domenica 9 maggio 2010

Crolli

Asteroid460

Dal momento che i comunisti di sinistra identificano la decadenza del capitalismo con la fase imperialistica, la teoria più astratta di Grossman che si intreccia alla caduta tendenziale del saggio di profitto, così come viene espressa nel Capitale di Marx, viene adottata con entusiasmo da molti comunisti dei consigli, e più in particolare da Mattick. Contro questa corrente, Pannekoek mette a punto un'importante critica.
Ne "La teoria del crollo del capitalismo", oltre a mostrare come Grossman abbia deformato Marx, facendo uso di citazioni mirate, Pannekoek sviluppa un discorso che va oltre l'oggettivismo marxista. Anche se nel suo approccio egli continui a credere nel declino del capitalismo, comincia a produrre un attacco critico alla separazione dell'economia, dalla politica e dalle lotte: "L'economia in quanto totalità degli uomini che lavorano e soffrono per soddisfare i loro bisogni e politica (in senso lato) in quanto azione e lotta di questi uomini, come classe, al fine di soddisfare i medesimi bisogni, costituiscono un unico campo unificato e si sviluppano secondo delle leggi". Così Pannekoek insiste sul fatto che il crollo del capitalismo è inseparabile dall'azione del proletariato in una rivoluzione sociale e politica. Il dualismo, così come deriva dalla visione del crollo del capitalismo visto come totalmente separato dalla sviluppo della soggettività rivoluzionaria del proletariato, significa che se la classe operaia è considerata necessaria per fornire forza alla rivoluzione, ciò non garantisce che sia in grado di creare un nuovo ordine, in seguito. Ragion per cui "un gruppo rivoluzionario, un partito che ha come obiettivo il socialismo, avrebbe lo scopo di emergere come un nuovo potere amministrativo in grado di soppiantare il vecchio potere, al fine di introdurre una qualche variante di economia pianificata. La teoria della catastrofe economica è così apparecchiata per quegli intellettuali che riconoscono la natura insostenibile del capitalismo e che vogliono un'economia pianificata da leaders ed economisti capaci". Pannekoek nota, altresì, una cosa che vediamo ripetersi anche oggi: l'attrazione per la teoria di Grossman, o per altre simili teorie del crollo, al momento in cui si verifica un'assenza di attività rivoluzionaria. C'è la tentazione, per coloro che si definiscono rivoluzionari, di: "... sostituire alle masse abbrutite una bella catastrofe economica, di modo che così, esse alla fine emergano dal loro sonno ed entrino in azione. La teoria che il capitalismo sia ormai entrato nella sua crisi finale prevede anche una confutazione semplice e decisiva delle riforme e di tutti i programmi di partito che danno priorità ai lavori parlamentari e all'azione sindacale. Una così semplice dimostrazione empirica e della necessità di una tattica rivoluzionaria deve essere accolta con simpatia dai gruppi rivoluzionari. Ma la lotta non è mai semplice o empirica; anche la lotta teorica a colpi di prove e di ragioni ..." Ma, prosegue Pannekoek, l'opposizione alla tattica riformista non dovrebbe essere basata sulla natura dei tempi in cui viviamo, ma piuttosto sugli effetti pratici di simili tattiche. Non è necessario credere in una crisi definitiva per giustificare una posizione rivoluzionaria, il capitalismo va di crisi in crisi ed il proletariato apprende attraverso le sue lotte. "In questo processo si compie la distruzione del capitalismo. L'autoemancipazione del proletariato è il crollo del capitalismo."

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