venerdì 26 aprile 2013

artistica/mente

arte

Scrive Blanchot, nel suo "Il libro a venire", che "ogni volta che si preferisce l'artista rispetto all'opera, tale preferenza, questa esaltazione del genio, comporta una degradazione dell'arte, un arretramento di fronte ai poteri che le sono propri." Per esempio, continua dicendo che, né Mallarmé né Cézanne fanno pensare all'artista come ad un individuo più importante degli altri. Non cercano la gloria, entrambi sono modesti, non rivolti verso sé stessi, ma verso un'oscura ricerca. Cézanne non fa l'esaltazione del pittore, e neanche della pittura. Salvo che per mezzo della sua opera. E Van Gogh dice di non essere un artista. "E' grossolano il solo pensarlo, di sé stessi" - aggiunge. E poi: "Dico questo per mostrare quanto io trovi stupido parlare di artisti talentuosi, o senza talento."
L'artista non è una persona più importante, o più visibile, degli altri. Al contrario, continua a svanire nella sua opera. A tal riguardo, risulta interessante - oggi - vedere come Coetzee, in una recente intervista, riprenda quest'approccio per affermare che rifiuta l'idea di "un artista visto come un privilegiato in grado di dire delle verità".

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