lunedì 8 ottobre 2007

Mescalito



"Ho cominciato a suonare quando avevo 17 anni e vivevo sul confine col Messico" - rammenta Ryan Bingham - "Mia madre mi aveva regalato una chitarra quando ero ancora bambino, ma non l'avevo quasi mai suonata troppo, anche se era sempre davanti ai miei occhi, appesa da qualche parte. Poi ci fu un tipo che abitava accanto e che suonava musica "mariachi". Ne ero affascinato, e passavo molto del mio tempo a bere whiskey con lui e guardarlo suonare. Poi mi ha insegnato qualche accordo e la cosa mi ha catturato. Da quel momento non ho più messo giù la chitarra."
Il resto lo hanno fatto tutti quei dischi che giravano dentro il Jukebox dell'Halway Bar, di proprietà dello zio, vecchi dischi degli anni '50 e '60.Da Bob Dylan alla Marshall Tucker Band. Tutta questa "tradizione" finirà su un nastro che nel 2005 verrà pubblicato in CD, un CD che attirerà l'interesse di Terry Allen (lo paragonerà a Woody Guthrie e ad Hank Williams) e di Joe Ely (affermerà che le storie raccontate da Bingham colpiscono come un uppercut al mento e danno una possibilità alla verità).
"Mescalito", prodotto da Marc Ford (chitarrista dei Black Crowes) per la "Lost Highway", è l'ultima prova tangibile di quanto siano corrispondenti al vero gli apprezzamenti espressi da Ely e Allen. Quattordici canzoni (pù una "traccia fantasma") in grado di raccontare una storia di "musica delle radici" a 360 gradi, arricchita da una voce roca, profonda e cangiante, in grado di passare dal blues di "Take it easy mama" al mariachi di "Boracho Station". Un pezzo come "Sunshine" avrebbe fatto la sua porca figura su "Nebraska" di Springsteen. "Long way from Georgia" bellissima, ti cattura e ti fa viaggiare con la mente e col cuore. Ma tutto il disco è una miniera di scoperte da fare, e da rifare, giocato su una musica senza tempo, e nuova allo stesso tempo.
"Per me, fare musica è come fare una conversazione con qualcuno" - ha detto Ryan Bingham. Ed è una gran bella conversazione

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