venerdì 9 aprile 2010

Costituzioni

usa

Agli Stati Uniti ci legava la ricerca della felicità.
I firmatari della Dichiarazione d’Indipendenza del 4 luglio 1776 affermavano infatti:
“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità”. Duecento anni dopo quella ricerca della felicità, di stampo illuministico, non si era ancora né conclusa né, tanto meno, realizzata. E comunque quell’essere eguali e il poter godere del diritto alla vita e alla libertà ci parevano ancora proprio un bel sogno. Il nostro mito americano si nutriva anche di questo. Anche il passo successivo della stessa dichiarazione ci sembrava essere estremamente radicale nel suo intento di fondo: “che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità”. In quell’anno di rinascita dei movimenti, di libertà espressiva e di assalti alle armerie, i primi due emendamenti alla costituzione sembravano essere ancora estremamente attuali. Il primo, del 15 dicembre 1791, affermava che: “Il Congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto; o per limitare la libertà di parola o di stampa; o il diritto che hanno i cittadini di riunirsi in forma pacifica e di inoltrare petizioni al governo per la riparazione di torti subiti”. Il secondo, contestatissimo ancora oggi anche se stilato nel 1791, affermava invece che:
“Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben ordinata milizia, il diritto dei cittadini di tenere e portare armi non potrà essere violato”.
Collegato al diritto del popolo a mutare o abolire ogni forma di governo poco consona al perseguimento della felicità comune, quell’emendamento sembrava essere quanto di più vicino agli slogan sui fucili in spalla agli operai che una nazione moderna avesse prodotto. Libertà, Vita, Felicità e il diritto a difenderle anche con le armi: in quali altre dichiarazioni e costituzioni avremmo trovato altrettanto pane per i nostri denti affamati?
Non certo in tutte quelle costituzioni che, da quella staliniana del 1936 a quella ipotetica proposta per la Repubblica di Salò fino a quella italiana del 1948, sarebbero state incentrate sul lavoro. Che Dio ce ne scampi! avremmo potuto urlare se fossimo stati credenti . Felicità e Lavoro (specie se salariato) non potevano andare d’accordo e lo slogan “Non lavoreremo mai!” costituiva la nostra radicale risposta a chiunque affermasse che il lavoro rende liberi. Liberi? Opponemmo il diritto all’ozio alla libertà dei lager e del gulag, delle officine, degli uffici e dei supermercati. La vita passava sicuramente altrove e noi l’avremmo afferrata.

da "RITI DI PASSAGGIO", di Sandro Moiso

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