venerdì 13 novembre 2009

Tycho



T.B. (1546-1601)

Dietro freddi, arroganti occhi giace, sotto la calva volta cranica,
questo pallido tessuto delicato, un impasto elettrico.
Capricci dell'evoluzione. Vedi ad esempio il narvalo. Ha due denti:
minuscolo l'uno, l'altro invece, sempre il sinistro, cresce a spirale,
cresce per metri e metri; solchi e nervature lo adornano,
attorcigliato a sinistra, sempre e soltanto a sinistra.

Lo scarabeo, l'unicorno, il mammut: pure chimere. Prendi altresì
questa belva rapace: il Gransignore, che tredicenne scrolla le spalle
a pernici, levrieri e cacce alla volpe; alla sua classe volge la schiena
e lo sguardo al sole, che si eclissa. Inquietudine, spleen,
lusso della precisione; attraverso l'Europa intera i suoi servi
gli portano un quadrante; dodici metri di diametro, quercia e ottone.

Si strofina il naso, mutilato in un duello scaturito
da controversie matematiche: un'artefatta protuberanza dorata.
Strofina le sue carni rossicce su una contadinotta: undici bastardi.
Non c'è tempo per l'amore. In sua vece, astratti bottini: il Sapere,
a tutti i costi. La notte di San Martino del 1572 brilla,
più viva di Venere (credetti di dover dubitare dei mie sensi).

BCas, la Stella Triconica. Una supernova, stavolta
capriccio del cosmo. Dunque anche le eterne sfere del cielo
mutano. Gli sciamani d'Europa interpretano l'infernale presagio:
Notti di San Bartolomeo, pestilenze, apocalissi. Egli invece
misura, preciso al minuto, calcola margini d'errore: De Stella Nova.
Una nuova chimera, costosa: radioriflettori, torsi di plasma,
Big Science. Sorge la nuova isola dei beati: Venere nell'Øresund,
bianche scogliere di Hveen, una Citera della scienza.
Stravaganze; cupole a bulbo, torri cilindriche, astrolabi,
sfarzosi meccanismi d'orologeria, antomati allegorici, tipografie.

Il solo colossale planetario costa cinquemila fiorini.
Il mammut invece si è estinto e gli unicorni non esistono più.
Il Re di Scozia banchetta coi dotti. In cantina i prigionieri
percuotono le sbarre di ferro: plebaglia!
sotto il tavolo rannicchiato il giullare, un nano che sbava verità:
il re sbraita, la Fenice dell'Astronomia tossicchia e, con lieve fruscio,
il meccanismo a orologeria tiene in moto la macchina del mondo.

Le cantine del Castello d'Uranieborg sono un'unica gabbia.
In vent'anni la testa d'uovo incide sul suo globo d'ottone
777 segni; ogni croce una stella fissa, ogni stella
un mezzadro vessato. Noia e megalomania. Un litigio
col sovrano e il divo lascia la Danimarca. Una carovana:
Nano, servi, bastardi e assistenti. Tavole planetarie.

Ma prima d'ogni cosa gli strumenti. Sono smontabili poiché
un Astronomo dev'essere cosmopolita; l'ignoranza dei re
impedisce loro infatti di apprezzarne appieno il valore.
Un visionario accoglie il visionario, Rodolfo di Praga.
Un fiume d'oro, un fiume d'ospiti, un manicomio
brulicante di ciarlatani, adulatori e alchimisti.

Col secolo nuovo giunge a Praga un plebeo, siede almanaccando
in fondo al tavolo. Uno screanzato, questo Keplero. Denaro
non ne ha, sestanti nemmeno, aggredisce il suo sire come un vane rabbioso,
ruga e ruba. Quello, bramoso fino all'ultimo alito
d'oro, carne e di sfarzo, giace in delirio; questo, oscuro e metodico,
va decifrando dati, va partorendo le sue inaudite equazioni,

e ottenebra la luce del morto, per sempre. Due mutanti.
Sapere, chimerizzando, senza sapere perché. Il tessuto grigio
scandisce l'evoluzione. Capricci delle proteine. Unicorni. Vedi
ad esempio il narvalo e quel suo dente. Azzardiamo spiegazioni
già fruste. Un'arma: ma contro cosa? uno strumento: ma
per che cosa? L'arnese di un rituale che non sappiamo.

- H.M. Enzensberger - Mausoleum -

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