domenica 17 novembre 2013

audaci visioni

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I meriti di Roman Rosdolsky
A proposito di "Genesi e struttura del Capitale di Marx"
di Anselm Jappe 

E' raro ai nostri giorni vedere un lavoro marxista tradotto, venduto, letto e discusso, trentaquattro anni dopo la sua prima pubblicazione. Eppure, questo è esattamente ciò che sta accadendo oggi, in Brasile, con "Genesi e struttura del Capitale di Marx", di Roman Rosdolsky. Nonostante si tratti di un libro molto erudito, esso non ha unicamente valore di semplice archivio storico, ma è anche una guida estremamente attuale per comprendere l'opera di Marx.
Le poche informazioni biografiche disponibili sull'autore vogliono farci credere che la sua vita non è stata particolarmente felice: a quanto pare, sembra che sia sempre stata la persona sbagliata nel posto sbagliato. Nato nel 1968 nella Galizia polacca, aderì alle idee socialiste nel corso della prima guerra mondiale. Collaborò all'edizione delle Opere Complete di Marx ed Engels, a Mosca, fino a quando nel 1931 Stalin decise di porre fine a tale progetto. Al momento dell'occupazione nazista, si trovava in Polonia e venne imprigionato in un campo di concentramento per poi, finalmente, emigrare negli Stati Uniti dove, a quei tempi, la vita non era certo facile per un erudito marxista; compresa, per esempio, la scarsa possibilità di trovare testi da studiare.
Rimarrà sconosciuto per tutta la sua vita e morirà nel 1967, appena prima della rinascita mondiale di un marxismo intellettuale eterodosso che probabilmente lo avrebbe deliziato. Il suo libro, sul quale ha evidentemente speso un sacco di tempo (20 anni) di meditazioni solitarie, viene pubblicato in Germania nel 1968 e poi tradotto in molte lingue. Esso ha influenzato la parte teorica più avanzata della nuova sinistra.
Il merito personale di Rosdolsky sta nel fatto che non poteva appoggiarsi ad alcun lavoro marxista dell'epoca ed ha perciò fondato le sue conclusioni sulla sola lettura dei testi di Marx. Infatti, il suo libro non è un'interpretazione ma, piuttosto, un attento esame del testo. Rosdolsky scompare pressoché completamente a fronte del suo oggetto di studio; pochi marxisti si sono così avvicinati a Marx, attraverso un'analisi minuziosa basata tanto sulla critica dell'economia politica, quanto sulle aspirazioni filosofiche e politiche.
Il libro di Rosdolsky esamina il grande manoscritto di Marx, i «Grundrisse», scritto nel 1857/58. Pubblicato per la prima volta nel 1939, ebbe all'epoca un impatto limitato, e venne considerato come un semplice schizzo, o schema, del Capitale e, conseguentemente, di minore importanza rispetto a quest'ultimo. Il libro di  Rosdolsky è il prime esame organico dei «Grundrisse»; il suo grande merito è quello di aver mostrato in che modo questo manoscritto sia debitore nei confronti della dialettica hegeliana della forma e del contenuto, in particolare quando si tratta del Valore. E' per aver fatto tale collegamento che Rosdolsky può essere considerato - anche se lui rimane prudentemente, sotto numerosi aspetti, dentro il marxismo tradizionale - un precursore di coloro che oggi mettono in discussione la merce, il lavoro, il valore e il denaro, lo Stato, il mercato e la politica, ecc.
Voglio porre l'accento su alcune delle sue migliori analisi. Egli riprende una categoria ancora ignorata all'epoca, quella del "lavoro astratto", e sottolinea che non si identifica col "lavoro necessario", dal momento che ci si riferisce all'aspetto quantitativo del problema, piuttosto che al suo aspetto qualitativo. Rosdolsky non è stato solo uno dei primi a mettere in evidenza l'importanza del Valore in Marx, ma è anche riuscito a sintetizzare il suo ruolo nei diversi livelli dell'analisi di Marx.
La sua consapevolezza che esiste una dialettica fra forma e contenuto, lo ha condotto ad una piena comprensione della "contraddizione fra l'impulso illimitati alla valorizzazione, da parte del capitale, e la capacità limitata di consumo, da parte della società capitalistica". Prendendo esplicitamente le distanze dal marxismo tradizionale, egli ammette, di conseguenza, l'impossibilità di far corrispondere uso concreto e valore astratto.
A differenza del marxismo tradizionale, Rosdolsky non vede nelle contraddizioni apparenti della realtà capitalista solo delle semplici mistificazioni, bensì l'espressione delle contraddizioni reali. Ciò è molto importante al fine di poter comprendere il feticismo delle merci, visto non più come un fenomeno che appartiene unicamente alla sfera della coscienza, ma come un fenomeno del tutto reale.
Opponendosi in modo esplicito ai "manuali di economia marxista", Rosdolsky afferma che il feticismo delle merci e la formazione del denaro sono "i due diversi aspetti di una sola ed identica realtà: nella produzione di merci, la capacità della merce ad essere scambiata, esiste, accanto ad essa, come se fosse un oggetto (...) come qualcosa di distinto da essa stessa, non immediatamente identico ad essa; il valore deve perciò rendersi autonomo nei confronti delle merci". In altri termini, Rosdolsky riscopre il fatto che, per Marx, lo sdoppiamento della realtà sociale costituisce il fondamento della logica del valore.
Quel che è sorprendente per l'epoca, prima del 1968, è anche il fatto di sottolineare che Marx non ha mai scritto una "economia politica", la quale è una categoria feticcio. La differenza tra la genesi storica e la genesi logica del Capitale è stata presentata negli anni '70 come se fosse stata l'ultima scoperta, quando invece era stata già messa in evidenza da Rosdolsky.
Ugualmente, va sottolineato che l'accumulazione primitiva è un elemento costitutivo del rapporto capitalistico e, di conseguenza, essa è "contenuta nel concetto di capitale"; il capito del Capitale sull'accumulazione primitiva non è perciò solo una digressione storica, come credeva perfino Rosa Luxemburg.
Rosdolsky non si avventura quasi mai sul terreno delle conseguenze pratiche della teoria marxista. Ma ha scoperto questi aspetti di Marx che oggi ispirano i tentativi di rompere con la logica del valore. Rosdolsky non poteva essere più attuale di come quando ha messo in rilievo - e probabilmente è stato il primo a farlo - l'importanza di quelle pagine dei «Grundrisse» che affermano che lo sviluppo stesso del capitalismo finirà per distruggere il valore - e quindi il lavoro - come fondamento della società capitalista. Oggigiorno, sono molti coloro che frugano quelle pagine. Le proclamano, con una passione giustificata, le "riflessioni che - malgrado Marx le avesse scritte da più di un centinaio d'anni - non si possono leggere oggi senza emozione dal momento che esse contengono una delle più audaci visioni dello spirito umano".

Anselm Jappe, Fortaleza (Brasile), 10 febbraio 2002

fonte: Critique radicale de le valeur

1 commento:

giorgio minucci ha detto...

Ottimo commento. Ho avuto la fortuna di leggerlo in prestito dalla biblioteca. E ora, passati anni, volevo acquistarlo ma non si trova. È una delle opere, come ha sottolineato, in cui viene rigorosamente esplicitata la dialettica del valore. Grazie per la recensione.