lunedì 19 novembre 2007

Edmond Dantès a Genova



Non sono andato a Genova, venerdì scorso! Forse memore dell'avvertimento con cui Carletto ci metteva in guardia a proposito del fatto che la storia ha l'abitudine di ripetersi, due volte in tutto. La prima volta in forma di tragedia, la seconda in quella di farsa.
Di sfilare sotto gli auspici, e i megafoni, degli Agnoletto e dei Giordano non ne avevo punta voglia, così mi sono astenuto. Confortato, a posteriori, nella mia scelta, dall'aver visionato la galleria fotografica, sul sito di Repubblica, che ammanniva una pletora di fotografie di preti e di mamme-col-figlio-ammazzato che invocano a gran voce una "polizia formata". E si sa, farsi ammazzare il figlio da un "poliziotto formato", piuttosto che da un burino come Placanica, deve fare tutto un altro effetto.
Poi, su una delle tante foto ho visto la schiena di un "uomo-sandwich" che proclamava, nero su giallo:
"La vendetta non ci appartiene
La Giustizia è obbligo per noi tutti."
Vendetta, e mi è tornato in mente Ignacio Taibo II (cui il sentimento di vendetta pertiene) che, parlando a proposito della sua biografia di Pancho Villa, faceva notare come si può, da giovani, aver letto Marx e ritrovarsi dall'altra parte, pur mantenendone la memoria. Difficilmente, invece, - aggiungeva - se si è letto Dumas e il suo Conte di Montecristo, e partecipato del suo sacrosanto sentimento di vendetta, si può finire da altre parti!
Finire - mi vien da dire - ad invocare la violenza dello stato, chiamandola giustizia, in un gioco ipocrita che delega la punizione. Una punizione senza sentimento. Fa quasi il pari col continuare a chiedere, sempre allo stato e ai suoi organi, una verità di cui si è benissimo già a conoscenza.
Come se lo stato fosse capace di verità e di giustizia!

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