lunedì 31 dicembre 2007

Capodanno


Una persona amica, mi ha mandato un "sms", per gli auguri di fine anno, in cui mi ricorda che il 2008 sarà il quarantennale...!
E, mentre mi dispongo, come è mio solito, ad aspettare la fine di un anno (un altro anno in meno) insieme ad un mazzo di amici e persone care, scrivo qui ed estendo il ricordo e la speranza a tutti gli altri. A chi non ci sarà con me, stanotte, e che avrei amato che ci fosse. E anche a chi passa da queste parti....

venerdì 28 dicembre 2007

I conti col destino



«Anche la musica era interessante. Ricordo quando ho sentito per la prima volta Nilsson cantare "Everybody's Talkin'". Eravamo quasi al termine delle riprese e John Schlesinger, il regista, mi disse: "C'è un disco che mi sembra adatto come tema musicale, ti va di sentirlo?". Andammo in albergo, mise il disco e a me vennero i brividi.»

- John Voight, a proposito della colonna sonora di "Midnight Cowboy (Un uomo da marciapiede)"

Non è mai stato molto considerato, Fred Neil, nonostante abbia firmato alcune canzoni poi riprese ed eseguite da molte "stelle del rock"! Neppure la celeberrima, ai tempi, canzone che fece da colonna sonora al film "Un uomo da marciapiede", nelle versione di Harry Nilsson, servì troppo a portare il suo nome alla ribalta. Ha inciso poco, eppure è stato uno dei musicisti più completi di quel gigantesco movimento folk che si impadronì della scena nella New York del Greenwich Village, nella seconda metà degli anni sessanta. Non è stato un "protagonista", come Phil Ochs che del proprio impegno politico fece un vessillo, o come Bob Dylan che di quel gruppo rimane il musicista più importante, per usare un eufemismo. Eppure la sua vena triste e malinconica, legata al blues oltre che al folk, fa brillare la sua opera come una gemma di inestimabile bellezza. Non era simpatico a molti, e non ha mai fatto parlare di sé più di tanto. Erano in tanti a dovergli molto: a cominciare da Tim Buckley e Tim Hardin, continuando con gente del calibro di Eric Andersen, John Prine, Jackson Browne, Don McLean, fino ad arrivare a Townes Van Zandt.
Quando è morto, nel 2001, a 64 anni di età, si era già ritirato da tempo dalle scene, rifugiandosi nel silenzio, tanto che quando, nei primi anni settanta, Frank Sinatra (che conduceva allora un popolare show televisivo del sabato sera) gli offrì un mucchio di soldi, per cantare ancora una volta la sua "Everybody's Talkin'", Neil rifiutò. Aveva chiuso il suo debito col destino, e non tornò sui suoi passi. Né quella volta, né altre. Mai più.


Tutti parlano

Mi stanno parlando tutti
non sento una parola di quel che dicono
solo echi della mia mente

La gente si ferma a fissarmi
non riesco a vederne le facce
solo le ombre dei loro occhi

Vado in un posto dove il sole continui a splendere
anche attraverso il diluvio della pioggia
Dove il tempo vada bene per i vestiti che indosso

Via lontano dal vento di nord-est
Alla ricerca di una brezza estiva
Saltando sopra l'oceano come un sasso.

giovedì 27 dicembre 2007

che lo dico a fare!?



Per me - non è retorica - è cominciata allora, con i miei sedici e rotti anni, il 12 dicembre del 1969. La strage di ... stato. Venire da lì, dalla rabbia per quelle morti vigliacche. Nemmeno il coraggio di spianare le armi in faccia, come ad Avola, non troppo tempo prima, e neanche il nemico, di classe, da lasciare sul terreno. Solo la morte, da gettare sul piatto, e in faccia a tutti noi. Un'altra epoca, quella del 1969, per molti versi. Amici, nemici, alleati, avversari, per molti di noi, erano ancora da definire o, forse, da redifinire. Noialtri da soli, "sinn fein" in gaelico. E soprattutto quando interviene un senatore, Giovanni Pellegrino, "persona informata dei fatti" e a lungo presidente della "Commissione stragi", a raccontarci come andava in quell'epoca. Nessun mistero - ci racconta il senatore - serviva solo un'Italia che fosse ben allineata in un Mediterraneo inquieto. Dettaglio in più, dettaglio in meno. "Intemperanze sociali" da contrastare con un "piano degli ordigni esplosivi", e gli esecutori erano solo "ragazzi troppo esuberanti", giovani di "ordine nuovo" arruolati dai servizi segreti militari. Non ci sono misteri - ci informa Pellegrino - e non c'erano nemmeno allora, quando scoppiò la bomba, quando arrestarono Valpreda, quando morì Pinelli.

"Sapevano benissimo anche i capi del Partito Comunista, troppo intelligenti per non capire. Non parlarono per senso di responsabilità. Se avessero raccontato i retroscena di quella strage cosa sarebbe accaduto? I Feltrinelli, i Curcio e altri esaltati come loro si sarebbero moltiplicati. Non avremmo assistito a una guerra civile a bassa intensità, ma ad un vero e proprio scontro aperto."

L'intelligenza, già! E l'intelligenza non è mica acqua fresca, forse per questo nessuno ha commentato le dichiarazioni del senatore Pellegrino. Silenzio. Anche perchè, sennò, i signori del Pci (quelli sopravvissuti) avrebbero dovuto specificare che non si limitarono a "non parlare". Fecero di più e di meglio! Mistificarono, calunniarono, annientarono. Del resto, erano degli esperti. Il segretario Luigi Longo si era svezzato in Catalogna, contro gli anarchici, ed era sempre pronto a rinnovare gli antichi fasti. Per rendersene conto basta andarsi a rileggere la stampa del partito ai tempi della "pista Valpreda"!
Ora, la maggior parte di questi personaggi non c'è più, però molti ci sono ancora (cazzo, se ci sono!) e può essere "bello" rivederli tutti insieme. Eccoli!:

Segretario Generale: Luigi Longo
Vicesegretario Generale: Enrico Berlinguer

Direzione: Abdon Alinovi, Giorgio Amendola, Paolo Bufalini, Sergio Cavina, Gerardo Chiaromonte, Arturo Colombi, Armando Cossutta, Fernando Di Giulio, Guido Fanti, Carlo Galluzzi, Pietro Ingrao, Leonilde Iotti, Luciano Lama, Emanuele Macaluso, Adalberto Minucci, Giorgio Napolitano, Alessandro Natta, Agostino Novella, Achille Occhetto, Gian Carlo Pajetta, Ugo Pecchioli, Claudio Petruccioli, Alfredo Reichlin, Antonio Romeo, Rinaldo Scheda, Mauro Scoccimarro, Emilio Sereni, Adriana Seroni, Umberto Terracini, Aldo Tortorella.

Comitato Centrale: Giovanni Berlinguer, Arrigo Boldrini, Napoleone Colajanni, Giueseppe D'Alema, Edoardo D'Onofrio, Giuseppe Dozza, Maurizio Ferrara, Sergio Garavini, Fausto Gullo, Renato Guttuso, Davide Lajolo, Lucio Lombardo Radice, Giuliano Pajetta, Luca Pavolini, Luigi Petroselli, Bruno Trentin, Vittorio Vidali, Renato Zangheri.

E, del resto, gli epigoni non sono certamente da meno dei loro venerandi maestri! Basta riguardarsi la storia di questi ultimi anni: la precarietà sul lavoro, e del lavoro, è stata sancita dalla legge nota come "pacchetto Treu", votato anche da "Rifondazione comunista"; la legislazione contro gli immigrati e i richiedenti asilo ha avuto inizio con la legge Turco-Napolitano, e sempre votata da Rifondazione; si deve alla penna di Violante il più brioso manifesto sulla "sicurezza"("apologia dell'ordine pubblico") poi tradotto in una legge che ha decretato l'autonomia dell'arma dei carabinieri; è stato Oliviero Diliberto, in qualità di ministro della giustizia, a promuovere i GOM (reparti speciali di guardie carcerarie) che, poi, si distingueranno a Genova. E si potrebbe continuare. Ma a che pro? Che lo dico a fare!?

lunedì 24 dicembre 2007

Ciak, è Natale!



Ma guarda un po', domani è un'altra volta il giorno che chiamano "natale"!
Dicono che sia un giorno importante, per molti, e magari lo è davvero, in un modo o nell'altro. Lo è, a prescindere dalla ricorrenza della presunta nascita di colui che i surrealisti chiamavano "il rospo di Betlemme". Lo è perché non si riesce a sfuggire - per quanto tu ti nasconda - al clima, per così dire. Sarebbe ipocrisia negare, da parte mia, l'essere del tutto immune alla mitologia, del natale. Perfino un film come "La vita è meravigliosa" di Frank Capra, non mi dispiace e, a dirla tutta, riesco anche a trarre "ispirazione" da molti altri film di ambientazione più o meno natalizia quando son fatti bene (secondo i miei gusti), compresi quelli con Chevy Chase. Già, il cimena. Il cinema è forse davvero, se non l'unica, la migliore cifra del natale. E, a mio avviso, lo è a trecentosessanta gradi. Vado a braccio, a ricordare, via via che mi vengono in mente. Da "Parenti serpenti" di Monicelli - e come avrebbe detto Peppino De Filippo: "...e ho detto tutto." - fino al natale di guerra de "La grande illusione" di Renoir fino a tutte le versioni cinematografiche de "Il canto di natale" di Dickens (maledetto!"), il natale - bisogna ammetterlo - fa parte del dna del nostro immaginario. E anche le canzoncine svolgono un buon ruolo, e confesso di aver comprato una volta una compilation di canzoni natalizie in chiave country. Vabbé, c'è da dire che l'interpretazione di "Jingle Bells Rock", resa da Jerry Jeff Walker, era (ed è) da standing ovation!
Tutto questo preambolo, per dire che non sono immune ad una sorta di immagine del natale, fatta di letto caldo e di pigrizia e di camino acceso mentre fuori tutto è freddo e bianco e altre bischerate simili. Ma la famiglia no, non la sopporto! Preferisco stordirmi di televisione da solo, piuttosto che attuare una full immersion in famiglia! Ed è quello che mi toccherà fare, per natale. Passarmelo da solo, dico. Anche perchè, tutti quegli altri stanno in ...famiglia!
E poi, ecchecazzo, ditemi qual è un dolce peggiore del panettone!?!

venerdì 21 dicembre 2007

La Classe...non è acqua!



"Si era autonominato apostolo del sabotaggio, aveva un sorprendente dono della parola, passava da un lavoro all'altron trasformando i «mangiaufo» in Wobblies e insegnado loro quella che lui chiamava la «tecnica del perder tempo». La insegnò anche a me. Mi diceva: «Non darci così sotto con quella pala, ragazzo! Non romperti la schiena! Mi viene a mente quello che un branco di buoni a nulla fece giù a Bedford, nell'Indiana, nel 1908, quando il padrone disse loro che c'era una riduzione sulla paga. Allora loro andarono in un negozio di utensili e si fecero accorciare le pale e dissero al padrone: “paga piccola, pala piccola”. Gli era scattata la molla giusta: era una forma di sabotaggio istintivo e spontaneo, anche se il sabotaggio, voglio dire la parola «sabotaggio», era allora sconosciuto in questo paese. E va ancora bene, paga piccola, pala piccola. Prendi tre e cinquanta: pensi che valga tanto il tuo lavoro? Non essere scemo. E allora: pala piccola, e quando nessuno ti guarda, niente pala. E che vadano al diavolo! Perdi tempo, sciopera sul lavoro. Capito?»
Io trovavo che perder tempo, anche quando ero diventato più o meno padrone della tecnica, era più faticoso che lavorare davvero, ma il mio maestro ne era profondamente soddisfatto. Mi incoraggiava dicendomi che un po' alla volta ci avrei fatto l'abitudine.”

Louis Adamic – DYNAMITE – collettivo editoriale librirossi – seimila lire

giovedì 20 dicembre 2007

chitarre



Woody Guthrie e Pete Seeger.Suonavano insieme in un gruppo, a New York. Indossavano camicie da lavoro e jeans, e scrivevano canzoni folk che avevano come protagonista l'uomo della strada, vittima dello sfruttamento in lotta contro i vampiri capitalisti. Sulla chitarra di Woody campeggiava lo slogan:
"Questa macchina uccide i fascisti".
Sul banjo di Pete c'era una versione più moderata e gentile:
"Questa macchina attacca l'odio e lo costringe ad arrendersi".

mercoledì 19 dicembre 2007

Troppi Western!



Non è un gran film, decisamente. Non ricordo nemmeno il nome del regista, offuscato dalle presenze "ingombranti" di Robert Redford e Morgan Freeman. Jennifer Lopez assolve al suo ruolo, nient'altro.
No, non è un grande film "Il Vento del Perdono" (meglio il titolo originale "An Unfinished Life". Una vita incompiuta.), gli mancano molte cose per esserlo, anche se adesso non me ne viene in mente nessuna. Ma a volte sono i piccoli film, quelli che riescono a parlarti; magari i grandi non ne sono capaci, ti lasciano ammirato ma non ci riescono. Invece, un film come questo, ri-visto martedì sera, ti scava dentro, e riesce a tirarti fuori il sorriso e la lacrima asciutta. Magari ci riesce solo perché ti parla di te, una sorta di "te" condiviso. Per quello che sei. Magari è l'età! E poi fuori anche stasera fa freddo,così uno resta in casa, consolato dal termosifone e dalla bottiglia di herradura, accende il televisore e si dice "perché no?".
Neanché i dialoghi, alla fin fine, sono granché. Niente a che fare con la sontuosità cinematografica dei duetti che lo stesso Freeman svolge con Clint Eastwood in un film comer"Million Dollar Baby"! Però....le facce...
Sì, certo, un film scarno, una storia scarna intagliata col coltello, con la presenza di un orso quasi archetipico a fare da controcanto alla violenza sudicia e vigliacca che è da tutte le parti.
Poché verità. I padri che non dovrebbero mai sopravvivere a nessun figlio. I film western che abbiamo visto, troppi, e che dovrebbero essere una motivo in più di preoccupazione, per i nostri nemici. Quei nemici spiccioli, quelli che ci assediano, comunque, dovunque si riesca a fuggire. Naufraghi. Danno piacere, i piccoli film. Più dei grandi. Ti confortano e ti tengono in piedi, nonostante tutto. Malgrado tutto, Ogni tanto, in sere come questa.

martedì 18 dicembre 2007

Pesci Pollo e P38, in salsa fiamminga



Faceva freddo a Bruxelles. Faceva freddo, non tanto per le minime attestate su pochissimi gradi sotto lo zero, quanto piuttosto per le massime che, nonostante il sole risplendente in un cielo del tutto terso, non andavano al di là del loro reciproco negativo. Faceva un freddo boia e a ben poco serviva l'antico vino cotto venduto per strada nei mercatini che, per natale, invadono la città.
Bruxelles andata e ritorno, in poco più di ventiquattr'ore, con in mezzo un concerto di Tom Russell. Splendido pazzo! Un cantautore (ma "songwriter" rende meglio l'idea!) capace di scrivere, e cantare, canzoni che ti graffiano il cuore. Un uomo che ... non lo diresti mai. L'aspetto che penseresti in un avvocato, magari in odor di ... mafia; qualcosa alla "Carlito's Way", per intendersi. Le canzoni, sorrette dall'accompagnamento decisamente toccante della chitarra di Michael Martin (un "mezzo indiano" di San Antonio, Texas, quasi un Charles Bronson giovane con un'acconciatura alla "swingin' London" ed i modi strani ed affettati di un damerino da film western di John Ford). Le canzoni, inframmezzate da un torrente di parole, invenzioni linguistiche che diventano un tormentone, come il "Chicken fish" ed il "You, bastards" con cui si rivolge a noi pubblico; aneddoti e battute che risparmiano ben pochi mostri, sacri e non sacri. Bob Dylan che non è dio e Springsteen e Iggy Pop e gli americani che ci mettono dovunque il ghiaccio e qualsiasi schifezza diventa buona, e via di questo passo.
Poi, il giorno successivo, la ri-partenza da Charleroi, dove la scena che si è svolta al controllo bagagli avrebbe meritato di essere consegnata ad un qualche supporto, ottico o magnetico:
La perquisizione di uno zaino, alla ricerca di una ... candela! Il contenuto del bagaglio viene sparpagliato sul banco alla fine del nastro trasportatore, alla ricerca di questa maledetta candela che sembra non trovarsi e alla fine emerge dal caos. La candela è solo un bicchierino riempito per tre quarti di una cera dal color rosso miele. Nello stesso involucro che avvolge la candela, si trova lo ... stoppino. Insignificante, innocuo, fatto di carta che uno poteva metterselo anche in tasca e passava indenne attraverso qualsiasi ispezione, ma... Non si può! Come!? Potrebbe essere pericoloso! La soluzione? Lascia lo stoppino (che potrebb essere una miccia, un innesco!!!) e porta via la candela! Come non averci pensato?
Ma il tutto avviene mentre sullo stesso bancone teatro dell'autopsia dello zaino giaceva, ammiccante, un libro sulla cui copertina in bella evidenza recava il titolo "La Compagna P38" e la foto, quasi a tutta pagina dell'arma in questione, e ancora a sinistra a titoli cubitali la scritta "il romanzo delle BRIGATE ROSSE". Nessuno ci ha fatto caso!
Poi, vabbé, siamo partiti in ritardo perché un coglione ha ritenuto violata la sua dignità dal fatto che i passeggeri dotati di biglietto "check'n'go" salissero prima di lui e della sua comitiva, cui doveva dimostrare di essere uomo da rispettare. Risultato: noi mezz'ora di ritardo, e lui rimasto a Charleroi dove potrebbe venire dichiarato indesiderabile per un lungo periodo sui voli di linea. Ben gli sta!

venerdì 14 dicembre 2007

Date fiori ai ribelli caduti



"Severino Di Giovanni rimase un pericolo pubblico anche quando era cadavere. Seppellito durante la notte, in fretta e furia, nel cimitero della Chacarita in una tomba senza nome, la polizia scoprì con orrore che quella tomba, la mattina dopo, era completamente ricoperta di rose rosse. Allora il ministero dell'interno dispose che il corpo fosse rimosso e buttato in una delle fosse comuni. Ma anche allora, per giorni e giorni, ogni mattina, gli agenti trovarono la fossa ricoperta di rose rosse. Non si riuscì mai a scoprire la misteriosa persona che portava i fiori durante la notte."

Nico Francalanci
L'anarchico che cade nelle mie mani deve aver litigato con la vita se continia a essere anarchico Robin Edizioni 2007 - 10 euri

Scelte



I Del Sangre. Luca Mirti e Marco Lastrucci. Ricordo che una persona, tempo fa, mi chiedeva se davvero fossero ... operai. Il "blue collar rock" sta bene ad Ashbury Park. Fra Firenze, Prato e Lamporecchio si fa fatica a crederci!
Ma come? Cantano suonano e sono pure operai!? Ma dai, non è possibile.
Tralascio ogni considerazione su simili "incredulità", mi limito a prenderne atto. Come ho preso atto, con gioia e soddisfazione, del fatto che adesso è possibile, andando sul sito dei Del Sangre, scaricarsi aggratis l'intera discografia. Tre dischi, uno più bello dell'altro, e la cover di "Masters of War" di Bob Dylan tratto dalla compilation "Not in my name".
Ma non solo, seguendo il link alle Bonus-Tracks è possibile scaricarsi "Zoe", il primo disco mai pubblicato, più un'altra decina di pezzi, più o meno inediti.
Bisogna ascoltarla per credere! I Del Sangre rifanno il Canto dei Lavoratori, quello scritto da Filippo Turati in persona, e musicato da non ricordo chi. Ma il fatto incredibile è che, non conoscendo la musica della versione originale, Luca si inventa un suo adattamento, e su quella sua musica canta. Da rimanere a bocca e orecchie aperte!
Il cuore e la generosità. Questo sono i Del Sangre! Si forse è solo "musica per vecchi animali". Ma vale la pena! Ne vale talmente la pena da anderseli a sentire, venerdì 28 dicembre, al Pegaso, ad Arcola provincia di La Spezia. Arcola, paese natale di Renzo Novatore (nato Abele Ferrari), poeta e sodale di Sante Pollastri! Quelli de "Il Bandito e il Campione".
Hanno scelto, i Del Sangre, di condividere la loro musica. E' una scelta. Perché la musica non si vende, e non si compra. Si condivide, come e dovunque capita. Come un paio di settimane fa, quando davanti alla stazione Termini, sull'autobus della Lifegate, le chitarre di Andrea Parodi e Marco "Phyton" Fecchio con Davide Livio al basso e la batteria di Max Malavasi, i vetri dei finestrini rigati dalla pioggerellina insistente, le luci al neon da dentro il bus illuminavano i musicisti creando - come ho fatto loro notare, ironicamente - quasi la suggestione di un angolo da quartiere a luci rosse. Portando Amburgo a Roma. Venti minuti, più o meno, di musica. I cd disponibili a dieci euro esauriti. Condivisi.
Magari un giorno riusciranno a farlo, tutti insieme, il "rolling thunder revue" di noantri!
Chissà.....

giovedì 13 dicembre 2007

Non abbiamo cominciato noi!



La rete innesca strani meccanismi, "da quartiere" mi verrebbe da dire. Dopo anni passati a frequentarla, dopo un inizio "roboante" in cui ti spostavi continuamente, macinando siti su siti, seguendo link, cercando quasi la fine dell'arcobaleno, ti accorgi che alla fine ti ritrovi, ogni giorno, giorno dopo giorno, a fare il solito "giro". Il deposito per le eventuali nuove versioni del software che usi, o che ti potrebbe interessare usare. L'edicola, la libreria, il negozio dei dischi per sapere in anticipo le novità. Poi, i siti degli amici e i loro blog. In questi ultimi luoghi, può capitare di orecchiare qualche discorso, magari suscitato da qualcos'altro, magari fuori luogo! Solo che - lo confesso - da tempo mi è venuta meno la spinta ad andare ad "urlare" le mie ragioni in casa d'altri. Per continuare a coltivare tale ghiribizzo conservo solo l'abitudine ad un paio di mailing list, forse per vizio forse - per l'appunto - per abitudine. Ché l'abitudine è di conforto (agli altri, ovviamente), e vuoi mettere la soddisfazione di aspettare la passeggiata di Immanuel Kant, al fine di poter rimettere l'orologio sull'ora esatta, tutti i pomeriggi! Ragion per cui, dicevo, quando ho prestato orecchio ad una discussione che non esito a definire assurda, fatta su un sito gestito da un amico e in cui si parla di canzoni. A partire da un testo del collettivo Victor Jara (dei fratelli David e Chiara Riondino) a proposito della fucilazione di Giancarlo Del Padrone sui tetti del carcere delle Murate, a Firenze, qualcuno è passato a disquisire della susseguente rivolta che avvenne nel quartiere di Santa Croce e poi, con un doppio salto mortale carpiato con avvitamento, a ricordare un episodio in cui avvenne che dei democristiani, un paio di anni dopo, vennero aggrediti da un nutrito gruppo di compagni. Niente di male (letteralmente), solo che la citazione veniva fatta, in mala fede suppongo, riconducendola alla strage di Piazza della Loggia a Brescia e sostenendo che era stato un "errore", in quanto i democristiani sarebbero stati "dalla nostra parte". E, intendendo con questo, non tanto dalla sua, quanto anche dalla mia!
Il discorso ha funzionato, fino al punto che l'ingenuo mio amico, amministratore del sito, ha ritenuto che fosse accaduto che i democristiani erano andati a portare la loro solidarietà e partecipazione al lutto per i caduti a seguito dell'attentato.
A seguito di tutto questo, non ho mai avuto la minima intenzione di intervenire a quella sorta di "forum" - non mi piacciono i forum "amministrati", anche se lo sono da amici: ho dei brutti ricordi in proposito - però, da giorni, rimugino su questo fatto e su come sia facile cambiare le carte in tavola e dare, o far credere, una versione dei fatti che si discosta - poco o molto - dalla verità della realtà di allora. E allora la scrivo qui, per i pochi cui può interessare, considerato anche che essendo oramai tutto prescritto posso "sbruffoneggiare" quanto mi pare!
Sono arrivato a quella che ciascuno può chiamare come gli pare, da coscienza a follia, per mezzo di due episodi che mi hanno dato una "causa". I due episodi, in susseguenza, sono stati: la fucilazione dei braccianti di Avola e la bomba di Piazza Fontana a Milano. Li ho chiamati, insieme a molti altri, "strage di stato", e su questo non ritorno indietro. A me risulta che lo stato fosse gestito da un partito che si chiamava "democrazia cristiana".
Ma veniamo a quella sera...una sera di giugno, per un comizio di Fanfani che doveva chiudere la campagna elettorale del 1976, in Piazza della Signoria, sulla parola d'ordine che la dc non si processa! Sono passati pochi giorni dal tentativo di comizio di Almirante in Piazza Strozzi e il clima è frizzante. Ragion per cui, gruppi di compagni decidono di andare a guardarli in faccia questi democristiani che "rischiano la piazza". Gli scudo-crociati sono gasati e un mini-corteo di lor signori - con slogan del tipo "rossa o nera è sempre dittatura" - suscita delle piccole reazioni. Scoppia una gigantesca rissa, e le bianche bandiere vengono bruciate e le aste delle stesse usate per bastonare sulla testa quei coraggiosi.
Solo di un'unica cosa sono dispiaciuto. Che al terzo cazzotto dato in faccia ad un tizio che non avevo mai visto - e che ritenevo essere un democristiano - smisi solo perché lui riuscì a bofonchiare di essere un compagno ... socialista. Dico che avrei fatto meglio a continuare a cazzottarlo.
Allora eravamo giovani, e come i ragazzi potevamo sempre dire una semplice verità: non abbiamo cominciato noi!

mercoledì 12 dicembre 2007

Non è fantascienza!



L'associazione degli scrittori di fantascienza americani (la SFWA) ha deciso di cominciare ad affrontare il problema posto al copyright da Internet. Così, per tramite del suo vicepresidente Andrew Burt, ha segnalato una lista di circa un migliaio di opere che a suo avviso violano il copyright, solamente di Robert Silverberg e degli eredi di Isaac Asimov.
La lista è stata preparata semplicemente come risultato di una ricerca sul sito Scribd.com, che permette di pubblicare online i propri libri in formato elettronico, con le parole "silverberg" e "asimov". Presa nota di tutti i libri che soddisfavano alla ricerca, è stata inviata ai responsabili di Scribd una lettera di avviso di infrazione del copyright.
Fra le opere incriminate, c'erano un romanzo di Cory Doctorow, una guida per insegnanti sulle letture per ragazzi, un catalogo di arretrati di riviste di fantascienza e così via.
La situazione ha del ridicolo: la SFWA cerca di promuovere gli autori di fantascienza facendo causa a tutti quelli che citano i nomi degli autori di fantascienza nei loro testi!
Ma la legge non conosce il ridicolo. Quel che un tempo era come una sorta di "omaggio" diffuso, tipo citare le tre leggi sulla robotica create da Asimov qualora si stesse scrivendo un libro sui robot, oggi è diventato passibile di denuncia, almeno in America.
Magari - come brillantemente è stato argomentato su www.fantascienza.com in proposito - "si avvicina il giorno in cui possedere dei libri stampati verrà considerato una violazione del copyright, e lo stato istituirà un corpo di pompieri per cercare e bruciare i libri in circolazione. Allora Ray Brabdury (o gli eredi) farà causa allo stato per aver copiato la sua idea!"

martedì 11 dicembre 2007

Canto di Natale



Potrebbe averla scritta un Dickens in vena di umorismo nero, la storia che si è svolta nei giorni scorsi fra Denver e Colorado Springs, a distanza di cento chilometri e a qualche ora l'una dall'altra.
Un giovane sui vent'anni bussa alla porta di un convento, alla periferia di Denver, e chiede asilo per passare la notte. Gli rispondono di no e lui apre il fuoco!
Due morti e due feriti gravi.
Il convento è sede di un'associazione, "Youth With A Mission", che si occupa di preparare giovani evangelisi da inviare all'estero come missionari. Nel convento, era appena finita una cena di preparazione al Natale (ma non abbastanza, verrebbe da commentare), quando il ragazzo è arrivato e ha chiesto ospitalità. Rifiutatagli. Se n'è risentito.
Dopo aver sparato, il giovane si è dato alla fuga, sparendo nella bufera di neve che imperversava. Sembra che sia lo stesso che qualche ora dopo, a Colorado Springs, ha aperto il fuoco davanti alla New Life Church, una chiesa, uccidendo una persona e ferendone almeno altre quattro. Ma qui, un addetto alla sicurezza ha risposto al fuoco, uccidendolo.
Hanno ucciso lo spirito del Natale!

Un ribelle senza una causa



Però, i ribelli senza causa, sono sempre pronti a sposarla, una causa, quando ritengono che ne possa valere la pena. Soprattutto se vi trovano altri ribelli, insieme in quella causa.
Così racconta Jean-Patrick Manchette - sempre nel suo splendido libro "Le ombre inquiete" - a proposito di un episodio verificatosi nel maggio 1968:

"Maggio 1968, barricate e tutto il resto. In una stanza d'albergo un mio amico viene a sapere che a Parigi ci sono scontri con la polizia. Si fionda sulla valigia. "Andiamo" - dice estraendone una pistola. Vuole scendere in strada e ammazzare un po' di sbirri, come cerca di fare in Lorena, mentre sto scrivendo (ndr: è il 1979), qualche altro "irresponsabile" ("Le Nouvel Observateur" dixit). Lo calmo: "In Francia, non si fa così. E' troppo presto". Lui sospira e ripone la pistola. Sarà per un altra volta.
L'amico in questione era Nicholas Ray. Adesso ha dieci anni di più e non ci vede da un occhio."

*Nota: Il film più famoso di Nicholas Ray, autore di innumerevoli capolavori è "Rebel without a Cause" (in italiano: "Gioventù Bruciata") con James Dean.

lunedì 10 dicembre 2007

IL DIRITTO DI UCCIDERE



E' andata bene. Se vogliamo, tolto il trascurabile dettaglio di essere più o meno tutti quanti morti, è andata loro bene. Le famiglie riceveranno sottoscrizioni varie, comprese quelle che elargiranno generosamente gli assassini dei loro congiunti! Certo non una pensione, ma dicono che tocca contentarsi, coi tempi che corrono. Poi dappertutto è un coro che invoca regole e pene per chi viola le norme sulla sicurezza nel posto di lavoro. Dal governo ai sindacati alla confindustria. Sembrerebbe - almeno così dicono - che sia un obiettivo comune a tutti!!
Com'era il vecchio slogan del PCI? Rispolverato, farebbe la sua porca figura in quest'ultima kermesse che si agita su tutti gli organi di informazione. Anche perché nessuno, a quel "Di lavoro non si deve più morire", opporrebbe, oggi, quel "Di lavoro non si deve più vivere" che tanto faceva incazzare burocrati e quadri di partito.
Ma oramai, la malattia infantile non c'è più, da quando non c'è più ...il comunismo.
Nel frattempo, però, sono già morti un'altra dozzina di operai, e per loro non ci sarà alcuna sottoscrizione, ché si sono persi il palcoscenico giusto. Sculo!
Ah, però, nel frattempo la Cub (che vorrebbe indire uno sciopero generale, se le verrà permesso!) ha scoperto che gli operai sono merce (ai tempi, si diceva "forza-lavoro"); sì, ma sono merce solo quelli che lavorano nelle aziende dove non vengono rispettate le norme sulla sicurezza.
Ma quali norme!!??

venerdì 7 dicembre 2007

Umorismo



"Quando si parla di umorismo, io penso sempre al filosofo Hegel. Il suo libro "La grande logica" lo lessi una volta che avevo i reumatismi e non potevo muovermi. È una delle più grandi opere umoristiche della letteratura mondiale. Tratta della maniera di vivere dei concetti, queste esistenze scivolose, instabili, irresponsabili; come s’insultano l’un l’altro e fanno la lotta a coltello e poi si siedono a tavola insieme per la cena, come non fosse successo niente. Essi compaiono, per così dire, a coppie, ciascuno sposato col suo contrario, e le loro faccende le sbrigano in coppia, cioè firmano contratti in coppia, fanno processi in coppia, organizzano irruzioni e scassi in coppia, scrivono libri e fanno dichiarazioni giurate in coppia, e cioè come coppia completamente in disaccordo su ogni cosa. Ciò che afferma l’ordine, lo confuta subito, possibilmente nello stesso momento, il disordine, suo compagno inseparabile. Non possono vivere l’uno senza l’altro, né l’uno con l’altro.
Lo spirito, l’ironia di una cosa lui la chiama dialettica. Come tutti i grandi umoristi, egli diceva tutto con la faccia più seria di questo mondo. I più grandi sovversivi si definiscono allievi del più grande sostenitore dello stato! Tra parentesi, questo testimonia in favore del loro umorismo. Difatti, non ho mai visto un uomo privo di umorismo che capisse la dialettica di Hegel."

- Bertolt Brecht, Dialoghi di profughi -

giovedì 6 dicembre 2007

I figli delle vittime



Ho fra le mani un vecchio libro - vecchio??? - del 1977. L'ho ripreso in mano per farne delle fotocopie da dare a un nuovo amico che sta scrivendo anche lui un libro (il suo secondo) su certe persone che in quegli anni hanno attraversato (termine riduttivo, ma non me viene un altro) la mia vita.
L'autore (del libro del 1977), Alessandro Silj, nato a Roma nel 1935 - così riportano le note di copertina - è stato, all'epoca, autore di un romanzo e di numerosi saggi, è stato ricercatore ad Harvard e funzionario internazionale a Bruxelles e a Washington e collaboratore di giornali come "Le Monde" e "La Repubblica" e riviste come "L'espresso". Non certo un pericoloso estremista!
Ma si possono leggere cose che oggi nessun quotidiano (nessuno! nessuno escluso.) o rivista osa riportare nelle proprie pagine; e questo non perché questo nostro "bel paese" sia cambiato più di tanto, se non nella sua stampa, nella sua verità.
Vi si può leggere, parlando di strutture totale e di Giovanni Senzani,di quando, ancora giovane "aclista" torinese, stava svolgendo un'inchiesta che poi sarebbe stata pubblicata per "Jaca Book" con il titolo "L'esclusione anticipata". Parla delle condizioni di vita dei ragazzi figli di genitori ricoverati in manicomio che venivano rinchiusi nello stesso tipo di istituzione e "rieducati" con gli stessi metodi. All'epoca c'erano 118 istituti di rieducazione, di cui 40 gestiti dallo stato e gli altri da laici o enti religiosi convenzionati con il ministero della Giustizia, che controllavano cinquemila fra ragazzi e ragazze. Le condizioni di vita? Celle di isolamento per futili motivi, calci nei coglioni e altri maltrattamenti, mancanza d'acqua, di riscaldamento e servizi igienici. Dimenticati dal mondo esterno e sodomizzati dai compagni più anziani, il tentativo di suicidio era di "gran moda" come unico mezzo per strappare un po' d'attenzione ai gestori degli istituti. Quando Senzani trovò ottanta bambini fra i sei e i nove anni rinchiusi nella "Villa Nazareth" di Ostuni, e volle parlare col direttore, si sentì rispondere che "a cinque anni, il bambino pugliese è già delinquente".
E poi, direttori di manicomi che hanno fatto morire uomini e donne per averli costretti in un letto di contenzione per trenta e più giorni di fila e senza inturrezione, lasciandoli marcire nei propri escrementi.
Ah, a proposito, i manicomi criminali esistono e sono ancora in vigore in Italia.
Quello che non è in vigore è altro. Nemmeno quel tanto che, in quel lontano 1977, era rimasto un poco in vigore.
Adesso ci sono i figli delle vittime (le uniche legittimate ad esserlo, vittime).
E si potrebbero risentire!

mercoledì 5 dicembre 2007

Sarebbe stato di marzo. Con il sole.



La compagna P38!
Certo, la provenienza è nobile. Viene direttamente da Majakovsvkji e dal suo "la parola al compagno Mauser"! Ma mi aveva lasciato perplesso il libro, in bella mostra sugli scaffali, firmato da un certo Dario Morgante. Sui risvolti di copertina, poco di più rispetto al sottotitolo, quel "romanzo delle brigate rosse", e ancora meno notizie sull'autore. Classe 1971(!?), già autore di una raccolta di racconti - "Mia sorella è una gran figa" (per un imprecisato editore e contrariante a partire da quella "g" milanese!) - e di un ancor meno precisato numero di sceneggiature di fumetti. In quarta di copertina un ancor più indisponente estratto di una recensione da "Rolling Stone" (che, nonostante la valenza datane da Stephen King ne "L'incendiaria" non sono mai riuscito a farmela star simpatica, quella rivista). Calma, calma, ora arrivo dopo questo profluvio di parentesi. Il libro - dicevo - il libro alla fine l'ho preso e .... cazzo, se ho fatto bene!!!
L'ho praticamente letto tutto d'un fiato, sdraiato sul divano, in due ore, due ore e mezza, dalle tre alle cinque e mezza del pomeriggio. C'era quello che cervavo, a proposito di noir, di illusi che diventano disillusi, di ragioni che sono buone ragioni. Comincia un po' come quel piccolo "sazmidat" che sono riuscito a leggere, dallo splendido titolo "Guai a chi ci tocca" di Francesco "Franz" Lo Duca. Poi si impenna. Dapprima non riesci quasi nemmeno ad accorgertene, poi ti rendi conto che l'autore ha messo in atto un espediente. E lo ha fatto con somma maestria. Ha cominciato a portare tutto quanto a .... Primavalle! Tutte le "brigate rosse" non riconducibili al più bieco e becero marx-leninismo si ritrovano a Primavalle. La colonna genovese sterminata in via Fracchia, Walter Alasia e Tonino Lo Muscio dei Nap e Prima Linea. Tutto quanto fino al finale tragico e insostenibile, come un film noir e un western allo stesso tempo. E quella rivoluzione che non c'è stata, è bella da leggersi per come è stata immaginata.
"Saremo lì perché è il nostro destino. Quando sarà, sarà un giorno bellissimo. Ti dirò di più: secondo me non sarà di ottobre, né di maggio. Sarà un giorno di marzo. Con il sole."
Sì, credo che dovesse essere quella!

Dario Morgante - La Compagna P38 - Newton Compton - 9 euri e 90

martedì 4 dicembre 2007

Uccelli da Guardia!



Non so quanti sappiano cos'è il "Taser", ma esiste davvero e non è fantascienza. Inventato nel 1969 da tale Jack Cover, il nome è l'acronimo di "Thomas A. Swift Electronic Rifle" dove Thomas Swift è il personaggio di una serie di romanzi per ragazzi, è un'arma che spara due piccoli elettrodi che restano collegati tramite dei fili metallici alla pistola (nonostante il fucile dell'acronimo). Raggiunto il bersaglio, i due elettrodi liberano una scarica elettrica che causa un forte dolore, rendendo inoffensiva la vittima. Un'arma, il taser (che fa chiaro riferimento al laser e al "phaser" di "star trek"), che in diverse occasioni ha anche causato la morte del bersaglio.
Adesso Sarkozy, non contento di essere un sostenitore di quest'arma che vorrebbe vedere in mano ad ogni agente (niente affatto preoccupato che in molti ambiti si cerca di fare equiparare il taser alla tortura), ha pensato bene di finanziare uno studio per approntare un nuovo modello di taser, studiato apposta per combattere i disordini di piazza. Un mini disco volante automatico che possa sparare cariche taser su chi aizza la folla.
Ma l'idea non è affatto nuova - guarda un po' - e ricorda da vicino quello di un celebre racconto di Robert Sheckley, "Uccelli da guardia" (Watchbird), apparso su Galaxy nel 1953. Nel racconto, per combattere il crimine, veniva progettato e costruito un uccello robotico in grado di individuare chi violava la legge e di colpirei i trasgressori con una scarica elettrica. In breve, gli uccelli da guardia diventano un vero pericolo, colpendo e punendo anche le minime trasgressioni (come il divieto di sosta) e rendendo impossibile la vita. La soluzione, proposta nella storia di Shekley, consiste nella costruzione dei falchi elettronici, progettati per dare la caccia e distruggere gli uccelli da guardia. Cosa accadrà quando ... finiranno gli uccelli da guardia?

lunedì 3 dicembre 2007

Singolarità



Sempre più spesso, nel leggere un libro, nell'ascoltare il testo di una canzone, e una musica, nel guardare un film, ma anche, perfino, nel parlare con delle persone di ciascuna di queste cose, oppure nel discutere, nello scambiare punti di vista, a volte stanchi a volte appassionati.
In tutto questo, a fronte di tutto questo - sempre più spesso, dicevo - intravvedo come una sorta di spettro sbeffeggiante. Lo spettro dell'incapacità a spiegare, non dico il disaccordo, ma il ... non poter non essere d'accordo, alla fine.
E, allo stesso tempo, rendersi conto, quasi allucinando, che "l'altro" non sarebbe d'accordo sulle mie ragioni (le stesse ragioni che mi farebbero essere d'accordo con lui!).
Perché, in questa tragedia (a volte commedia), ciascuno ha le sue, di ragioni.
E sono buone, sempre.