martedì 6 novembre 2007

Rosa



Una lettera, dolce come una carezza, soffice come un bacio che sfiora le labbra. Rosa Luxemburg scrive a Sonja Liebknecht, dal carcere. E' il dicembre del 1917. Di lì a poco, andrà incontro al suo destino e morrà, massacrata a colpi di calcio di fucile.***
Una lettera. che parla di un dolore. E della compassione, per un bufalo ridotto a bestia da soma visto nel cortile della prigione.
Dolore, debolezza e nostalgia. E tutta la guerra che passa davanti agli occhi di Rosa, mentre il natale si avvicina all'ombra di un misero albero, spoglio di molti rami, tant'è che non sa, Rosa, come farà a mettere gli otto lumini che ha rimediato in prigione.
Coraggiosa, impavida e sorridente, Rosa.

"Anche le tua ferita, Rosa
E la luce tra le corna dei tuoi bufali rumeni
in luogo della stella"

scriverà Paul Celan, ripensando a Rosa. A sugello.

Adesso la lettera è un bel libro a molte voci, arricchito dalla vena caustica di Karl Kraus, dalle voci di Joseph Roth, e di Franz Kafka e di Elias Canetti. In un continuo rimando.
Ed è proprio Canetti, mentre rilegge Kafka, a fornire la chiave. Una delle chiavi. La talpa! Il divenire talpa di Kafka. E di Canetti, di conseguenza."Scaviamo come talpe gallerie sotterranee, e usciamo tutti neri e con un pelo come velluto dai nostri monticelli di sabbia crollata, i poveri piedini rossi tesi a invocare tenerezza e pietà."

Scrive Kafka: "Durante una passeggiata, il mio cane sorprese una talpa che voleva attraversare la strada. Le saltò addosso varie volte, ma poi la lasciava libera perché era un cane ancora giovane e timoroso. All'inizio la cosa mi divertì, e soprattutto mi piacque l'agitazione della talpa che in preda alla disperazione cercava invano un buco in quel duro selciato. Ma quando il cane ad un tratto la colpì di nuovo con la sua zampa tesa, la talpa lanciò un gridolino: faceva cs, css. Mi parve allora...no, non mi parve niente."

Chiosa Canetti: "A questo proposito bisogna sottolineare che Kafka è il padrone del cane che insegue la talpa, quel cane gli appartiene. Per la talpa terrorizzata che pur di salvarsi cerca un buco in quel duro selciato, Kafka invece non esiste affatto, l'animale teme soltanto il cane, i suoi sensi non percepiscono altro. Ma lui, Kafka, che stando dritto domina la scena dall'alto e inoltre possiede il cane - che mai, per lui, potrà essere una minaccia - ride all'inizio dei vani e disperati movimenti della talpa. Quest'ultima non sospetta neppure che potrebbe rivolgersi a lui per avere aiuto, non ha imparato a supplicare, non sa fare altro che emettere quei suoi gridolini. Essi, e non altro, commuovono alla fine il dio, poiché qui è Kafka il dio, l'essere supremo, il potere più alto, e in questo caso il dio è addirittura presente. Cs, css, grida la talpa, e in virtù del suo grido lui, che sta a guardare, si trasforma in talpa, e senza dover temere il cane, che è il suo schiavo, sente che cosa vuo dire essere talpa."

*** E' bello il testo della tua canzone "Spartaco", Alessio. E attendo di poterla ascoltare in musica, non appena la renderai disponibile. Ma nessuna misericordiosa pallottola di fucile uccise Rosa! E anche in questo c'è un senso. Una verità da raccontarre, sempre.


Rosa Luxemburg - Un po' di compassione - Adelphi Biblioteca Minima - 5 Euri e 50

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