mercoledì 2 aprile 2014

Capa a colori!

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La foto del miliziano anarchico Federico Borrell García che cade, ucciso da uno sparo nel corso della guerra civile spagnola, è una delle immagini più iconiche del '900, un simbolo della lotta contro il fascismo. Scattata da un giovane fotografo ungherese, Endre Emö Friedmann, che diverrà, col nome di Robert Capa, uno dei più prestigiosi fotogiornalisti della storia. Senza quella foto -  "Morte di un miliziano" - la cui veridicità è stata per molto tempo messa in discussione, con ogni probabilità la vita e la carriera di Capa non sarebbe stata la stessa. "Robert Capa, si fece un nome con le fotografie della guerra civile spagnola, e consolidò la sua reputazione come fotografo capace di estrarre immagini dalla Storia, immagini che tutte le riviste dell'epoca volevano utilizzare" - spiega Cynthia Young, curatrice dell'ultima mostra dedicata a Capa, dal Centro Internazionale di Fotografia di New York, "Capa a colori", che descrive e mostra un lato inedito, a colori, appunto, del fotografo ungherese.
Nessuna delle foto scattate durante il conflitto spagnolo, era a colori, nonostante che la Kodakcrhome, la moderna pellicola a colori da 35 mm., venisse usata per la prima volta proprio nel 1936. Capa la utilizzerà in Cina, nel 1938 e di questo suo primo esperimento, nel corso della seconda guerra cino-giapponese, restano solo le quattro immagini pubblicate dal rivista Life, il 17 ottobre 1938. Era una pellicola "cara, e molto lenta, cosa quest'ultima che non la rendeva particolarmente adatta per le azioni rapide che avevano corso sul campo di battaglia".

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La pellicola a colori, verrà usata regolarmente da Capa solo a partire dal 1941, e nella mostra si possono vedere un centinaio di foto che vanno, per l'appunto, dal 1941 fino alla sua morte, avvenuta nel 1954. Un centinaio di fotografie praticamente dimenticate per tutti questi anni e che non appaiono in nessuna retrospettiva. Fra le varie ragioni che spiegano quest'assenza, a giudizio della curatrice della mostra, ci sarebbe il fatto che i temi fotografati a colori "non venivano intimamente associati ai tema del 'fotografo coinvolto'", un termine questo, coniato dal fratello di Capa, Cornell, per definire i fotografi che utilizzavano il mezzo come un attrezzo che rivendica la giustizia sociale. A questo va aggiunto che, tecnicamente, le diapositive a colori non potevano essere sviluppate in una camera oscura tradizionale, anche se ora, grazie alla fotografia digitale, si possono fare con relativa facilità le correzioni necessarie al restauro del colore originale.

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Per Robert Capa, la fotografia a colori non era un "supplemento" al suo lavoro in bianco e nero, quando cominciò ad usarla e ad integrarla, durante gli anni '40 e '50. Nel corso della seconda guerra mondiale, spesso portava con sé due macchine fotografiche, poi, successivamente, si diede ad eseguire lavori a colori finalizzati a riviste illustrate come "Holiday", "Illustrated" e "Collier's", con temi diversi come la Russia della guerra fredda, il fascino delle stelle di Hollywood e i ritiri vacanzieri sulle Alpi. Tutti questi temi sono rappresentati nella mostra in forma cronologica, a partire dal 1941, con la storia di un nave militare che attraversava l'Atlantico. Ovviamente, la pellicola a colori non era l'ideale per la cronaca quotidiana, in quanto doveva essere inviata ad un laboratorio speciale della Kodak per essere sviluppata. Poche delle sue immagini a colori, apparvero sui giornali e sulle riviste dell'epoca, sebbene Capa continuasse nell'utilizzo della pellicola a colori anche nel 1943, sul fronte del Nord Africa, su una nave che viaggiava da Tunisi alla Sicilia, trasportando soldati americani.

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Foto a colori vennero realizzate anche per immortalare alcuni degli amici che aveva conosciuto durante la guerra civile spagnola, come Ernest Hemingway e Martha Gellhorn, per la rivista Life; o i suoi tanti amici del mondo del cinema, come John Huston sul set de "Il tesoro dell'Africa" e di "Moulin Rouge", Ingrid Bergman (con la quale ebbe una storia d'amore) a Parigi, nel 1945, e Orson Welles, in Marocco. Nel 1947, l'anno in cui fondò l'agenzia Magnum, Robert Capa riuscì a compiere quel viaggio in Russia che aveva provato a fare, senza successo, nel 1937, prima, e nel 1941; anni in cui non aveva ottenuto né il visto né l'appoggio di alcuna rivista. Insieme allo scrittore John Steinbeck, realizzò un servizio sulla vita quotidiana dei russi in piena guerra fredda.
Robert Capa, che aveva conosciuto Picasso durante la seconda guerra mondiale, realizzò un reportage sul nuovo laboratorio di ceramica del pittore spagnolo, un servizio da vendere a "Look" che alla fine diventò una sorta di storia illustrata della famiglia di Picasso. Ma l'editore di "Look" - e quello di "Illustrated", anche lui interessato alla storia - rimasero delusi dalle fotografie a colori e, alla fine, le foto che vennero pubblicate furono quelle in bianco e nero in cui il pittore regge un ombrellone per proteggere dal sole la sua giovane moglie sulla spiaggia.
Altre sezioni del "Robert Capa a colori", comprendono quella dedicata alla nativa Ungheria, dove venne inviato dalla rivista "Holyday", nel 1948, per un servizio; i giochi olimpici inverbali, in Norvegia, nel 1951; e la dolce vita romana dei primi anni '50. Finché Capa, poi, stanco dei temi banali, decide, nel 1953, di tornare nel "mondo reale", in Indocina, inviato dalla rivista "Life". Arriverà ad Hanoi il 9 maggio del 1954, e due settimane dopo, il 25 maggio, con una Contax, caricata con una pellicola in bianco e nero, e con una Nikon, caricata a colori, scende dal convoglio su cui sta viaggiando e continua a piedi, per fotografare i soldati francesi che avanzano attraverso le risaie. Un passo falso su una mina, metterà fine alla sua vita.
Nessuna di quelle immagini a colori realizzate subito prima di morire, finirà sulla stampa, probabilmente sempre per il fatto del tempo che ci voleva a trattare la pellicola a colori.

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