mercoledì 7 maggio 2014

erba cattiva & insetti nocivi

ColdWarRedux053113

La guerra dei due mondi
di Robert Kurz

Le contraddizioni della globalizzazione si fanno notare anche per l'aspetto militare: in un nuovo genere, postmoderno, di guerra. E' questo quello che ci mostra il confronto con gli avvenimenti del passato. Nel periodo storico recentemente conclusosi, stavano una di fronte all'altra le superpotenze. gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, i due Stati più potenti del mondo. La corsa agli armamenti fra queste due superpotenze, spinta al prezzo di costi considerevoli, arrivò a produrre il timore costante che si spalancasse l'inferno  di un conflitto intercontinentale, a colpi di grandi armi atomiche.Tale paura si estese a tutto il mondo ed arrivò a proiettarsi, sul piano culturale-simbolico, sulla produzione letteraria della fantascienza e della cultura popolare. Contro il pericolo annunciato della distruzione dell'umanità, da parte dei potenti di questo mondo, si levò, a livello globale, un movimento pacifista con pretese moralizzanti. Sappiamo ora che tutto è finito in una maniera completamente differente. La guerra atomica mondiale non ci fu; impedita, non tanto dai movimenti pacifisti, quanto per il blocco tra le superpotenze nella questione nucleare. Invece di far quello, l'Unione Sovietica si circondò di armi fino ad arrivare alla morte finanziaria, mentre il suo sistema statal-capitalista si distruggeva da sé solo per colpa delle sue contraddizioni interne. Da allora, c'è stata una sola superpotenza: gli Stati Uniti. Lo spettro della guerra atomica su scala mondiale si è dissolto nell'aria; e la corrispondente letteratura apocalittica, oggi, non è altro più che un mero materiale culturale archeologico.
Però l' "One World" della globalizzazione capitalista non è che sia diventato più pacifico. Anzi, al contrario: minaccia di fondarsi sopra un mare di sangue e di lacrime. Il centro occidentale del capitale mondiale, sotto l'egemonia militare degli Stati Uniti, si sente sfidato da un nuovo nemico che è emerso al posto dello "Impero del Male" una volta localizzato nell'Est. Questo nemico possiede caratteristiche che sono comuni con quelle del controimpero scomparso. Di fronte ad esso, le vecchie opposizioni di interessi nei principali paesi capitalisti industrializzati perdono forza e si diluiscono come sempre. La supremazia militare degli Stati Uniti, in ogni caso, non ha giurisdizione; e c'è anche il fatto che la globalizzazione del capitale ha tolto fondamento alla lotta fra gli imperi nazionali per le zone territoriali di influenza. A questo si aggiunga che l'apparato militare globalmente presente degli Stati Uniti, cui sono subordinati gli eserciti dei paesi europei attraverso la NATO, non sta privilegiando interessi specifici nazionali statunitensi, e sta invece proteggendo i modi di produzione unificati ed il funzionamento del mercato mondiale contro i "disturbi". Da tutto questo possiamo dedurre che la nuova immagine del nemico possiede un carattere differente da tutte quelle precedenti. Non si tratta più di una concorrenza imperiale tra poteri di uguale lignaggio ed allo stesso livello, ma del confronto violento con gli spettri della crisi globale nelle forme mutanti nelle quali si presentano: "Stati delinquenti", "Signori della guerra", mafie, bande armate, sette religiose e tutti coloro i quali sponsorizzano l'economia di saccheggio che segue, come un'ombra, la globalizzazione. Le motivazioni ideologiche, religiose e socioeconomiche di questa confusa immagine di potere non hanno alcun fondamento sociale o culturale proprio. Sono, senza eccezione alcuna, prodotti in decomposizione e putrefazione proprio del capitalismo "one world". I membri dei Talebani, per esempio, non sono mai stati altro che una miscela di mafie della droga (in questo caso, l'eroina), con un condimento hollywoodiano di ideologia postmoderna insieme ad una spruzzatina di religione. Qualcosa di più esotico degli attivisti anti-aborto, delle milizie razziste e gli psicopatici nordamericani che ammazzano chiunque si trovino davanti, delle sette protestanti importate in America Latina o delle bande di radicali di estrema destra in Europa. Coloro che gli Stati Uniti chiamano "Stati delinquenti", paesi come l'Iran, la Libia, la parte serba di quello che resta della Jugoslavia, ed ora di nuovo l'Iraq, costituiscono nella guerra postmoderna del nuovo ordine mondiale solo un fenomeno transitorio. Sono dittature che ci sono state lasciate dall'epoca passata e che sono diventate disfunzionali per il sistema mondiale unificato. Con i loro eserciti arcaici e con sistemi di armamento provenienti da un'industrializzazione fallita, si abbrutiscono in mezzo alle rovine della propria modernizzazione, acquisiscono autonomia e diventano imprevedibili. Per questo, devono essere pacificati forzatamente. Tuttavia, dietro questi modelli non allineati, si sono prodotti fenomeni manifesti molto differenti, anch'essi prodotti dalla nuova epoca. Se osserviamo lo spettro dei nuovi "Imperi del Male", vediamo una transizione progressiva verso strutture che non si posizionano sul piano statale del potere politico e militare. Il regime intransigente di Saddam Hussein è più una dittatura classica della modernizzazione, vestigia della Guerra Fredda. Milosevic, con suo governo-mafia, è stato un nuovo tipo di "potentato della crisi" sulle rovine di una macchina statale distrutta da mercato mondiale. Il dominio talebano conservava solo pochi residui di uno Stato moderno. Ed un fenomeno come Al Qaeda rimane decisamente su un terreno post e sub-statale.

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Queste ed altre forme somiglianti di sette armate, di imprese private militarizzate, alcuni quartieri e perfino regioni intere dominate da bande criminali, ecc. sono disseminate già da abbastanza tempo,un po' dappertutto per il mondo, ed anche per i paesi occidentali stessi. Al Qaeda è solo il primo di questa nuova e barbara indole del potere, che nelle sue dimensioni quasi incalcolabili si è trasformato in una sfida diretta alla potenza mondiale che sono gli Stati Uniti, e che dev'essere combattuto mediante operazioni militari su grande scala come se fosse uno Stato competitore.
Questo svolgimento degli eventi era stato previsto da molto tempo. In letteratura, autori e autrici, come per esempio la scrittrice americana Marge Piercy (1936) nei suoi romanzi di fantasy sociale, hanno descritto a partire dagli anni 1980 un mondo da incubo, decivilizzato, dove da una parte, non esistono più Stati territoriali, ma solo "zone" diffuse di conglomerati trans-nazionali armati, e dall'altra baraccopoli appestate da nuove epidemie e dominate dalla primitiva legge del più forte. Nell'ambito delle scienze politiche, teorici degli anni 1990, come Martin van Creveld, storico militare israeliano, hanno rivisto l'espressione "guerra civile", ritenuta insufficiente per definire i conflitti armati come quelli che, con la fine dell'Unione Sovietica, hanno avuto luogo in molte regioni del mondo. Van Creveld ha estrapolato l'espressione per arrivare al concetto di "guerra post-statale" che, secondo lui, dovrebbe essere estesa al mondo del XXI secolo. Tale guerra non sarà più fra Stati, come ai tempi della prosperità del capitalismo, e a lungo termine; inoltre, non ne saranno protagonisti né l'ultimo Stato superpotenza né un potere come Al Qaeda, che sfugge a qualsiasi rappresentazione da parte delle categorie della modernità borghese. La guerra del futuro, secondo van Creveld, avverrà dopo la sparizione del mondo degli Stati; e si verificherà fra poteri, dei quali AL Qaeda può essere visto solo come una specie di prototipo. Tale tendenza può essere dedotta anche dal carattere radicalmente nuovo dei movimenti guerriglieri in tutto il mondo. Nella storia precedente della modernizzazione, la guerriglia era uno Stato "in potenza", pertanto un fenomeno di formazione dello Stato. La guerriglia di oggi nelle Filippine ed in Colombia, a sua volta, non vuole trasformarsi in Stato; è già un fenomeno di destatalizzazione.
Il mondo ufficiale del capitalismo e della democrazia - soprattutto, è chiaro, il mondo degli Stati occidentali, con a capo gli Stati Uniti - ha perseguitato le nuove forze, generate nel proprio grembo, per mezzo di una strategia duratura di rifiuto e di repressione. Per prima cosa, ha agito come se dopo il declino del vecchio "Impero del Male" fosse facile mantenere sotto controllo, e poco a poco far sparire, in un'era di Stato democratico su scala internazionale, basata sull'unificazione dei mercati mondiali, cose tanto spiacevoli come la pratica della violenza, la guerriglia, la mafia, il terrorismo, ecc.. Ancora oggi, ha proclamato un nuovo nemico globale, riassunto nel concetto di "terrorismo". Ma tale immagine del nemico continua ad essere inconcepibile per l'ideologia mondiale ufficiale, perché quest'ideologia non nutre il minimo interesse per la vera natura di quel nemico. Anche in passato, i grandi conflitti globali sono sempre stati, naturalmente, il risultato della propria modernizzazione - è stato il caso della lotta fra gli imperi nazionali dalla fine del XIX secolo o il conflitto di sistemi dopo il 1945. In questi conflitti, nel frattempo, il "Male" si lasciava costruire con molta più facilità come un'immagine di nemico esterno, perché in fin dei conti si trattava sempre, di fatto, di potenze avversarie esterne, di Stati competitori o di sistemi fondati sul suolo comune del mercato mondiale. Al Qaeda e simili, per parte loro, non sono né Stati né sistemi sociali. Il "Male" non è più un "impero" territoriale, ma un fenomeno interno della propria globalizzazione. Perciò la nuova immagine del nemico, quasi modellata, è trasparente e permette di intravvedervi il fondo comune della democrazia e del terrorismo, del mercato e della mafia, della ragione borghese e della follia, dell'Illuminismo e del contro-illuminismo pseudo-religioso. Ma le élite del potere occidentale sono incapaci di riconoscere nel nemico "autore dei turbamenti" dell'ordine il suo parente più stretto e più vicino. Caratteristica che condivide anche con la maggioranza dei cittadini comuni dell'economia di mercato. E quando il cittadino non sa che cosa fare, perché si sente minacciato dai mostri e dagli spettri incubati a causa dell'irrazionalità del suo modo di vita e del suo ordine sociale, allora chiama la polizia. Nell'era della globalizzazione e dei suoi fantasmi della crisi, chi deve immediatamente agire a livello globale è una polizia che, di per sé con la pistola in pugno, deve placare le contraddizioni sociali.

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Il concetto di "polizia mondiale", per la quale già nel passato si erano caratterizzati gli Stati Uniti, acquista solo ora il suo significato e diventa letterale. Il risultato sono i contorni sovranazionali delle truppe organizzate di polizia mondiale sotto il comando degli Stati Uniti, estromettendo la struttura finora vigente della NATO. Sebbene non esista né possa esistere in alcun modo uno Stato mondiale, l'ultima potenza del pianeta rivendica il monopolio della forza a livello globale e, con ciò, pone in discussione il proprio principio moderno della concezione dello Stato per il resto del mondo. Ma al di là del mondio degli Stati d'occidente, rimangono solo "zone" del pianeta con differenti gradi di "distrubo". In tal senso, partendo dagli Stati Uniti come apparato centrale di forza, la dottrina militare occidentale si è trasformata radicalmente. In questo modo è stato messo in chiaro una volta di più il nesso strutturale interno fra sviluppo  capitalistico e promozione della guerra. Gli apparati militari non vengono sguarniti, ma tutto al contrario. La "deterritorializzazione" della società che appare economicamente nel processo di globalizzazione, e politicamente, nella paralisi della regolazione nazionale-statale, si fa anche notare sul piano militare, con lo smantellamento dei grandi eserciti nazionali tradizionali. Non è una mera coincidenza il fatto che il vocabolario di questo riordinamento militare ricordi le campagne per la "flessibilizzazione della mano d'opera". Come nel modo di produzione capitalista, dove al posto dell' "esercito del lavoro" di massa appare un sistema globale di aree di attuazione più diversificate, estremamente striminzite i termini di impresa e di alta mobilità, nella strategia militare il paradigma di truppe speciali flessibili e di azione mondiale mediante armamenti "high-tech" si combina con il paradigma di eserciti di massa basati sulla fanteria e sui veicoli blindati.
Decisivo, ai fini di questa trasformazione, è il fatto che il servizio militare cessa di essere un settore con implicazioni sociopolitiche. Questo si trasforma in "servizio temporaneo" per professionisti bene addestrati, qualcosa di simile a piastrellare o a vendere automobili. E' per questa ragione che la fine dell'esercito basato sul servizio militare obbligatorio fa parte di tale riordinamento. Le macchine di distruzione di ultima generazione appaiono come "posti di lavoro" assolutamente normali. In modo differente dalle infiammate battaglie degli Stati-fantoccio della Guerra Fredda, come avvenne in  Corea, Vietnam, ecc., non ci saranno più. pertanto, eroi di guerra. Le nuove guerre poliziesche di ambito globale danno innanzitutto l'impressione di una specie di disinfestazione chimico-elettronica di erba cattiva e di insetti nocivi, o equivalgono nella coscienza pubblica alle operazioni per spegnere un incendio boschivo o al soccorso dopo un terremoto. In questo modo si attua chiaramente una polarizzazione che corrisponde esattamente ai lati della globalizzazione della crisi: nell'alto dei cieli, il filisteo "high-tech" postmoderno che sparge il suo carico di bombe; qui sulla terra, l'elemento postmoderno apparentemente arcaico, che va a saccheggiare e a stuprare tutt'intorno, armato di un fucile, di un machete e di un coltello. Non c'è da chiedere di decidere quale sia dei due che rappresenti il mostro peggiore. Entrambi si segnalano in egual misura per la medesima ignoranza in relazione al contesto sociale che li produce.
La gigantesca superiorità militare della polizia mondiale, nel frattempo, si mostra sempre più innocua. Non solo la crisi mondiale, le cui cause vengono trascurate, gestisce nuovi modelli post-statali e post-politici secondo il modello Al Qaeda, ma ancher i colpi degli apparati ad alta tecnologia minacciano di cadere nel vuoto, anche militarmente.
Un combattente armato di coltello non può affrontare un areo caccia invisibile, però la cosa funziona anche all'inverso. Non c'è più un livello comune di lotta da entrambe le parti. Non si può mettere la polizia mondiale dietro ogni giovane "superfluo" per il capitalismo mondiale, o che è moralmente distrutto, anche se i manganelli che vengono utilizzati diventano sempre più duri. Ora, il governo degli Stati Uniti vuole sviluppare anche armi atomiche formato polizia mondiale (le "Mini-Nukes"). Ma l'intento di tenere sotto controllo, per mezzo di una polizia mondiale "high-tech", i territori devastati dal mercato mondiale, è senza dubbio, in un universo economicamente deterritorializzato, destinato al fallimento. Ed è proprio per questo che il tentativo può trascinarsi, in modo torturante, per molto tempo ancora.

- Robert Kurz - 28 aprile 2002 -

fonte: PIMIENTA NEGRA

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