domenica 7 gennaio 2007

tutti gli uomini del ... poeta


Un sorprendente Sean Penn, in un film che, tutto sommato, si siede un po', soprattutto nella seconda parte che indugia troppo, a mia avviso, sugli stilemi risaputi e triti del "torbido sud degli stati uniti". Uno Sean Penn che, nei panni del "candidato proletario" a governatore della Louisiana, deve pagare la contraddizione già individuata da Saint-Just, per cui non si fa politica innocentemente. Viene eletto, proletario, con i voti del proletariato, ma l'unico modo di realizzare i suoi progetti passa per i metodi "gangsteristici" della politica. Un po' Peron, un po' Hoffa, un po' Catilina, alla fine pagherà con la vita. E fin qui, il film!
Ora non credo affatto che Edoardo Sanguineti, candidato sindaco a Genova per una coalizione composta dal correntone DS, da Rifondazione e dai Comunisti italiani, morirà. Per lo meno, non di morte violenta! Certo, ha detto delle cose giuste, se l'aggettivo giusto ha ancora un significato.

«I potenti odiano i proletari e l’odio deve essere ricambiato. Perciò bisogna restaurare l’odio di classe, per contrastare l’oblìo di sé in cui la classe operaia, inibita da una cultura dominata dalla tv, è immersa.»

Mal si capisce, tuttavia, come questo richiamo alla realtà delle condizioni sociali possa avere uno sbocco in una lotta a coltello per le primarie contro altri due candidati della cosiddetta sinistra. Non si capisce come questa candidatura possa non risolversi, in caso di una sconfitta alle primarie, in un non troppo tacito appoggio ad un altro candidato. Magari per l'uomo del petroliere Garrone. Nessuno girerà mai un "Tutti gli uomini del re" italiano. Per molteplici motivi.
No, non morirà di morte violenta, un personaggio come Sanguineti. Forse di una ... morte un po' peggiore!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

...E il problema di un poeta, oggi, rimane sempre per me, come per i suoi lettori del resto, quello di trasformare l'impulso alla rivolta in una proposta di rivoluzione, e fare della propria miscredenza un progetto praticabile.
In Tempi moderni di Chaplin, accade che Charlot raccolga per caso, per strada, uno straccio rosso di segnalazione, che è caduto in terra ad un autocarro che stava passando per la via. Con candido zelo, egli insegue l'autocarro, agitando freneticamente quello straccio, per riportarlo a chi lo ha smarrito. Ma da una traversa laterale, senza che egli se ne accorga, spunta un corteo di manifestanti, e Charlot si ritrova così alla testa di una massa di sovversivi, e il suo straccio funziona come una bandiera. E Charlot sarà infine catastroficamente implicato nella repressione della polizia. Ai miei occhi, questa sequenza può essere interpretata come una mirabile allegoria del felice destino di un poeta. Egli agita uno straccio di parole, ignaro e cortese, non importa, ma si trova poi alle spalle, a seguirlo, e a trasformare in azione il senso delle sue povere operazioni verbali, e a caricarlo di un valore collettivo, una turba di sconosciuti, che vogliono, come si dice da tanto, e come si sogna forse da sempre, modificare il mondo, e cambiare la vita.

Edoardo Sanguineti



e tu che preferivi Monsieur Verdoux...mah!

Mauro

BlackBlog francosenia ha detto...

che dirti, mauro?
Continuo a preferire "Monsieur Verdoux", fra tutti i film di chaplin.
E continuo a preferire Majakovskji, al "felice destino del poeta"!

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