martedì 31 ottobre 2006

strade...



Strade. Strade cattive, strade meno cattive. Qualcuna buona, magari. Strade ovunque, strade che ci attraversano, strade da risalire o da discendere, a seconda della piega che ha preso la nostra vita quando ci volgiamo indietro per lanciare un'altra occhiata, a una di quelle strade.
Via della Maestranza, all'angolo con via Nizza da una parte, la Mastrarua dall'altra. Le strade dove sono nato, dove ho imparato a camminare, a cadere e a rialzarmi.
Via Genova, via Torino, via Milano, le strade(brutte, con brutti nomi) dove sono cresciuto, per quanto mi è stato possibile, e dove ho imparato a correre, circondato da improbabili campi di grano. senza accorgermi che stavo solo prendendo la rincorsa per spiccare il salto verso altre strade. Via del Leone e Via dell'Orto, Via del Ponte Rosso e Via Ghibellina. Quante strade a partire da quella "casa dello studente" in piazza Indipendenza. E anche altre strade, in altre città. Alcune anche dal nome esotico come Köpenicker Strasse.
Le strade. Le strade hanno una loro valenza che è diversa da quella, ad esempio, delle piazze. La piazza parla del collettivo, la strada dell'individuo. Scendere in piazza ha un significato ben diverso dallo scendere in strada. In piazza ci si scende in cento, in mille, in centomila, se occorre. In strada ciascuno ci scende per conto proprio. E certo che in piazza, per arrivarci, bisogna arrivarci dalle strade: ciascuno dalla propria! In strada, nel 1943, ci scendevano i gappisti, ciascuno da solo, nella notte, magari armati di un martello, di un cacciavite, per attaccare il nemico e impadronirsi di quelle armi che necessitavano loro. Le armi che servivano a percorrere la strada ed arrivare nelle piazze.
La strada è la "via del corno" di "cronache di poveri amanti" di Pratolini, tanto per restare a Firenze. Ma se dovessi parlare di una strada che, in qualche modo, le "sussume" (occazzo, ho scritto sussume!!!) tutte, allora parlerei di via de' Macci! Incastonata fra "Le Murate" e Piazza Santa Croce, a due passi da Borgo Allegri, reca in sé sempre più i connotati di un ricordo, perdendo sempre più quelli di strada. Ci dormivo in quella strada, fra pacchi di giornali e ciclostili, sempre sul punto di andare a dormire da qualche altra parte, ma sempre rimanendo lì, alla fine. Un posto così poco casa che ti spronava a vivere per strada! Un bar, di quelli che non esistono più, col bancone, e i tavoli cui sedersi, in marmo. Sgabelli a tre piedi, scomodi il giusto, per bersi un caffè e addentare un bombolone, strettamente necessari entrambi, alle prime luci dell'alba. Appollaiati a dare una scorsa alle "prime notizie" , con le mani ancora umide della colla per "attacchinare".
Non era difficile, a quei tempi, credere a questa canzone di Gaber:

"C'è solo la strada su cui puoi contare
La strada è l'unica salvezza
C'è solo la voglia, il coraggio di uscire
di esporsi per la strada, nella piazza.
Perchè il giudizio universale
Non passa per le case
In casa non si sentono le trombe
In casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore e dalle bombe"

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