lunedì 2 settembre 2013

Oscar

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"Mangiato dalle ulcere, abbrutito da dieci anni di terapia, incapace di trovare il suo posto in un paese che respinge i suoi figli bruni, Oscar Acosta pianta il suo lavoro di aiuto legale presso l'assistenza sociale, il 1° luglio del 1967. Lascia San Francisco e se la fila lungo le strade dell'ovest americano."
Comincia così, la storia, quasi iniziatica, di una giornata e del vagabondaggio che ne consegue, come la racconta Acosta nel suo primo romanzo, "Autobiography of a Brown Buffalo". Poi, rievocazioni della sua infanzia in un villaggio della California, l'assenza del padre partito per andare a combattere i giapponesi, nel 1941, la violenza quotidiana subita in famiglia, rifiutato dai bianchi e rifiutato dai "veri" messicani immigrati. Ma anche la sua obesità, che lo ripugna, la scoperta del sesso, dell'alcol e delle droghe. Tutte queste cicatrici ed ossessioni nutrono la sua scrittura, letteraria e politica: la discriminazione razziale e la ricerca di un'identità, individuale e collettiva.
Influenzato dal "giornalismo gonzo" del suo amico Hunter S. Thompson e dalla contro-cultura, Oscar Acosta firma un romanzo eccessivo, sporco, segnato da un umorismo caustico. Un autoritratto grottesco, divertente, allo stesso tempo fastidioso ed accattivante, del "bisonte bruno" che percorre un paese che ama e detesta allo stesso tempo.

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« Oscar non era veramente appassionato dei combattimenti di strada, ma per quanto riguardava le risse nei bar, era uno furioso. La combinazione data da un messicano di centodieci chili e da più dosi di LSD costituisce una minaccia mortale per coloro che gli si avvicinano - ma quando il messicano in questione si rivela essere in realtà un avvocato chicano arrabbiato, cui niente e nessuno fa paura e che, di fatto, ha la convinzione che dovrà morire a trentatré anni (come Cristo), allora avete a che fare con un cocktail sacro. Tanto più se il bastardo ha trentatré anni e mezzo, ha la testa infarcita di acido e porta una 357 magnum alla cintura, ed è seguito in ogni suo movimento da una guardia del corpo chicana, armata di un'accetta e che ha la straordinaria abitudine di vomitare dei geyser di sangue rosso sul vostro portico ogni trenta quaranta minuti, tutte le volte che la sua ulcera maligna non sopporta più il flusso di puro tequila. »

- Hunter S. Thompson - dalla prefazione al libro -

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