, ma si tratta, al contrario, di rovesciare la legittimazione intellettuale di questa auto-addomesticazione moderna dell'uomo). Per far questo è necessaria un'anti-modernità radicale ed emancipatrice, che non si rifugi nell'idealizzazione di qualche passato, o di "altre culture", secondo il ben noto modello dell'anti-illuminismo o dell'anti-modernità meramente "reazionaria", anch'essa borghese e occidentale; ma bisogna che rompa, al contrario, con la storia finora avvenuta come storia di rapporti feticistici e di dominio.
Secondo il senso dell'espressione marxiana, che intende il superamento del feticismo moderno come "fine della preistoria", quello che è all'ordine del giorno è un megaprogetto rivoluzionario che si estenda a tutti i livelli della riflessione e a tutte le aree della vita, che abbracci tanto le categorie più astratte quanto le forme culturali e simboliche, ed il quotidiano: una grande teoria negativa, che ponga la leva della critica radicale ad una profondità considerevolmente maggiore rispetto a quelle che l'hanno preceduta nel XIX e nel XX secolo. Anche questo non dev'essere confuso con una continuazione della rivendicazione illuminista con altri mezzi. Per prima cosa, un tale approccio teorico qualitativamente nuovo, alla maniera di una grande teoria, può risultare solo dalla necessità di rompere la costruzione che legittima la modernità produttrice di merci - essa sì con le caratteristiche di una grande teoria positiva - negandola al fine di romperla, invece di accontentarsi di dribblarla. Proprio per questo deve trattarsi di una grande teoria negativa, che si superi e diventi ridondante, per non essere mai stabilizzata e per non farla mai diventare leggittimatrice di un nuovo principio positivo (somigliante all'astrazione capitalista del valore) su cui tutto dev'essere modellato.
2.
La pretesa di una nuova grande teoria, negativa ed emancipatrice, è stata già formulata sotto il nome di "critica del valore", come critica categoriale del sistema produttore di merci; ma questa ancora non afferma con sufficiente chiarezza la sua inimicizia emancipatrice nei confronti dell'Illuminismo, la cui ontologia borghese ed ideologica, al contrario, è positivamente presente come "dimensione tacita", anche dentro la critica apparentemente più radicale, dal momento che viene occasionalmente invocata, in forma assiomatica e senza contenuto, per mezzo di suppliche rituali.
E' un fatto che, nella produzione inarrestabile di miseria e di ondate di processi distruttivi in tutta la storia della modernizzazione, già nel passato si fosse formata, al di là della contro-modernità reazionaria, anche una critica di "sinistra" con intenti emancipatori, ma che era anch'essa "modernista" nel senso più ampio del termine; tuttavia, tali tentativi non andarono mai al di là della mera relativizzazione, dal momento che poteva essere intesa come una pretesa "autocritica" dell'Illuminismo. Un modo di procedere così pusillanime, che prima di tutto manteneva relazioni amichevoli con l'oggetto della sua supposta critica, implicava a priori che non si potesse mettere in discussione il nucleo sostanziale dell'ideologia dell'illuminismo (la forma borghese del soggetto e della circolazione). Perciò, restava da compiere un passo decisivo, che separasse definitivamente la critica dall'ontologia borghese; il Rubicone non era ancora stato passato.
La categoria della rottura diventava decisiva, una volta che la critica finora elaborata aveva sempre finito per costituire alla fine una semplice componente positiva del suo oggetto, mettendo in tal modo più enfasi sulla continuità che sulla rottura, usando spesso la formula ipocrita di una "eredità" positiva da preservare. In questo inizio di XXI secolo, tuttavia, già non è più possibile nessun positivo di pensiero e di azione nelle forme del moderno sistema produttore di merci. Qualsiasi riferimento alla forma del soggetto e alla storia delle idee leggittimatrici della modernità, socializzata negativamente intorno all'astrazione reale del valore - qualsiasi forma addolcita o alterata assuma - può solo fare una figura ridicola a voler passare per critica.
Per questo si è resa necessaria una critica radicalmente nuova della costituzione borghese e della sua storia. Le rovine inabitabili della soggettività occidentale non richiedono un architetto da interni intellettuale di buon gusto, ma il conducente di un bulldozer. Questo va detto, essenzialmente, riguardo le fondamenta e i riferimenti al passato che legittimano tutte le elaborazioni teoriche del XIX e del XX secolo, segnatamente riferendosi proprio alla filosofia dell'illuminismo. Contrariamente alle teorie successive, l'illuminismo era una riflessione che non presupponeva, ovviamente, il soggetto borghese della modernità come pienamente sviluppato, ma piuttosto ha contribuito, in un certo modo, a portarlo al mondo; il cosiddetto illuminismo fu, in tal senso, una "ideologia dell'imposizione" del moderno sistema produttore di merci, incomparabilmente superiore alle riflessioni teoriche che si basarono su di esso, o che da esso credettero di distanziarsi nel corso della successiva storia dell'imposizione della socializzazione del valore. Il pensiero illuminista, che nel suo tempo si mise in risalto come modo di pensare diverso ed insolito, ed in parte difficile da comprendere, non solo si convertì nel presupposto di tutta la successiva riflessione teorica, ma diventò parte integrante di quel tipo di coscienza socialmente generalizzata, arrivando a costituire inoltre, sotto la forma di una sorta di sedimentazione dell'inconscio, il modo di pensare non riflessivo del buon senso borghese. E, anche sotto questa forma, dev'essere distrutto, implacabilmente e radicalmente.
3.
Questo implica, tuttavia, alcune considerazioni preliminari. Dal momento che ogni storia ha, a sua volta, una sua storia, neanche il pensiero illuminista è evidentemente esente da dei presupposti; sia nel senso di una "storia intellettuale", si in quello che fa riferimento agli sviluppi sociali oggettivati. La preistoria, o la costituzione sociale primordiale, della modernità si potrebbe situare, in quanto "economia politica delle armi da fuoco", nei secoli XV e XVI, quando la "rivoluzione militare" (Geoffrey Parker) produsse una forma di organizzazione nuova e repressiva sotto nuove forme, che portò, attraverso i regimi dispotici militari della modernità incipiente, sia allo Stato moderno che allo scatenamento del processo di valorizzazione capitalista ( consustanziatosi nella "economia monetaria" come in fine in sé irrazionale). A questo processo si sovrappose parzialmente un movimento intellettuale che ebbe inizio in forma indipendente e che portò fuori dal cosiddetto "Medioevo" (cosa che, per inciso, costituisce già sotto questo aspetto una classificazione originale del pensiero illuminista), e che oggi è stato catalogato sotto la denominazione di epoca del "Rinascimento". Probabilmente, una riformulazione critica del valore della storia e della teoria della storia renderà necessaria un nuovo elenco delle suddivisioni storiche. In ogni caso il pensiero rinascimentale, con la sua riscoperta dei classici dell'antichità, insieme alla riscoperta delle rispettive società, cominciò a manifestare, almeno in una determinata fase di crisi e di trasformazione - ricordiamo, per esempio, le rivolte popolari dell'inizio della modernità -, una relativa apertura agli sviluppi e alle torsioni del pensiero alternativo. Ciò nonostante, dopo il passaggio all'assolutismo, che costituì il processo formativo primario del sistema politico ed economico soggiacente al modo di produzione capitalista, venne chiusa ogni possibilità verso un'altra via di sviluppo, nonostante la resistenza a questo processo da parte dei diversi movimenti sociali si sia prolungata fino agli inizi del XIX secolo. La moderna socializzazione del valore cominciò poi a svilupparsi sulle sue proprie fondamenta, ed il pensiero illuminista accompagnò questa seconda fase di avvio, che avrebbe portato allo sbocco nell'industrializzazione sotto la forma del valore, come un'ideologia di addomesticamento, tanto militante quanto affermativa. Nel corso di questo processo, la soggettività concorrenziale introdotta dall'economia dei cannoni dell'inizio della modernità, e dai corrispondenti protagonisti sociali, venne fissata a livello ideologico e, simultaneamente, subì un processo di rimozione degli involucri che gli scrollò di dosso il rivestimento assolutista, per poter lanciare sul mondo il soggetto moderno, allo stato puro, del denaro e dello Stato, ma al di là della cruda forma embrionale, e per poterlo dotare di una giustificazione ontologica. Il fatto che questo pensiero, il quale per la prima volta formulò in modo esplicito la forma del valore come una pretesa totalitaria sull'uomo e sulla natura, si fosse legittimato attraverso un concetto paradossale di libertà e di progresso, lo convertì in una truffa nei confronti del desiderio di emancipazione sociale. Proprio per questo motivo, la critica finì per essere invariabilmente strumentalizzata dalla continua imposizione della forma valore. Il perpetuo riferirsi positivamente al sistema di concetti ed ai cosiddetti "ideali" dell'illuminismo costituisce il contesto di oscuramento di un pensiero critico della società che, in tal modo, fino ad oggi si è legato alle categorie del sistema vigente della distruzione universale. Finché queste catene che legano al pensiero illuminista non verranno tagliate, la critica rimarrà la serva del suo oggetto oppure verrà fatta fuori da questo, grazie ad un suo ulteriore sviluppo.

(continua …)

fonte: EXIT!

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