lunedì 5 maggio 2008

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"Il dramma è finito. Perché allora qualcuno si fa avanti? Perché uno è sopravvissuto alla distruzione?"
Così finisce Moby Dick, quando oramai i giochi son fatti. Il Pequod è sprofondato negli abissi, tomba del capitano Achab, trascinando con sé anche il più piccolo avanzo. Solo Ishmael è rimasto a galla, sulla bara che Quiqueg, il suo selvaggio compagno, si era portato appresso sulla nave. Sembra davvero tutto finito. Dopo un giorno e una notte alla deriva "su un mare morbido e funereo", la bara viene avvistata da una baleniera. Presumibilmente - Melville non lo dice - Ishmael viene tratto in salvo, e così può uscire definitivamente di scena. Però .... però, stante a quanto viene espresso, alla lettera, nel finale, è proprio ora che Ishmael dovrebbe farsi avanti ...
La storia viene scritta "dopo le catastrofi", e se qualcuno scampa è proprio allo scopo di fare da cronista, non per uscire di scena. La storia - anche in senso marxiano - comincia dopo l'ultima catastrofe, dopo la rivoluzione. E, magari, Ishmael, l'ha sospettato che proprio lì, alla fine del romanzo, la sua avventura poteva avere inizio. Ed è per questo che ha dato mandato a Philip J. Farmer di scrivere "The Wind Whales of Ishmael" (in italiano "Pianeta d'aria") che inizia dove finisce Moby Dick.
Dopo qualche giorno di bonaccia, in una notte del tutto serena, Ishmael è sulla coffa di vedetta della Raquel, la baleniera che l'ha tratto in salvo, quando, da un istante all'altro, "senza fare più rumore di uno spettro che aleggiasse sull'oceano", il mare scompare, la notte viene sostituita dal giorno e la nave sta precipitando. Così dalla preistoria di Achab, si passa alla storia di Ishmael trasportato in in una Terra alla fine del tempo, dove gli oceani sono ridotti a sparuti laghetti densi di sale, il sole agonizzante e la razza umana sull'orlo dell'estinzione. La chiave è proprio la bara di Quiqueg. Nei suoi strani intarsi è scolpito qualcosa di indefinibilmente alieno che ha permesso di superare le barriere del tempo: un viaggio per cui si costruiscono le bare, ma che solo la bara immaginata da Melville riesce a compiere! E il tempo diventa la "balena bianca" di Ishmael, in un mondo dove i grandi cetacei si sono evoluti in animali aerei gonfi di gas leggeri e dove battelli volanti navigano le correnti dell'aria a caccia di balene nel vento. Ishmael non capisce questo mondo, ,a non discute con loro più di quanto non lo facesse con Achab. Riuscirà a farsi eleggere "Grande Ammiraglio" e tenterà di salvare, col suo equipaggio, l'intera specie umana. Se avesse avuto il comando del Pequod, lui, Ishmael, sarebbe tornato indietro. Sarebbe venuto a patti con la sua gamba di legno. C'è destino e destino. Quello di Ishmael è la fuga.
Farmer fornisce la sua chiave per il Moby Dick: l'essenziale era la bara, non la balena. Essenziale era Qiqueg, non Achab.
Del resto, se Melville, civilizzato fra i selvaggi, è il protagonista di Typee, può essere benissimo che Quiqueg, selvaggio fra i civilizzati, sia il protagonista di Moby Dick. Sarà la bara a riportare indietro Ishmael dalla fine del tempo. Un po'come avviene nel finale del romanzo "più difficile" di Melville, "L'uomo di fiducia". che si chiude con le parole:
"Questa mascherata avrà forse un seguito".

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