mercoledì 19 febbraio 2014

l’insurrezione del Nibelungo

wagner
Nel 1849, dopo aver partecipato all'insurrezione di Dresda, Wagner scrive "Arte e rivoluzione" (il libro, in italiano, può essere liberamente letto e/o scaricato qui), in cui compie una riflessione sull'arte e sull'emancipazione attraverso la creatività e attacca le istituzioni borghesi proponendo una rivoluzione creativa.
Richard Wagner arriva a Dresda nel 1843, da Parigi, dove ha vissuto in estrema povertà ed in una miseria che ha sortito l'effetto di accrescere il suo profondo disgusto per la borghesia e per la corruzione che regna nell'ambiente artistico che ritiene rappresentativo dello stato in cui versa tutta la società del tempo. La sua rivolta diventa più politica quando entra in contatto con August Röckel, musicista appassionato delle teorie socialiste e dei movimenti sociali. Insieme, benché Wagner abbia già ottenuto una certa notorietà, lottano per il miglioramento delle condizioni materiali dei musicisti, rivendicando un salario sufficiente a vivere per i loro collaboratori. Nel 1849 incontra Bakunin, il teorico anarchico che incarna in quel periodo storico la riflessione critica e la passione rivoluzionaria insieme. Il personaggio seduce Wagner, e l'identificazione di Bakunin col "fuoco rivoluzionario, vendicatore, purificatore" impregnerà, pochi anni dopo, in modo significativo una parte essenziale della sua "Tetralogia". 
Wagner partecipa attivamente all'insurrezione del 1849, ed anche se non è mai direttamente presente sulle barricate, non esita ad assumersi i suoi rischi, affiggendo manifesti e distribuendo armi ed esplosivi. Dopo l'insurrezione, riesce a fuggire a Zurigo, e lì pubblica "Arte e rivoluzione". Nel suo testo, propone una nuova organizzazione dell'umanità al fine di liberare la creatività e il godimento artistico. L'attività umana deve legarsi alla creatività artistica, e non all'oppressione del lavoro e dello sfruttamento. Wagner critica l'arte della sua epoca corrotta che non consente di arricchire qualitativamente la vita dell'individuo. Rifiuta la separazione fra arte e vita: la rivoluzione artistica passa per l'abolizione del lavoro e della società divisa in classi, per mezzo della rivoluzione sociale. Si rivela perfino un precursore del "femminismo", contro la "coppia piccolo borghese", attaccando l'istituzione del matrimonio insieme al patriarcato e alle norme sessuali.
Dopo aver sottolineato come le vite precarie degli artisti rassomiglino sempre più a quelle della classe operaia, propone una sua "storia dell'arte". Il suo riferimento è l'antica Grecia, con la sua Tragedia che incarna un genere di arte tanto esigente quanto popolare; in questo la oppone a Roma che invece privilegia il divertimento volgare con i suoi combattimenti fra gladiatori. Passa poi ad attaccare la cultura cristiana che valorizza una vita fatta di sacrifici e di miseria: il cristianesimo "esclude dalla vita qualsiasi gioia, e la rappresenta come una maledizione".
E' a partire dall'epoca romana che l'arte comincia ad apparire come un prodotto di consumo ed un genere di lusso: "la sua vera natura è l'industria, il suo fine morale è il denaro, il suo pretesto estetico è distrarre gli annoiati", ironizza. Ugualmente, critica l'educazione. Nell'antica Grecia, la gioventù era oggetto di sviluppo artistico e di gioia, fisica e intellettuale. L'educazione era allora volta al piacere raffinato e allo sviluppo intellettuale, quanto oggi è orientata verso la ricerca del profitto e del facile divertimento. E' la remunerazione professionale, e non il piacere, a motivare l'artista moderno. Come l'operaio, che deve sottostare ai vincoli sociali e alle condizioni lavorative, per beneficiare di un salario. Il lavoro e lo sfruttamento distruggono ogni forma di piacere nell'attività umana. "Le nostre fabbriche, oggi ci danno l'immagine deplorevole della più profonda degradazione dell'uomo: un lavoro incessante che uccide l'anima e il corpo, senza gioia e senza amore, sovente senza scopo". E la religione, soprattutto il cristianesimo, impone il sacrificio e la sottomissione al capitale, indispensabili al fine di imporre la disciplina del lavoro.
L'arte oggi è frammentata e separata; al contrario, nell'antica Grecia tutto era connesso, la retorica, la scultura, la pittura, la musica. Qui, ogni arte isolata diventa un settore di mercato con i suoi prodotti di consumo specializzato. Solo una rivoluzione potrà permettere una riunificazione di tutte le arti, al di là di ogni barriera, facendo saltare le frontiere imposte fra le diverse discipline. Bisogna liberarsi dal lavoro meccanico e dall'asservimento al mondo del mercato. I lavoratori devono diventare individui cullati dalle gioie artistiche.
Le dottrine socialiste che valorizzano il lavoro permettono solo un egualitarismo al ribasso. La rivoluzione, invece, deve permettere una vera emancipazione, perciò deve appoggiarsi all'arte per ottenere un autentico sviluppo politico ed estetico. Deve appoggiarsi alla diffusione delle pratiche artistiche. L'abolizione del denaro deve permettere "una libera azione collettiva, per amore dell'oggetto artistico, e non per un fine industriale accessorio". La società sarà allora basata sulla creatività, sulla gioia di vivere e sul godimento.

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