martedì 23 settembre 2008

La memoria del dolore



E' un'altra guerra civile, quella che si combatte nel libro di Manuel Rivas, "O lapis do carpinteiro (Il lapis del falegname, Feltrinelli)".
Una guerra già perduta, per i prigionieri di un franchismo che non ha ancora trionfato sul resto della Spagna. La narrazione è affidata, sosprendentemente, ad un aguzzino "dubbioso", un secondino che porta sull'orecchio quel lapis rosso che dà il titolo al libro. Il lapis, prelevato da un altro orecchio, quello di un pittore anarchico da lui assassinato, sarà da quel momento la sua
coscienza.
E' una storia di dolore, raccontata da memorie opposte eppure stranamente coincidenti, cantata come un bolero in una notte gallega piena di pioggia e di vento. E i personaggi ti si scavano dentro gli occhi, mentre leggi. Un dolore fantasma.
"Dicono che sia il peggiore dei dolori. Un dolore che diventa insopportabile."
Una guerra già perduta, dicevo, o forse una guerra vinta da una memoria che ogni giorno diventa sempre più invincibile, che non può essere sbaragliata, mentre colora il mondo, come le lavandaie - nel libro - che dipingono la montagna con i loro panni multicolori stesi al sole.
Messaggi in codice per i resistenti che attendono, nascosti nelle caverne.

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