martedì 8 agosto 2006

apuamater


Delirio e castigo. Il disco è un po' che me lo rigiro fra le mani, e che torno ad ascoltarlo. Poi, ieri, mi è arrivato un sms che annuncia, per oggi 7 luglio, la presentazione ufficiale del lavoro degli Apuamater, insieme a Claudio Lolli. Il cd, un supporto masterizzato e con le note di copertina scritte a mano, Davide me lo ha dato mesi fa, all'Istituto De Martino, durante una splendida serata. E' un “concept disk” dal titolo “Delirio e Castigo”, quello inciso dagli “Apuamater indiesfolk; e di concept disk (che Vonnegut mi perdoni per il punto&virgola!) sono anni che non se ne sentono, ragion per cui non mi riesce di non considerarlo un bel punto a suo favore, questo! Ma, assai più che un “concept”, lo si potrebbe definire un'opera folk! Una cadenza quasi teatrale, e qui le esperienze di Davide, da “il nipote di bakunin”alla rappresentazione fatta in Versilia quest'ultimo fine-settimana, sull'opera di uno scultore anarchico, hanno giocato un loro importante ruolo. Il disco comincia con l'unica canzone che già conoscevo, delle tredici che lo compongono. Si chiama “Arca”. Quasi suddivisa in due parti, passa da una foto impietosa del presente, molto dura anche da un punto di vista “musicale”, alla riappropriazione di un passato non troppo lontano dove la musica e le voci, quasi a sottolinearla la valenza di quel passato, si fanno corali e quasi struggenti. Stranamente, “arca” precede il breve prologo che annuncia il disco e che riazzera il tempo alla metà del diciassettesimo secolo. Poi, da “Albatro”all'ironica (fin dal titolo) “etica del sedentario” si passa – introdotti da un breve ma efficace recitativo – ad un “Amleto” che paga il suo debito al “bombarolo”. Dalla Danimarca a Pietroburgo, lo stesso delitto e lo stesso movente. “Raskolnikoff” viene a render conto del suo delirio/delitto. Niente secondini da imprigionare nell'ora di libertà, la pena in “e qualcuno poi disse...” si sconta in qualcosa che sta a metà fra un manicomio e un centro di disintossicazione, come se la libertà fosse una droga di cui bisogna liberarsi (con un gioco di parole). Il viaggio finisce a “Cadice”, finisterrae, dove una volta si diceva finisse il mondo. Prima di scoprire un nuovo .... oltre. E l'augurio, a Davide Giromini e agli Apuamater, è che possano continuare ad andare sempre oltre. Come stanno facendo.

Nessun commento: