martedì 5 febbraio 2013

La lotta per Barcellona

barcelona

Secondo Chris Ealham, autore del libro "La lucha por Barcelona", la tradizione anarchica in quella città data dagli anni '60 del 1800, e si basava sui "gruppi di affinità", comprendenti fra le quattro e le venti persone, tutte provenienti dallo stesso quartiere, fondati sulla reciproca fiducia. Latori di "una cultura di resistenza all'etica del lavoro ed ai rituali quotidiani della società capitalista", comprendevano pacifisti, naturisti e vegetariani, ma anche attivisti che conducevano una vita bohemien, che praticavano il brigantaggio, "l'atto individuale antisociale" e l'illegalismo; senza arretrare davanti all'uso della violenza. Il terreno di questi gruppi era la cultura dei quartieri (barrios) laddove il "codice morale"  giustificava il "delitto economico" per arrivare in fondo al mese.
Si oppongono violentemente a qualsiasi organizzazione e, in un primo tempo, rimangono distanti dalla classe operai. La repressione, pesante, li rende poco operativi. Nel mentre, gli anarchici più intellettuali si riuniscono nei caffè e si mescolano agli emarginati, agli zingari. Le idee individualiste si propagano a partire dai centri popolari, culturali e sociali, "gli Atenei"(a Barcellona, fra il 1877 e il 1914, ce n'erano 75), dalle scuole razionaliste e attraverso le numerose riviste, sulle quali si potevano leggere articoli, corredati da illustrazioni, in cui si difendeva "l'espropriatore" che "restituisce alla società quella parte del prodotto del lavoro confiscato dalla borghesia.” Su "Tierra y Libertad" di Madrid, nel 1902, un articolo di Fermin Salvochea si intitolava: "Non lavorate!"
Poco interessati all'azione sindacale, gli anarchici indivdualisti, per la più parte urbani, rispettano la figura del produttore e sono dei ferventi partigiani del "comunalismo", un sistema federalista di cui la comune rurale rappresenta la base. I tentativi insurrezionali degli anni trenta del novecento, per proclamare il comunismo libertario, furono sostenuti da Federica Montseny che, nel 1932, dichiarava: "Noi dobbiamo, noi gli anarchici, spostare le nostre attività nelle campagne, nei villaggi rurali, da dove partiranno le falangi rivoluzionarie, per farla finita con l'egemonia delle città, ricettacoli della corruzione e della sterilizzazione dei movimenti. (...) Per fare la rivoluzione, noi non abbiamo bisogno delle città. che sono il luogo della concentrazione delle forze capitaliste."
Intanto, l'anarchismo operaio aveva cominciato a prendere vigore solo a partire dall'inizio del ventesimo secolo, ispirandosi all'anarco-sindacalismo francese. Il primo grande sciopero avviene a Barcellona nel 1902; quello del 1909 si trasforma in un'insurrezione urbana della popolazione dei quartieri. Nel 1910, si costituisce la CNT; l'esistenza stessa di un'organizzazione anarco-sindacalista va a costituire una rottura nel modus operandi dell'anarchismo spagnolo, contro l'attivismo individuale e in favore di un'azione collettiva e solidale.
Questo sindacato senza organizzazione, che pratica l'azione diretta, andrà a legarsi strettamente e intimamente alle comunità dei quartieri, creando comitati, reti d'informazione e d'azione; rinforzerà una pratica popolare già esistente, in cui è la strada l'epicentro dell'azione. Scioperi che cominciano in fabbrica e finiscono nei quartieri, rifiuto di pagare gli affitti, boicottaggio, manifestazione di disoccupati che finiscono in espropriazioni collettive, manifestazioni di donne accompagnate da uomini armati, liberazione e rilascio dei prigionieri, edificazione di barricate. Tutto questo era già parte di una contro-cultura d'azione diretta che non si aspettava niente dallo Stato, violentemente anti-politica, in particolare non pietista ed animata da un senso di superiorità morale nei confronti dei borghesi, considerati come dei criminali. Nei fatti, la CNT rafforza i suoi legami con le scuole razionaliste, le cooperative di consumo e con gli Atenei, che, a loro volta, rinforzano lo spirito autonomo dei quartieri: il sacrificio collettivo, necessario all'apertura di questi centri, si converte in una fonte di orgoglio locale e rinforza la fiducia della comunità, a partire dall'idea del possesso comune di una ricchezza. Tutto questo avviene nel mentre in Europa arrivano le prime forme di cultura di massa, come il calcio e le sale per i concerti, che avevano cominciato a diluire la coscienza di classe.
Dopo la vittoria, sancita dal grande sciopero del 1919, in seguito al quale lo stato spagnolo sarà il primo, in Europa, a legiferare sulla giornata lavorativa di otto ore, la CNT diviene uno degli attori principali del mondo industriale ed un riferimento per gli operai. Sarà allora che la borghesia catalana organizzerà delle milizie ed ingaggerà dei pistoleri per spezzare gli scioperi e colpire i militanti. Il sindacato entra in clandestinità, appoggiandosi alla rete di sostegno dei quartieri ed, allo stesso tempo, alleandosi con gli anarchici individualisti organizzati nei "gruppi di difesa", che offrono i loro servizi per rispondere colpo su colpo al padronato e allo stato. Proteggono i militanti minacciati, raccolgono le iscrizioni, attaccano le banche per finanziare le casse dei comitati pro detenuti, sparano ai pistoleri e attaccano anche direttamente alcuni dirigenti. Pagati dalla CNT, ricevono il salario di un operaio qualificato, sono circa duecento e rappresentano una fonte d'orgoglio per la classe operaia: non verranno mai né infiltrati né traditi!
Questi gruppi, negli anni trenta, saranno violente denunciati da alcuni settori della CNT(i "trentisti" vedi nota) che li accusano di danneggiare la CNT, in quanto creerebbero confusione fra azione rivoluzionaria e delinquenza armata. Oramai, ogni singolo sindacato ha i suoi gruppi d'azione, divenuti organi indispensabili a fronte degli abusi della controparte, nel caso della mancata applicazione degli accordi salariali, per la formazione dei picchetti, per l'autodifesa, ed anche per sostenere e abbreviare la durata degli scioperi quando mancano i fondi per farli andare avanti.

spagnaE sarà proprio nel 1931 che il gruppo dei "Solidarios" - creato, fra gli altri, da Durruti, Ascaso e Garcia Oliver - si riorganizzerà sotto il nome di "Nosotros" sulla base dei "Gruppi e Comitati di Difesa della CNT" per realizzare il suo piano di "organizzazione armata segreta". Partigiani della presa del potere, i suoi membri verranno definiti anarco-bolscevichi dalla tendenza anti-autoritaria e anti-militarista della CNT, e rappresentano la tendenza più radicale in seno al movimento anarco-sindacalista. Secondo un rapporto confidenziale dell'AIT, redatto da Alexander Shapiro, "sull'attività della CNT e sul funzionamento dei Gruppi e Comitati di Difesa", tali Comitati "avevano come solo fine, quello di preparare le armi necessarie in caso di insurrezione, di organizzare i gruppi d'assalto nei diversi quartieri popolari, di organizzare la difesa dei soldati nelle caserme, etc.". A causa del fallimento dell'insurrezione dell'8 gennaio 1933, il rapporto critica duramente la mancanza di organizzazione di questi comitati ed il fatto che la CNT fosse sotto il controllo del Comitato Nazionale dei Comitati di Difesa (CNCD). In piena insurrezione asturiana (cui la CNT, a livello nazionale, non partecipa), un rapporto del CNCD dell'11 ottobre 1934 qualifica la tattica del gruppo Nosotros, come pericolosa per il movimento: "Non c'è rivoluzione senza preparazione. (...) Bisogna farla finita con l'improvvisazione, con l'ispirazione esaltata. (...) Questo errore di giudizio sull'istinto creativo delle masse ci è costato molto caro." Da quel momento, i Comitati di Difesa diventeranno "la milizia segreta e anonima della CNT". In ciascun quartiere viene costituito un Comitato di Difesa di settore che comprendono gruppi di informazione e di combattimento che devono giocare il ruolo di "avanguardie rivoluzionarie che ispirino direttamente il popolo". Dimostreranno la loro efficacia durante i combattimenti del luglio 1936, a Barcellona, sotto l'impulso, ancora una volta, del gruppo "Nosotros"; ma falliranno, però, in altre roccaforti dell'anarco-sindacalismo, come Saragozza e Siviglia.

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Defiance

NOTA:

Vennero chiamati "trentisti", proprio a partire dal fatto che la loro consistenza numerica era di trenta persone. Trenta sindacalisti della CNT, partigiani di quel che definivano "sindacalismo puro" e che volevano liberare la CNT dall'influenza dei gruppi anarchici. A tale scopo, nell'agosto 1931, mentre nelle strade della città della Spagna, i lavoratori e i disoccupati combattevano una guerra senza quartiere contro il capitale, essi resero noto il loro "Manifesto dei trenta". Questi sindacalisti moderati, come Peirò o Pestaña, proponevano una sorta di armistizio con le autorità, di modo che l'azione sindacale potesse svilupparsi, e criticavano la violenza dei gruppi di difesa ed il ricorso ad azioni illegali.
La Repubblica, ristabilita nell'aprile del 1931, aveva proposto ad alcuni di loro di diventare ministri - cosa che non osarono accettare. Va sottolineato come la disoccupazione di massa avesse esercitato una forte pressione sul codice morale dei sindacalisti: per lottare contro la disoccupazione, alcuni dei "trentisti" proponevano di limitare il lavoro delle donne e di controllare gli immigrati, già criminalizzati dalla stampa, e ritenevano che le azioni svolte, all'epoca, dai disoccupati contro le fabbriche, fossero "indegne dei lavoratori". La concezione anarco-sindacalista della dignità proletaria era qui diventata una sorta di versione radicale del concetto borghese del "bravo operaio" che vive esclusivamente del suo proprio lavoro.

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